In occasione del centenario de l’Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes, l’Art Déco rivive a Milano con “Art Déco. Il trionfo della modernità” a Palazzo Reale. Dal 27 febbraio al 29 giugno, la mostra presenta circa 250 opere e installazioni multimediali che riportano il visitatore in un viaggio nell’Europa dei primi decenni del secolo scorso.
Che cos’è l’Art Déco?
L’Art Déco è stato un movimento che si è sviluppato in Europa negli anni ’20 del XX secolo, per poi arrivare negli Stati Uniti nel decennio successivo. Esso prende il nome da l’Exposition internationale des arts décoratifs et industriels modernes svoltasi a Parigi nel 1925 e che ne ha sancito la nascita. Questo movimento si caratterizza per i colori accesi, ripresi dagli Espressionisti e dai Fauves, ma anche per uno stile geometrico, moderno e dai motivi esotici.
La mostra
L’esposizione, prodotta da Palazzo Reale, 24 ORE Cultura e il Comune di Milano a cura di Valerio Terraroli, si presenta come un vero e proprio viaggio in questa corrente artistica. Partendo da manufatti risalenti a pochi anni prima dell’esposizione a Parigi nel 1925, la mostra racconta l’Art Déco nelle sue varie forme artistiche, nei suoi temi salienti, nelle sue declinazioni geografiche e nel suo sviluppo negli anni. Dai mosaici ai quadri, dai vasi alle installazioni multimediali, tutto favorisce l’immersione totale del visitatore negli anni ruggenti.

L’esotismo per il mondo animale
Tra gli interessi degli artisti di questa corrente troviamo la natura selvaggia. Il mondo animale infatti, con il suo meccanismo crudele e selettivo è uno dei mondi dove i temi della vita e della morte sono più presenti. Da qui nasce la popolarità dell’animalier anche nella scultura. A testimonianza di ciò, nella mostra troviamo il Grande avvoltoio di Sirio Tofanari e la Leonessa di Alfredo Biagini.
D’annunzio e il culto per la natura
In questa mostra non possono mancare riferimenti al Vittoriale degli Italiani. Nelle opere di D’annunzio vi sono spesso riferimenti al mito di Orfeo che con la sua musica e poesia incantava gli animali. Per il poeta, l’arte e l’invenzione poetica sono forze capaci di ottenere energia dall’istinto per raggiungere la purezza apollinea, riprendendosi così una sorta di Paradiso Perduto. Infatti, le stanze della Prioria sono una perfetta dimostrazione della declinazione dannunziana di questo tema. Il gusto per i materiali pregiati e le atmosfere esotiche sono la massima rappresentazione della cultura simbolista in chiave déco. Nella mostra troviamo il Fauno che insegue una ninfa di Pierre Le Faguays, posizionato nella sala da pranzo da D’annunzio come allegoria della passione selvaggia in opposizione ai simboli della frugalità francescana.

L’interesse per il mondo africano
Al mondo africano invece veniva rivolto uno sguardo colonialista. Tutto nasce quando lo spettacolo di rivista La Revue Nègre arriva in Francia nel 1925. L’attrice Joséphine Baker incanta Parigi con la sua danse sauvage: vestita con una cintura di banane disegnata dal sarto Paul Poiret, questa danzatrice, prima donna nera a entrare nel Pantheon a Parigi, regalava al pubblico un’interpretazione ironica delle visione europea delle danze delle tribù africane. Poco dopo, Paul Poiret rielabora e pubblica nel 1929 i disegni dedicati allo spettacolo intitolandoli Le Tumulte Noir. In essi troviamo la passione per il jazz e per la danza contemporanea rappresentata dagli afro-americani, per la concezione falsata che il colonialista da ai popoli africani.

L’ammirazione per l’Oriente
Infine, un altro campo d’interesse della società degli anni ruggenti è l’Oriente. Nella mostra troviamo infatti il centrotavola di Francesco Nonni e Anselmo Bucci, il Corteo orientale. Gli artisti rappresentano una processione sacra ma allo stesso tempo graziosa che scatena nella società borghese un desiderio di avere in casa un oggetto che abbia a che fare con l’oriente. Parallelamente a ciò, la passione per l’Oriente riguarda anche il folklore slavo, che arriva a Parigi grazie al fenomeno dei Ballets Russes di Sergej Djagilev ed ai suoi danzatori più celebri come Vaslav Nijinsky e Ida Rubinsten rappresentati nell’opera Shéhérazade- Danza persiana.
