La miniserie britannica Adolescence, ideata da Jack Thorne e Stephen Graham, è un ritratto crudo e urgente della crisi adolescenziale maschile nel mondo digitale. Attraverso la storia di un ragazzo coinvolto in un tragico omicidio, la serie esplora il modo in cui giovani uomini possono essere risucchiati dalla cultura incel, una sottoc bvcultura online che mescola misoginia, frustrazione sessuale e radicalizzazione. Adolescence non è solo una storia di formazione fallita, ma un’indagine visiva e psicologica su come nasce l’odio.
La trama e il significato
Adolescence si compone di quattro episodi e segue la vicenda di Jamie Miller (Owen Cooper), un tredicenne arrestato dopo l’omicidio di una compagna di classe, Katie Leonard. Il racconto si snoda attraverso il punto di vista di Jamie e di suo padre Eddie (interpretato da Stephen Graham), scavando nel disagio emotivo, nella difficoltà di comunicare, nella rabbia repressa. Parallelamente, la serie esplora il punto di vista degli investigatori e degli psicologi coinvolti nel caso, cercando di capire cosa possa aver portato un ragazzo apparentemente normale ad un atto così estremo.
Diretta da Philip Barantini, la serie è girata interamente in piano sequenza, senza tagli di montaggio visibili. Questa scelta stilistica non è solo un virtuosismo tecnico, ma un modo per mantenere il pubblico immerso, quasi intrappolato, nel flusso mentale dei personaggi. Il tempo reale, l’assenza di stacchi, la camera a mano: tutto contribuisce a costruire un senso di tensione costante, claustrofobia emotiva e vulnerabilità.
Adolescence non giudica, ma osserva, e nella sua osservazione lascia emergere i sintomi di una crisi che va ben oltre il singolo caso. La serie mette in discussione infatti l’idea che la violenza adolescenziale sia sempre prevedibile, esplorando i segnali trascurati dai genitori e dagli insegnanti. Tuttavia, Adolescence non punta il dito in modo diretto contro i genitori di Jamie per le sue azioni, o almeno non del tutto. Al contrario, li presenta come una famiglia affettuosa, ma imperfetta, che ha mancato l’occasione di accorgersi di segnali cruciali.
Nella scena finale, il padre entra nella camera di Jamie e scoppia in un pianto straziante, poi sistema il peluche preferito del figlio sul letto, come se Jamie fosse ancora lì. “Mi dispiace, figliolo”, sussurra. “Avrei potuto fare di più”. La serie si chiude proprio lì, nella stanza di Jamie, uno spazio che diventa simbolo di ciò che è rimasto incomprensibile, di un figlio che ormai appare come un estraneo. È lì dentro che Jamie si è trasformato, attraverso il suo avvicinamento alla cultura incel, nutrendosi di misoginia e odio giorno dopo giorno, senza che nessuno se ne accorgesse. I genitori lo credevano al sicuro nella sua camera, ma proprio lì dentro, da solo con il suo computer, sui social, sui forum, sulle community, Jamie è diventato un omicida. Quando Eddie parla al peluche, è come se si rivolgesse al bambino che ricordava, a quella parte innocente di Jamie che, in qualche modo, è andata perduta.
Incel, manosfera e pillola rossa
All’interno della narrazione di Adolescence, il termine incel non viene mai pronunciato esplicitamente. Eppure, l’intera vicenda ruota attorno a quell’universo invisibile, oscuro, fatto di isolamento, rancore e incomprensione che definisce la cultura incel. Jamie, il protagonista tredicenne, è l’incarnazione perfetta di un percorso che, senza necessariamente passare da manifesti ideologici o slogan violenti, conduce silenziosamente verso una radicalizzazione emotiva e identitaria.
Il termine incel nasce negli anni ’90 come abbreviazione di “involuntary celibate”, celibe involontario. In origine era un’etichetta neutra, creata da una studentessa canadese, conosciuta con lo pseudonimo Alana, che voleva offrire uno spazio online per persone di ogni genere che si sentivano escluse dalla sfera sentimentale e sessuale. Ma nel tempo, il termine è stato assorbito e distorto da comunità maschili online, trasformandosi in una sottocultura tossica e misogina. Oggi gli incel sono perlopiù giovani uomini eterosessuali che vivono il proprio celibato come una condanna ingiusta, frutto non del caso o della propria personalità, ma di un sistema sociale condotto dalle donne e percepito come ostile.
Queste comunità online, presenti su forum come 4chan, Reddit, Discord, e in ambienti più chiusi come Telegram, elaborano una narrazione del mondo fondata su schemi semplificati e profondamente sessisti. In relazione agli incel, la manosfera (traduzione di manosphere) rappresenta l’ecosistema digitale in cui questi si formano, si radicalizzano e trovano legittimazione.
Alla base della sottocultura incel, c’è l’ideologia che le donne siano attratte solo da uomini “di alto valore”, detti Chad, mentre loro, i “beta” o “omega”, sarebbero condannati a rimanere invisibili. Da qui deriva uno dei dogmi fondamentali della cultura incel: la cosiddetta regola dell’80/20, rappresentata dall’emoji del numero 100, è una teoria che prende spunto dal principio di Pareto, elaborato nel XIX secolo dal matematico italiano Vilfredo Pareto, secondo cui circa il 20% delle cause genera l’80% degli effetti. Gli incel si appropriano della teoria, distorcendola del tutto, affermando che l’80% delle donne sarebbe interessato solo al 20% degli uomini, lasciando il resto del genere maschile escluso da ogni possibilità relazionale.
