Sessantotto, cosa ha cambiato in 50 anni? Ascolta l’intervista a Guido Formigoni

Cosa ci ha lasciato il Sessantotto, a 50 anni di distanza? E’ una delle domande che ci si pone a Bookcity, in una tavola rotonda promossa dall’Università IULM. Che, proprio nell’anno delle grandi contestazioni, apriva le porte agli studenti.

Venerdì 15 novembre, a partire dalle ore 11.00 (QUI maggiori informazioni), docenti dell’Ateneo ed ospiti di fama internazionale dibatteranno infatti l’argomento, in aula Seminari. Il parterre degli ospiti potrà ancora arricchirsi, in un seminario che discuterà il Sessantotto in modo “interdisciplinare per riflettere sulle sue eredità vere o mancate nel cinema, nelle arti, in letteratura, in filosofia” Così come, ai nostri microfoni, ha spiegato uno dei relatori, il prof. Guido Formigoni, ordinario di storia contemporanea dell’Università IULM (giù il podcast da ascoltare).

Intervista a Guido Formigoni (Il Sessantotto a Bookcity)

Il professor Guido Formigoni, ordinario di Storia contemporanea dell’Università IULM

La fondazione di IULM, proprio in quell’anno, centra un tema centrale di quel capitolo della storia: i giovani. Quella del Sessantotto è appunto una rivoluzione degli universitari. Ma quello slancio è ancora vivo tra gli studenti, rispetto a quell’epoca? Per Formigoni gli atenei sono adesso abitati da una generazione differente, ma non in preda all’individualismo o al disimpegno sociale e politico, come spesso viene descritta.

E cosa ha occupato il vuoto lasciato dalla dissoluzione dell’ideologia comunista? Dopo il ’91, racconta, alcuni hanno parlato di “fine della storia”. Definizione dovuta alla strada spianata lasciata al capitalismo, unico e incontrastato modello socio-economico. Anche queste sono però per lui conclusioni affrettate. I paesi che dopo la conferenza di Bandung si erano definiti non-allineati, non costituiscono più un blocco definito. Eppure tra questi ci sono alternative dinamiche e creative al mainstream occidentale.

Quanto all’immaginario ed alle arti, di cui nell’evento targato Bookcity si discute, tanto ha inciso la guerra del Vietnam. Nel ’68, non a caso, gli americani intraprendono l’offensiva del Tet, che porta mezzo milione di uomini nel paese. Con loro numerosi cameraman e fotoreporter, che trasmettono nella neonata tv statiunitense le immagini di quel conflitto. Queste agiteranno l’opinione pubblica e fomenteranno il dissenso verso le politiche espansioniste degli Usa.

E’ questa una prova che i media possano, se non addirittura debbano fungere da contropotere? Formigoni ritiene che è requisito fondamentale di ogni democrazia possedere un sistema mediatico svincolato dal governo. Eppure oggi si presenta un’ulteriore variabile: quella economica. I mass media sono infatti oggi minacciati maggiormente dai colossi del web o della finanza, piuttosto che dai meccanismi politici. Serve quindi forse una struttura mediatica più libera ed economicamente indipendente. Il resto lo si discute venerdì 15, all’Università IULM.

Autore

Lascia un commento