Ma anche gli animali si ubriacano?

Ci credereste mai che il consumo di alcol non è un vizio che si concede solo l’essere umano, ma riguarda anche gli animali? Certo, non dobbiamo immaginarci un gruppo di delfini che si ritrovano a fare aperitivo o delle scimmie a un dopocena in un bar, ma sicuramente non mancano le riserve naturali di etanolo e altro…

Negli ultimi anni, i primi ad aver aperto questo dibattito sono stati gli scienziati, sempre curiosi di scoprire ciò che davvero ci differenzia e, soprattutto, ci accomuna alle altre specie animali. Nel nostro caso, gli animali si ritrovano ad alzare – consapevoli o meno – la zampa di troppo o sperimentare una certa alterazione dei sensi per via di frutta troppo matura o sostanze intossicanti.

L’alcol in natura

L’etanolo è il prodotto naturale della fermentazione degli zuccheri, ovvero l’alcol. Per gli animali, dunque, trovarlo in natura è molto facile e accidentale, soprattutto perché molte specie hanno alla base della loro dieta frutti, bacche o fiori ricchi di nettare e zuccheri fermentati. Essere brilli è un attimo.

Tuttavia, se per alcuni incappare in alimenti contenenti alcol è un evento casuale, per altri animali è una “caccia al piacere“, il cui tesoro finale è po’ di quel dolce lievito naturale, che ogni tanto serve per scacciare i pensieri della sopravvivenza nel mondo animale.

L’elefante africano si ubriaca di frutta

Potrebbe sembrare ironico sentire di un elefante di sei tonnellate circa finire ubriaco per un pugno di frutti eccessivamente zuccherati, se facciamo il comune errore di usare l’essere umano come parametro di misura. Eppure, Mareike Janiak, laureanda all’Università di Calgary (Canada), con il suo studio pubblicato nel 2020 su Biology Letters, ha dimostrato come, da un punto di vista genetico, ogni specie animale metabolizza l’alcol deidrogenasi, l’enzima coinvolto nella scomposizione dell’etanolo (la nostra “salvezza” per evitare una sbronza immediata), in maniera differente. Dunque, nonostante la stazza, l’elefante non ha sviluppato una mutazione genetica che gli consenta di disintossicarsi rapidamente di quel 1-2% di etanolo presenti nei frutti che mangiano. Che sia per piacere o per semplice fame che si ubriaca, l’elefante non è sicuramente il miglior compagno di bevute.

Scavando più a fondo nella storia, uno studio del 2024, pubblicato su Trend in Ecology & Evolution, rivista scientifica, ci spiega come tutto inizia circa 100 milioni di anni fa: alcuni vertebrati avrebbero cominciato a vivere nelle foreste e per nutrirsi si cibavano dei frutti maturi che cadevano a terra, non potendo arrampicarsi sugli alberi a raccogliere quelli migliori o tendere il collo per raggiungerli. E’ con il tempo che queste prime forme animali hanno sviluppato quegli enzimi utili a scomporre e metabolizzare l’alcol.

Il toporagno non dice “no” all’ultima goccia di nettare

Tutto il contrario è il toporagno. Nel Sud-est asiatico, questi piccoli animali si nutrono principalmente del nettare di alcune palme, che contiene un tasso alcolemico anche superiore al 3% (molto vicino alla percentuale minima che può sostenere un essere umano). Riprendendo lo studio di Janiak sul metabolismo genetico, il toporagno è uno di quegli animali che tollera, per abitudine, un’alimentazione basata su questo tipo di nutrimenti inebrianti (almeno per un animale) senza mostrare segni di intossicazione da alcol.

Ma non ci sono solo i frutti fermentati…

…Infatti, in Siberia, il “fungo di Natale”, chiamato così per il suo cappello rosso a macchie bianche, è il preferito delle renne e altri animali del territorio per i suoi effetti allucinogeni. I biologi hanno documentato come questo fungo, nonostante sia velenoso, risulti nutriente e facilmente digeribile dalle renne grazie al loro stomaco di ferro. Babbo Natale non ha da preoccuparsi: Olaf potrebbe solo sbandare leggermente, ma non soffrire di nausea o effetti collaterali.

In Madagascar, i lemuri hanno come contorno la scolopendra, una specie di millepiedi, che contiene un liquido narcotico, utile come antiparassitario, ma con effetti collaterali di confusione.

Anche in fondo al mare si nascondono trucchetti per ottenere la felicità. I delfini, mammiferi svegli quali sono, usano una “droga” completamente naturale. Non si tratta di una vera e propria sostanza stupefacente, ma gli effetti non sono poi così diversi: il segreto è l’aria di un tipo particolare di pesce palla, che, se aspirata anche in piccole dosi, può portare a momenti di trance.

Scoprire questo segreto degli abissi è stato abbastanza comico: durante le riprese di un documentario sui delfini, alcuni scienziati hanno sorpreso alcuni delfini mentre si passano un pesce palla, lo annusavano galleggiando per qualche istante come ipnotizzati.

Dopo tutti questi “happy hour” in giro per il mondo si può proprio dire che la natura non smette mai di sorprenderci.

immagine in evidenza: news.fidelity

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