Il cuore ideologico della cultura incel è la convinzione che le donne siano colpevoli del dolore e del fallimento affettivo maschile. Nei forum incel, l’odio verso le donne è espresso apertamente, spesso con toni violenti o disumanizzanti. Questa narrazione, ripetuta e condivisa, finisce per normalizzare il sessismo più estremo, rendendolo accettabile o addirittura “giustificato” agli occhi di chi vi partecipa.
Simbologia e codici della sottocultura incel
La visione distorta degli incel delle dinamiche affettive e sessuali viene sostenuta da un lessico altamente codificato attraverso simboli, parole ed emoji, usato per comunicare su internet, e mutuato dalla cultura pop, dai videogiochi, dalla biologia evoluzionistica. In Adolescence, inizialmente la polizia ha interpretato le emoji e i commenti che la ragazza uccisa e Jamie si scambiavano come se i due fossero amichevoli, mentre in realtà lei lo stava definendo un incel: un segno di quanto molti adulti non siano al corrente delle forme di comunicazione adolescenziali.
Tra i concetti chiave utilizzati nelle comunità incel troviamo:
- Redpill: deriva dal film Matrix e indica il “risveglio” alla presunta verità nascosta sulle donne e la società. Assumere la redpill significa accettare che le relazioni moderne siano solo una questione di estetica, potere e manipolazione femminile. Qui l’uso di emoji: l’emoji della pillola simboleggia la redpill, quello della dinamite, indicando nello specifico che qualcuno è un incel, simboleggia l’esplosione della pillola rossa.
- 80\20: come descritto in precedenza, indica la regola dell’ 80% e del 20%, che viene descritta attraverso l’emoji del numero 100.
- Blackpill: l’estremizzazione del pensiero redpill. Non solo la società è ingiusta, ma è anche irrimediabilmente corrotta. Chi assume la blackpill ha perso ogni speranza di cambiamento.
- Looksmaxing: l’ossessione per il miglioramento estetico, a volte anche attraverso chirurgia, come unica possibilità di “salvezza”.
- SMV (Sexual Market Value): la concezione del valore sessuale come una valuta oggettiva con cui misurare il proprio “prezzo” nel mercato delle relazioni.
In Adolescence, tutto questo non viene mostrato con immagini di forum o dialoghi espositivi. La scrittura di Jack Thorne e la regia immersiva di Philip Barantini scelgono invece di raccontare i sintomi di questa cultura. Jamie è un ragazzo che si sente costantemente rifiutato, escluso dai coetanei, ignorato dalle ragazze. Vive la sua identità maschile come un problema da risolvere, non come una possibilità da scoprire. Trascorre ore online, chiuso nella sua stanza, in un silenzio che né la scuola né la famiglia riescono a rompere. Non ha strumenti per dare un nome a quello che prova, ma lo sente crescere dentro: un misto di frustrazione, impotenza e rabbia. In questo senso, la serie riesce a cogliere con estrema precisione il processo invisibile attraverso cui tanti giovani finiscono per aderire, anche inconsapevolmente, alla logica incel. Non serve un manifesto. Bastano l’isolamento, la mancanza di empatia, la paura di mostrarsi vulnerabili.

Incel in Italia
Anche se in Italia la cultura incel non ha ancora raggiunto la visibilità mediatica che ha avuto nei paesi anglosassoni, si tratta di un fenomeno in crescita, diffuso soprattutto online e legato a doppio filo alla più ampia rete della manosfera.
Secondo recenti studi europei sul fenomeno, l’Italia è il quarto paese in Europa per numero di utenti incel attivi online. Questo dato non sorprende se si osserva la proliferazione di gruppi Telegram italiani, server Discord e sottocommunity su Reddit in cui si riproducono fedelmente le narrazioni tossiche della cultura incel globale. Questi spazi diventano rifugi digitali in cui il disagio personale si trasforma in risentimento collettivo, soprattutto tra ragazzi giovanissimi, spesso tra i 13 e i 20 anni, che si sentono respinti, invisibili, non ascoltati. È una radicalizzazione che avviene lentamente, tra post e meme, ma che può avere effetti devastanti sulla percezione di sé, delle relazioni e della società.
Il legame tra disagio psicologico, isolamento sociale e rischio di radicalizzazione è stato segnalato anche da diverse istituzioni. In particolare, nel rapporto del Parlamento Europeo del 2021 intitolato “Violence against women in the context of online hate speech”, viene riconosciuta la cultura incel come un fenomeno potenzialmente pericoloso anche per l’Europa continentale. Il documento parla di queste comunità online come “spazi incubatori” di estremismo, in cui la misoginia viene normalizzata e può evolvere in violenza verbale, psicologica e, in alcuni casi, fisica.
In Italia, alcuni episodi di cronaca hanno già messo in luce la pericolosità latente di questo universo, con giovani coinvolti in reati d’odio, possesso di armi o incitamento alla violenza, spesso preceduti da una lunga immersione in forum e ambienti online radicalizzati. Nonostante ciò, il fenomeno continua a essere sottovalutato, banalizzato o trattato come una moda passeggera da parte del discorso pubblico. La cultura incel è pericolosa perché non è solo un fenomeno di nicchia: è un ambiente tossico che recluta attraverso il disagio e lo trasforma in ideologia. E proprio per questo è necessario parlarne, riconoscerlo, e soprattutto offrire alternative reali a quei ragazzi che rischiano di perdersi in esso.
Immagine in evidenza: la Repubblica