L’arte del musical sta crescendo anche in Italia: nei cartelloni italiani, titoli di teatro musicale sono sempre più presenti, sia come produzioni nazionali sia come produzioni estere. Io e Ludovica Girelli, autrici del programma di Radio IULM “Canovaccio – gli spettacoli da segnare“, abbiamo intervistato Mauro Simone, regista de “La febbre del sabato sera“, uno dei musical più rilevanti di questa stagione teatrale.
Mauro Simone: regista presso la Compagnia della Rancia, Direttore artistico del Teatro alle Vigne, Vicedirettore della BSMT di Bologna e regista del musical “La febbre del sabato sera” ora in scena al Teatro Nazionale di Milano.
L’intervista a Mauro Simone
Quando è nata l’idea di portare a teatro “La febbre del sabato sera“?
L’idea è nata la scorsa primavera da una collaborazione tra Compagnia della Rancia e Stage Entertainment. Da qui è partita la progettazione che ha portato al debutto del 10 ottobre 2024.
Avevamo il desiderio e l’urgenza di far tornare la gente a ballare e farla divertire sulle note dei Bee Gees.
Per questa messinscena sono state impiegate circa 500 memorie luci: è uno spettacolo complesso dal punto di vista scenico. È stato difficile per lei pensare ad una regia per “La febbre del sabato sera“?
Sì, a livello drammaturgico il copione è scritto seguendo molto il film: riguardandolo ho capito che mi sarebbe piaciuto portare la sensazione della pellicola sul palcoscenico. Pur essendo un film del 1977 c’è un utilizzo della steadicam e dei piani sequenza interessante. Ho pensato “Come posso riportare questo sul palcoscenico?”: l’ho fatto attraverso l’impiego di un girevole che permette di far arrivare le scenografie dal fondo fino al primo piano, per dare l’idea di passaggio da campi lunghi a primi piani.
Per fare ciò ci deve essere l’utilizzo di luci ben specifiche che diano quella sensazione: ogni singolo momento è stato accompagnato dalla luce.
La luce è fondamentale anche nei momenti ambientati nell’Odissey 2001, la discoteca dove si scatena Tony Manero. Nel film vediamo un dance floor con i quadrotti degli anni ’70. Oggi però noi siamo abituati ad un tipo di luce totalmente differente. Al posto del dance floor a terra ho utilizzato dei quadrati frontali rispetto al palcoscenico tramite il Madrix, una macchina per programmare cambi luci fluidi, quasi da concerto.
Come mai ha scelto di riprendere proprio il movimento di macchina iniziale con la camminata di Tony?
Perché è una camminata iconica: tutti ricordano il primo piano sequenza di Tony Manero che cammina spavaldo per New York, guardando le ragazze e sentendosi importante. Ad un certo punto dello spettacolo Stephanie Mangano, la ragazza di cui si innamora gli dice: “Posso farti una domanda? Perché cammini in quel modo?“, dunque è proprio un suo modo di vivere che io volevo riproporre.
Sempre grazie all’utilizzo del girevole si ha la sensazione di camminare sul palcoscenico in maniera continua.
In che modo ha pensato di coinvolgere il pubblico?
Già dal foyer c’è un’ambientazione tipica della discoteca degli anni ’70. Inoltre in sala parte una playlist con le canzoni di quel decennio: non solo Bee Gees, ma tutta la musica disco che si ballava in quegli anni. In più l’energia del cast nelle scene della discoteca fa venire voglia di ballare con loro.
Qual è la sfida più grande per un performer che si accinge a interpretare un ruolo che viene associato ad un volto ben preciso, come il ruolo di Tony Manero viene associato a quello di John Travolta?
È difficile perché c’è un’immagine iconica a cui tutti sono abituati. Il pubblico magari si aspetta la sua camminata, il suo modo di sentirsi sexy.
Con Simone Sassudelli (NdR: performer che interpreta Tony Manero nel musical) abbiamo lavorato proprio su questo: rispettare le idee del personaggio e allo stesso tempo capire perché lui pensa in quel modo.
Il tutto parte dalla dinamica familiare: Tony ha un rapporto faticoso con il padre, che non fa altro che criticarlo. Tony fugge dove può sentirsi dire “Bravo“: la pista da ballo. Questo è esattamente quello che noi facciamo con il mondo dei social, dove cerchiamo l’approvazione di qualcuno tramite il like. In una scena Tony dice al padre: “Tu non mi hai mai detto “Bravo”, fino ad ora ho sentito dirmi “Bravo” solo due volte: sulla pista da ballo e per l’aumento di oggi al colorificio“.
Quanto è faticoso per un regista capire come e a chi affidare i ruoli?
È molto complicato perché non bisogna solo scegliere il singolo performer ma devi anche trovare l’equilibrio giusto nella coppie. Magari puoi trovare un Tony Manero meraviglioso, ma devi trovare anche gli amici di Tony e la Stephanie Mangano che stiano bene accanto a lui, per questioni fisiche, di vocalità e di empatia. Stephanie e Tony si devono innamorare e il pubblico deve credere a quella storia d’amore.
È un percorso molto complesso: quello che cerco sempre di fare è mettermi all’ascolto dell’attore, vedere quanta disponibilità c’è da parte sua e soprattutto il feeling che si crea.
Durante la creazione dello spettacolo ha lasciato ai performers spazio per l’improvvisazione?
Io parto sempre da un “Vediamo cosa succede“. Spiego la dinamica della scena e il tipo di ambiente che si crea. Loro iniziano a vivere la scena, improvvisando movimenti e vivendola dal punto di vista emotivo, poi arriviamo insieme alla costruzione finale e ci diciamo: “Questo è quello che deve accadere tutte le sere“.
Cosa rende “La febbre del sabato sera”, dopo più di 40 anni, così in voga?
Secondo me perché siamo dei romantici malinconici: anche se il mondo va avanti e ascoltiamo musica diversa, rimaniamo legati alla musica del passato che è diventata cult.
Allo stesso tempo penso che chi non ha vissuto quella musica, incuriosito per quello che sente dire in giro, arriva a teatro e, pur non conoscendo la storia, tuttavia ne resta colpito perché si sente pervaso da una musica che porta a ballare.
“Canovaccio – gli spettacoli da segnare”
“Canovaccio – gli spettacoli da segnare” è il nuovo programma di Radio IULM dove io e Ludovica Girelli parliamo di teatro nelle sue diverse forme. Approfondiamo alcune opere in scena o che debuttano a breve nei teatri milanesi o in provincia, e intervistiamo ospiti speciali.
A questo link la puntata in cui abbiamo parlato con Mauro Simone.
Immagine in evidenza: teatronazionale.it