Dopo Marco Baliani e Ottavia Piccolo, anche Giacomo Poretti trasforma l’Auditorium dell’Università IULM in un palco per la rassegna Teatro 50.
Non si tratta di uno dei tre gemelli siamesi che insieme compongono l’entità “Aldogiovanniegiacomo”. Davanti agli spettatori, questa volta, c’è solo Giacomo.
Anima, ànemos, nèfesh. In tanti hanno cercato di definire questo concetto, ogni cultura ne ha dato una propria interpretazione. Gli Egizi ritenevano che solo le anime più leggere di una piuma fossero degne dell’aldilà. Dio prende quella di Mosè, alla morte del profeta, con un bacio.
Coloro che si sono impegnati a riflettere sull’anima, sono stati ricondotti ai concetti di creazione e trascendenza. Basti pensare a intellettuali e dottrine religiose.
Nonostante le diverse idee, andando all’etimo stesso della parola nelle lingue antiche – dal greco all’aramaico -, emerge la comune connessione al “soffio“, e dunque al respiro. Cosa c’è di più necessario all’esistenza se non la respirazione?
A cosa serve un’anima?
“Avete fatto un corpo, ora dovete fare l’anima“. Queste le parole rivolte a Giacomo e a sua moglie, da poche ore madre, da parte di padre Bruno.
Ma cos’è l’anima? Forse solo un termine un po’ moralista e un po’ démodé. Oggi abbiamo la tecnologia dalla nostra parte, siamo accuditi da Siri e Apple Watch. Gli algoritmi ci conoscono meglio di chiunque altro, sanno di cosa abbiamo bisogno. In questo panorama, a cosa serve un’anima?
Poretti si pone il quesito, pensando al figlio e alle parole del sacerdote. Quando i suoi pensieri sfiorano il problema, inizia subito una lunga divagazione che pare voler mettere a tacere la riflessione sull’anima. Lo spettacolo prosegue e l’interrogativo non può più essere taciuto, prende sempre maggior spazio nella mente di Giacomo e nel suo monologo.
La piccola pianta, posta al centro della scena, viene innaffiata e curata amorevolmente. Forse anima può essere anche questo, qualcosa di fragile e al contempo vivo, palpitante.
Delicatezza a teatro
In una scena costituita di soli oggetti bianchi, molto ospedaliera, Giacomo Poretti si interroga e coinvolge il pubblico, dando al suo discorso una sfumatura di dialogo. Con ironia riesce a suscitare le risate in platea, anche grazie all’aiuto della spiritosa e brillante Siri.
Fare un’anima coniuga leggerezza e profondità in maniera delicata. Si congeda dallo spettatore facendogli dono di un sorriso e uno sguardo di intimità.