IULM ricorda Francesco Alberoni

Martedì 15 ottobre il nostro Ateneo ha portato in evento il ricordo di Francesco Alberoni, intellettuale che influenzò il pensiero italiano tout court. L’incontro ha accolto tanti ospiti che hanno commentato l’opus, le tesi e le riflessioni del teorico, anche ex Rettore dell’università milanese. Egli è stato portatore sano del cambiamento, nella politica, nella psicologia e nella ricerca, in Italia e nel resto del mondo.

Introduzione

Aprire e chiudere in un cerchio la vita, la magnanimità e il coraggio di Francesco Alberoni non è facile. Subito dalle prime note sulle quali è stato avviato il discorso da Giovanni Puglisi, si riconoscono i limiti di tale operazione. Sigillare tante qualità di un uomo, professore, intellettuale, in un solo abbraccio porterebbe a escluderne altrettante. Alberoni è stato molto più di ciò che ha raccontato di sé nei suoi scritti, è stato anticipatore di temi e questioni che hanno trovato eco solo in anni più recenti.

“Francesco Alberoni: un intellettuale, un Rettore” e un maestro

La pergamena di ciò che Alberoni fece e fu viene pian piano srotolata dagli ospiti presenti in sala e da quelli assenti, ma le cui testimonianze sono state immortalate in video.

Il primo a parlare è Santo Versace, in collegamento telematico, che racconta della sua esperienza di vita insieme a Francesco Alberoni. Fu grande conoscitore delle mode e interprete della “Milano da bere”, oltre che consigliere e compagno in cene e sfilate. Versace ricorda in particolar modo un articolo che Alberoni scrisse su “Moda”, il mensile di Vittorio Corona.

Era come un ragazzo sempre curioso di sapere, capace di interpretare con anticipo i fenomeni. Parlare con lui per me era capire se io stesso avevo capito bene le cose.

Santo Versace

In un secondo momento, prende parola Giovanni Puglisi, nel ruolo di intermediario per l’evento e di propugnatore delle due tesi contenute nel titolo: “un intellettuale, un Rettore”. Francesco Alberoni è dipinto dal collega (ex Rettore e ad oggi Presidente del Consiglio di Amministrazione dell’Ateneo) come un amante della cultura. E, come tale, Alberoni considerava l’Università una “derivata”.

Abbiamo voluto dare questo titolo per accentuare queste due precedenze: l’intellettuale, lo schema, la griglia, la struttura portante; l’università, il luogo, l’attività, la vita.

Prof. Giovanni Puglisi

Interviene poi Gianni Canova, raccontando un bizzarro “scambio di persona” avvenuto con Alberoni al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. “Quel tanto di modernità che ora c’è dentro al Centro sperimentale di Roma”, afferma Canova, “l’ha portata lui. Era un visionario, anticonformista e proteiforme, con una grande indipendenza di pensiero e intelligenza critica”.

Paolo del Debbio, giornalista e autore televisivo, ha voluto anche tracciare, in un breve appunto, il percorso e l’attività teorica di Alberoni. A partire da “Statu Nascenti”, pubblicato nel 1968, Francesco Alberoni ha sviluppato la tesi dei movimenti, seppure in un periodo “in cui di movimenti e di istituzioni, non ce n’erano“. Anzi, forse proprio per questo, asserisce, “i libri di Alberoni vanno bene per i mondi successivi ad Alberoni“.

Gianni Canova, Giovanni Puglisi e Paolo del Debbio, dall’ufficio grafica IULM

IULM dal 1997 al 2001: le rivoluzioni che hanno costruito da zero la scienza della comunicazione

Prima di diventare Rettore, Francesco Alberoni volle fermamente codificare una transizione irreversibile”, esordisce Puglisi. Su pressioni di Alberoni, la Laurea in Relazioni Pubbliche venne “resa equipollente alla Laurea in Scienze Politiche“. Il CUN espanse poi la facoltà, aggiungendo il DAMS, le arti visive e sonore dello spettacolo. Tali contribuiti consentirono all’Ateneo di passare da “Università di Lingue Moderne” a “IULM”, come è oggi riconosciuta.

Tuttavia, l’università “non era il focus dell’intelligenza di Alberoni. Egli viveva per insegnare in modo socratico, aveva una visione osservativa della vita, le sue lezioni erano delle conversazioni”. Anche i suoi saggi riflettono questo modus docendi. Pur trattando temi complessi, come quelli presenti in “Movimento e istituzione“, essi non aspirano ad essere letti da un pubblico accademico. “Alberoni non scriveva mai per le élite, ma per tutti, aveva un linguaggio semplice”, che il professore Guido Di Fraia rivela scaturisse non da una dote innata, quanto piuttosto da un continuo esercizio di revisione e di riscrittura dei suoi testi.

L’alberonismo come minoranza, politica estera e ISTUR

Tra i tanti interventi ricordiamo anche quello di Vittorio Sgarbi e del regista Pupi Avati che, con calde parole di affetto e ammirazione, ha ricordato l’umanità di Alberoni, un lato dei pensatori troppo spesso trascurato. Presente in sala, in prima fila, Morgan ha poi voluto offrire una propria testimonianza improvvisata.

Io ho potuto vivere con Alberoni il lockdown. Lui, che è studioso anche di comunicazione, era molto affascinato, anche scioccato, dalla situazione. Allora decisi di portarlo su “Clubhouse”. All’interno di una room del social a lui riservata, Alberoni si propose di rispondere via chat a questioni e domande inerenti il lockdown. Se la trascrivessimo, quella giornata diventerebbe un libro.

Morgan

Francesco Sidoti, professore dell’Università degli Studi dell’Aquila, ha voluto invece distinguere una sua dote in particolare: “Alberoni è stato in minoranza tra i sociologi italiani. Al pari di Vilfredo Pareto, che parlò in termini dispregiativi nei confronti dei colleghi“. Alberoni ha preso parte al pensiero dei movimenti politici craxiani, berlusconiani… Ma “fu craxiano, quando Craxi era la persona più odiata d’Italia“. Con questa affermazione, Sidoti fa notare il coraggio di cui l’intellettuale fece mostra nelle sue scelte d’opinione politica interna ed estera.

Durante l’incontro è anche stato lo stesso Francesco Alberoni a parlare, in una proiezione del regista Giacomo Gatti. “In questo filmato” spiega la Professoressa Rosantonietta Scramaglia, “girato a pochi mesi dalla sua scomparsa, Alberoni applicava ancora la propria teoria alla situazione attuale“. Negli anni ’80 fondò il proprio istituto di ricerche, ISTUR (che cambiò nome più avanti in “Istituto di Ricerca Francesco Alberoni”). All’età di 85 anni, chiede che venga scritta la sua biografia: “Mi raccomandò“, prosegue Scramaglia “di non mettere solo le cose positive, voleva venissero fuori le debolezze e gli errori che fece nella vita“.

Francesco Alberoni fu uno studioso versatile, variopinto, instancabile, le cui memorie vengono conservate ancora oggi dai suoi stessi colleghi e ammiratori del pensiero, della cura della gestualità e dell’indubbia voracità di sapere.

Immagine in evidenza: Università IULM

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