Era aprile, il dodici, ricordo ogni dettaglio di quel mattino, a partire dal momento in cui è suonata la sveglia. Sembrava, dopo mesi particolarmente freddi e nuvolosi, che fosse finalmente arrivata la primavera.
Una storia così, nella mente di una bambina sognatrice e ingenua com’ero, divenne subito una fiaba alla quale ero destinata a donare un lieto fine, come gli eroi dei racconti della maestra, magari raccogliendo le lacrime cadute per sbaglio o direttamente prestando le mie.
Se esiste una cosa ancora in grado di stupirmi è il primo raggio di sole che penetra tra le strette fessure della serranda ogni mattina.