Nella quinta puntata di Oriens parliamo di un film che ha colpito molto entrambe. Si tratta di Le otto montagne, scritto e diretto dai registi e sceneggiatori belgi Felix Van Groeningen e Charlotte Vandermeersch. Il film ha partecipato al Festival del cinema di Cannes 2022 vincendo il Premio della Giuria. La pellicola è tratta dall’omonimo libro vincitore del Premio Strega nel 2017 di Paolo Cognetti.
Pietro e Bruno
La trama del film narra la storia di un’amicizia profonda percorsa da numerose dualità tra due ragazzi: Pietro (Luca Marinelli), torinese figlio della classe medio borghese cittadina, e Bruno (Alessandro Borghi), valdostano, figlio di un muratore emigrato in Svizzera e cresciuto dagli zii allevatori.
Da questa prima descrizione risalta immediatamente una delle prime differenze tra i due: la città e la montagna. Mentre per Pietro e la sua famiglia trasferirsi in montagna segna l’inizio e la fine del periodo di vacanza scolastico, per Bruno è una quotidianità a tratti opprimente da cui, quando si presenta la possibilità, cerca di evadere.
Tuttavia, le nostre radici sono spesso più profonde e difficili da recidere rispetto a quanto crediamo. Il sogno torinese di Bruno, di istruzione e crescita, naufraga tra quelle valli, tanto spettacolari quanto oppressive.
La maestosità delle montagne è resa ancor più scenografica dalla delicata e sapiente fotografia di Ruben Impens. Impens annovera tra i lavori precedenti la cura della fotografia di Titane e Raw della regista e sceneggiatrice francese Julia Ducournau.
La Montagna e la Natura
Dopo anni, Bruno e Pietro si trovano nuovamente uniti a causa del padre di quest’ultimo. Egli, prima di morire, aveva infatti acquistato un rudere sulle montagne intorno a Grana, il paese fittizio dove villeggiavano in estate, e la ristrutturazione della baita li avvicina e consolida la loro amicizia.
Una volta ultimati i lavori, Pietro decide di invitare alcuni suoi amici torinesi per trascorrere insieme qualche giorno. Qui si presenta la seconda dualità della pellicola, riconducibile in parte al binomio città-montagna. Questa riguarda l’accezione differente che i cosiddetti cittadini hanno della montagna rispetto a chi la vive realmente.
Quando gli amici di Pietro incontrano Bruno si scontrano con la realtà della vita in montagna. Loro, i cittadini, si riferiscono alla montagna come natura, qualcosa di intangibile e incontaminato, di puro e inafferrabile. Bruno si riferisce alla montagna come sentieri, monti, pascoli, fiumi, tutte cose tangibili che mettono in evidenza la concretezza di quel luogo, nelle sue accezioni positive e negative. Bruno li mette dinanzi alla realtà dell’inverno in montagna, ponendoli di fronte ad un ambiente da non sottovalutare.
La leggenda delle otto montagne
Pietro nella vita non troverà mai davvero un posto in cui affondare le proprie radici come Bruno. E così si presenta sotto forma di leggenda un’altra dualità del film.
Durante uno dei suoi numerosi viaggi Pietro incontra un vecchio nepalese che gli racconta la leggenda delle otto montagne, che a sua volta racconterà a Bruno quando si rivedranno.
“Noi diciamo che al centro del mondo c’è un monte altissimo, il Sumeru. Intorno al Sumeru ci sono otto montagne e otto mari. Questo è il mondo per noi. Avrà imparato di più chi ha fato il giro delle otto montagne, o chi è arrivato in cima al monte Sumeru?”.
Bruno si identifica come colui che sta sulla cima della montagna più alta, isolato da tutto e tutti. Pietro è invece il viaggiatore che, passando di montagna in montagna, impara e scopre nuove culture. Nessuno dei due sarà migliore dell’altro. Entrambi collezioneranno saperi differenti e complementari, ma a stare troppo in alto si può rischiare di cadere rovinosamente a terra.