C’era un tempo, la fine degli anni ’60, in cui il Rock contemplava solo la chitarra. Il basso forse, al massimo la batteria.
Da Springsteen a Jegger, i grandi eroi del palcoscenico si esibivano esclusivamente con le sei corde. Il pianoforte era considerato roba vecchia. Lo utilizzavano i crooner, non certo i ribelli del Rock ‘n Roll. O almeno fu così fino al 1970. Quell’anno, un certo Rocket Man decise di invertire la gerarchia e fondò il Piano Rock.
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Fin dal suo disco d’esordio, Sir Elton Hercules John fu capace di distinguersi nel panorama musicale a lui contemporaneo. Non solo sostituì alla chitarra il pianoforte, ma unì alle tonalità dure della “musica del diavolo”, quelle soavi della musica classica. Un tocco di improvvisazione in chiave afroamericana e i magnifici testi di Bernie Taupin fecero il resto. Il Piano Rock trovò così il loro posto nella storia della musica.
Dalla musica classica al Rock
L’approccio di Elton John al genere è stato come tanti altri. Proprio come i Bowie o gli Springsteen crebbe ascoltando Elvis Presley. Si dimenava dimenato sulle piste del sabato al suono di Billy Haley. Le mattine le passava però in conservatorio. Proprio tra i tasti bianchi e neri dello strumento prediletto è nata la sensibilità artistica che lo ha reso grande nella musica.
Dalle composizioni frettolose, eppure impeccabili, fino al virtuosismo in performance, il pianoforte è l’unico compagno capace di accompagnare Elton John.
È il grido più profondo di un’anima, di un Rocket Man, condannato alla solitudine del vuoto cosmico. È la sottile ironia di chi sa prendersi in giro con una canzone d’amore e chiede Don’t go breaking my heart. Allo stesso tempo, però, è un sommesso sussurro. Domanda perdono all’amato, anche se Sorry seems to be the hardest world. Canta le gioie e le tragedie di una vita vissuta al massimo, like a Candle in the wind.
Se poi qualcuno osasse dare Elton John per spacciato, sarebbe proprio quel piano a rispondere I’m still standing! Proprio lui infatti è la voce del re del Piano Rock. La stessa che in Italia anche i grandi come Venditti o Baglioni hanno tentato di imitare.
Un sodalizio inimitabile
Sir Elton Hercules John ha saputo animare il suo strumento in maniera inimitabile. Quella tra lui e il suo piano, d’altra parte, è un’intesa incredibile. Un sodalizio che supera persino quello con il suo fedele scrittore, Bernie Taupin.
Ogni volta che le dita di Elton toccano quei tasti, bianchi e neri, paiono dire “You can tell everybody, this is your song”. Poi ancora “I hope you don’t mind that I put down in world how wonderful life is, now you’re in my world.
Il pianoforte naturalmente ha saputo ricompensare il suo Pigmalione. Più degli occhiali stravaganti o degli outfit singolari, molto di più. Il pianoforte ha reso Elton John un’icona.