Ancòra,
sembri una virgola, dopo una frase pesante come un sorriso che segue un lungo pianto.
Ancòra,
sembri una virgola, dopo una frase pesante come un sorriso che segue un lungo pianto.
Talvolta penso di nutrirmi di emozioni.
Sono piena nel momento in cui provo qualcosa che sia bello o brutto, amore o dolore.
Siamo tutti 1.5x,
un passo avanti, ma mai fermi davvero.
Non più personalità definite,
ma onde, correnti, fluidità che sfugge.
Ci plasmano il tempo che corre
e i trend che mutano
prima che possiamo davvero capirli.
Non era da lei lasciarsi andare alla negatività, e sapeva che abbattersi non l’avrebbe aiutata. Così, un pomeriggio, tra un respiro lento e la calma forzata delle sue giornate immobili, decise di accettare la situazione. Forse, pensò, c’era un motivo se la vita l’aveva costretta a fermarsi. Iniziò a riflettere su cosa veramente desiderasse, su ciò che le dava senso, su cosa significasse davvero “andare avanti.”
Si rese conto che per troppo tempo aveva cercato di rincorrere una velocità irraggiungibile, un ritmo che non era il suo. Voleva solo raggiungere gli altri, ma gli altri chi?
Era una mattina come tante, un giovedì per l’esattezza, di quelli che non promettono sorprese.
Ancora pochi giorni e Emma avrebbe affrontato l’esame che preparava da mesi, quello che da tempo le riempiva i pensieri e, in qualche angolo nascosto, la metteva anche a dura prova. Si alzò dal letto e, con gesti automatici, raggiunse la cucina per preparare il caffè.
La prospettiva è l’arte di trasformare lo sguardo, di avvicinarsi o allontanarsi per dare nuovo senso a ciò che appare statico. Ogni cosa nel mondo è figlia di angoli e distanze, della posizione che occupiamo rispetto a essa, e di ciò che scegliamo di mettere a fuoco. Un evento drammatico, da vicino, brucia, lascia segni; ma da lontano, può assumere il colore della crescita, del cambiamento, persino della bellezza. Guardare è un atto che sembra semplice, quasi istintivo, eppure è denso di significati e di scelte: cosa mettiamo in primo piano e cosa lasciamo sullo sfondo?
In questo silenzio gelido, cammino come sospesa tra il nulla e l’attesa, immersa in un mondo che sembra aver dimenticato il calore. Sono le 7 del mattino e su Milano è calata una nebbia fitta, una coltre bianca che avvolge ogni cosa mentre mi dirigo a scuola, ancora intrappolata tra le braccia del sonno.
Era aprile, il dodici, ricordo ogni dettaglio di quel mattino, a partire dal momento in cui è suonata la sveglia. Sembrava, dopo mesi particolarmente freddi e nuvolosi, che fosse finalmente arrivata la primavera.
Una storia così, nella mente di una bambina sognatrice e ingenua com’ero, divenne subito una fiaba alla quale ero destinata a donare un lieto fine, come gli eroi dei racconti della maestra, magari raccogliendo le lacrime cadute per sbaglio o direttamente prestando le mie.
Se esiste una cosa ancora in grado di stupirmi è il primo raggio di sole che penetra tra le strette fessure della serranda ogni mattina.