Giornata per la lotta contro i disturbi alimentari: Lettera al mio corpo

In occasione della Giornata nazionale del fiocchetto lilla, per la lotta contro i disturbi alimentari, Radio IULM ha realizzato una diretta che tratta il tema in profondità, anche grazie all’aiuto di numerosi ospiti. Abbiamo deciso di inserire la lettera di una ragazza che ne ha, e ne sta tuttora, soffrendo. La “Lettera al mio corpo” proposta di seguito incarna perfettamente l’argomento trattato. A fine articolo è possibile riascoltare la diretta del 15 marzo.

CARA ME
Cara vita,
Sono una ragazza che ormai da 3 anni soffre di anoressia nervosa.
Ho 20 anni e ne dimostro 13… quando mi presento e mi chiedono “Che classe fai?” si stupiscono alla mia risposta e arrampicandosi sui vetri ribattono “Ne dimostri meno, un giorno sarà un vantaggio“.
Io di vantaggi non ne trovo, è sempre solo una pugnalata al cuore, un ricordo che hai una malattia, che non sono abbastanza nemmeno per avere 20 anni.

Cara me, ci siamo perse in un enorme gomitolo attorcigliato. É come se non avessi mai vissuto, quasi come se avessi indossato maschere per tutta la vita. E allora chi sono io? Cosa mi piace fare? Cosa non mi piace? Ricopro personaggi secondari o sono la protagonista della mia vita?

Io ritengo di non essere abbastanza in niente. Questa parola “abbastanza” mi tormenta ogni giorno… non sono abbastanza intelligente, carina, simpatica, educata, gentile, magra… non sono abbastanza nemmeno e soprattutto per la malattia.

Ormai sono 3 anni che ci convivo, inizialmente nessuno mi capiva, ricordo ancora quando per la prima volta dissi a mamma davanti al frigo che io avevo bisogno di parlare con uno specialista. Ho chiesto aiuto: non ne potevo più di pensare solo al cibo, cibo, cibo in maniera malata, piangere perchè mi sentivo inadeguata, sola, stupida… nessuno mi capiva realmente.

Ho chiesto aiuto. E poi l’ho richiesto di nuovo, perché l’importante è sentirsi protetti e amati da coloro a cui ci affidiamo, altrimenti la terapia non funzionerà mai.

Ho passato mesi terribili, credevo che con la fine del liceo tutto sarebbe cambiato… e invece è peggiorato: mesi in camera a piangere, a cercare scuse per non uscire, per non mangiare. Passavo le giornate al buio ad aspettare l’ora in cui mangiare per poi non farlo o trovare scuse o altri metodi…. e intanto il peso calava vertiginosamente.
La luce era il mio nemico, guai a sentire amici o a parlare con chicchessia, solo il nervosismo regnava nella mia mente, un nervosismo che si accaniva sulla mia famiglia a cui non smetterò mai di chiedere scusa.

Ed eccomi qui, ricoverata in un letto di ospedale con un sondino naso gastrico che mi alimenta. Ma è un periodo in cui pensare, in cui non sto cadendo a pezzi ma sto lasciando i pezzi per diventare qualcosa di nuovo, sto uscendo dal mio bozzolo. Piano piano sto forse trovando la mia strada, spegnendo lucine di strade che non voglio prendere e accenderne altre.

Cara anoressia, è vero, io ho tanta, tantissima paura di lasciarti andare.
Tu sei la mia amica, che mi tiene la mano e si prende le colpe al posto mio. Che mi ha dato un briciolo di voce ma facendomi allo stesso tempo piccola e fragile. Mi hai rassicura e mi stai proteggendo dalla vita, anche se è un enorme controsenso. La paura di tornare ai miei fallimenti, agli obiettivi non raggiunti.
Mi stai proteggendo da una “me” futura, che non sa, non ha idea di cosa voglia o possa essere… una “me” che non si è mai sentita abbastanza e ha paura di non essere abbastanza, che ha l’ansia di affrontare quello che verrà, di non essere in grado di rialzarsi se dovesse cadere.


Cara anoressia io mi vorrei staccare, ma mi è tanto difficile… ho paura della normalità e tu mi proteggi.
Terrorizzata al pensiero di tornare ad un corpo che mi creava solo disagio, che mi faceva sentire solo un passo indietro rispetto agli altri… una sensazione che ho da sempre in ogni contesto.


La piccola “me” vuole crescere, quella piccola nascosta che si è persa nei mille pensieri, vuole crescere e cambiare. Vuole esplodere con una paura di tornare come prima e non solo fisicamente, ma come mi ha detto una saggia: “Non tornerai come prima, il tempo passa ogni piccolo istante e indietro non si può tornare. Con tutto quello che hai vissuto, sei cresciuta tanto e ora non sei più una bambina. Sei sicuramente maturata tanto e per quanto ti possa spaventare, questo è stupendo”.
E lo so che non riesco a fare passi avanti perché poi penso che gli altri penseranno che sono guarita ma “È la paura che ti ferma, ma perché mai dovresti aver paura di essere trattata e considerata come gli altri? È complicato, ma in realtà dipende tutto dalla poca fiducia che hai in te stessa. Prova a fare qualche passo avanti, lasciati andare e vedrai che ti importerà sempre meno di quello che gli altri potranno pensare di te”.

Questa lotta è da farsi ma, come ogni cosa, devo darmi tempo, dare tempo a me stessa di crederci davvero a queste parole, a mettersi in gioco, a girare la canoa contro corrente, smetterla di seguire la corrente che mi traina e mi sta portando ad un precipizio e capire che girando questa benedetta canoa e prendendo le ondate in faccia (e FIDANDOMI) potrò raggiungere una meta meravigliosa in cui “Non ci sarà solo un aumento di peso, ma un aumento di sorrisi…di vita”.

Devo trovare la vera me che sia gratificata da ciò che piace a lei, che possa avere una voce che non provenga dalla malattia né nell’aiutare gli altri in maniera malsana. Devo essere egoista e capire che devo scaldarmi il cuore imboccando una nuova via. E quindi imbocchiamo questa nuova via, cerchiamola. Nel frattempo devo guarire… e mettercela tutta perché ho una forza ENORME, che nessuno può immaginarsi.


Ed è vero, forse voglio diventare un mucchio di ossa per sentirmi alla pari con gli altri, abbastanza, all’altezza, dato che in fondo tutti cerchiamo approvazione. Ma che senso ha? “Conta essere felici solo con sé stessi, sii felice di ciò che hai, di ciò che sei, anche quando non ti senti all’altezza, anche se gli altri ti sembrano più bravi e belli… perché non è vero e comunque non conta!”


Costruiamo la nuova “me” che, pezzo dopo pezzo, per ora ha capito di essere un’anima fragile ma coraggiosa, costruiamo una “me” in grado di dire “no“, di avere la capacità di cadere e rialzarsi, di non aver paura dei fallimenti.
Combattiamo!

Immagine in evidenza: Ausl Romagna

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