Negli ultimi anni, il web ha visto un’esplosione di contenuti provocatori e satirici che sfruttano insulti, provocazioni e reazioni rabbiose per guadagnare visibilità e generare entrate. Il principio alla base del rage-baiting è semplice: più un contenuto suscita reazioni, più gli algoritmi lo spingono in evidenza. E cosa c’è di più efficace nel suscitare commenti e discussioni infuocate se non una dichiarazione provocatoria o offensiva?
Cos’è il rage-baiting?
Il rage-baiting, nel gergo di Internet, è una tecnica manipolativa che mira a suscitare indignazione e rabbia tra gli utenti, con l’obiettivo di aumentare il traffico online, l’engagement e le entrate. Questo fenomeno è presente su Facebook da anni, dove i post polemici e divisivi attirano milioni di interazioni, alimentando la polarizzazione e la disinformazione. Ora, questo schema si ripete su altre piattaforme come TikTok, Instagram e YouTube, dove i creatori di contenuti, consapevoli o meno, sfruttano le reazioni negative per farsi conoscere e aumentare la loro notorietà. Il braccio teso di Elon Musk, gli spaghetti spezzati, le dichiarazioni di Kanye West e la pizza con l’ananas: gli argomenti di queste provocazioni variano, ma spesso toccano temi culturali e sociali sensibili.
Gli italiani, ad esempio, sono spesso presi di mira: notoriamente irritabili per la cultura culinaria, non riescono a trattenersi dal commentare chi sui social prepara piatti tradizionali utilizzando ingredienti o metodi palesemente inappropriati.
Rage-baiting e influencers
Sempre più spesso, i creatori di contenuti producono video volutamente provocatori per stimolare reazioni emotive forti e incrementare l’engagement. In questo contesto, è nato un nuovo tipo di influencer: l’influencer rage-bait. Questi influencer progettano contenuti appositamente per suscitare rabbia, indignazione o confusione, spingendo gli utenti a commentare e a partecipare a discussioni animate. Ad esempio, Winta Zesu, una youtuber americana, ha guadagnato oltre 150.000 dollari interpretando il ruolo della ragazza bella e superficiale, provocando le reazioni degli utenti attraverso la sua apparente “vanità”. Nei suoi contenuti Zesu si è ritratta come una modella newyorkese il cui principale problema è quello di essere “troppo bella”, ottenendo milioni di interazioni da utenti decisi a manifestare la loro indignazione tramite un commento.
Ho capito che i miei video esplodono davvero quando dico cose controverse nel corso del video. Quando qualcuno mi chiede che tipo di contenuti faccio, di solito dico scenette, o se sto parlando di quei video di ristoranti, dico satira. Immagino che sia anche un’esca per la rabbia.
Winta Zesu per Rolling Stones
Zesu non è l’unica ad utilizzare questa tecnica. Prendiamo, ad esempio, la TikToker Louise Melcher. All’inizio di febbraio 2024, un suo video in cui, presentandosi con un occhio pesto, affermava di essere la ballerina caduta durante l’Halftime Show del Super Bowl del 2024 ha ottenuto 49,7 milioni di visualizzazioni ed è stato condiviso senza contesto o verifica dei fatti su Twitter. Qui gli utenti, ignari dell’obiettivo satirico di Melcher, hanno interagito con esso per giorni.
Ma il rage-baiting non è un fenomeno unicamente statunitense: anche in Italia numerosi influencer hanno iniziato a crearsi un vero e proprio personaggio tramite il quale creare contenuti provocatori e polarizzanti. Un esempio lampante è l’influencer torinese Michelle Comi, spesso al centro di polemiche per i temi e i contenuti dei suoi video. Viene descritta da VDnews come la “maestra del rage-bait” a causa delle strategie da lei usate per scatenare reazioni di indignazioni da parte degli utenti e monetizzare sull’engagement provocato da esse. Dall’intervento di vaginoplastica ad OnlyFans, riesce sicuramente ad attrarre su di sé grande attenzione.
Sebbene non tutti i creatori di contenuti che producono video provocatori siano dannosi, la crescente diffusione di contenuti che alimentano la rabbia potrebbe rendere sempre più difficile per gli utenti distinguere la verità dalla finzione e contribuire alla circolazione di fake news.
Rage-baiting e politica
Con l’espansione sempre maggiore della politica sui social media, il rage-baiting sta iniziando a coinvolgere anche i politici, che adottano questa strategia nelle loro campagne elettorali.
Lo scienziato politico Jared Wesley dell’Università di Alberta ha dichiarato nel 2022 che l’uso di questa era in aumento con i politici di destra: man mano che i politici aumentano il rage-baiting contro i loro oppositori politici e ideologici, attraggono più follower online.
Un esempio di questa pratica è Kanye West, che durante il suo periodo di affiliazione con il partito repubblicano, fece una dichiarazione controversa affermando di “vedere cose positive in Hitler”, per poi fare un passo indietro e scusarsi. Il rapper è stato uno dei precursori del rage-baiting come lo conosciamo oggi, essendo sempre stato noto per le sue provocazioni. Tornando però all’aspetto economico, grazie al clamore generato dalle sue azioni, Ye ha ottenuto un’indipendenza dalle case discografiche e dai brand (molti dei quali si sono allontanati da lui), riuscendo comunque a pubblicare album, come Vultures 1.
Un altro esempio lampante è il gesto equivoco che Elon Musk ha esibito sul palco della Capital One Arena di Washington, in occasione della vincita delle elezioni repubblicane da parte di Donald Trump.
Musk agisce come un troll, vuole provocare. Sapeva benissimo che avrebbe generato divisività che è l’elemento fondamentale per permettere all’algoritmo di crescere.
Roberto Saviano per la Repubblica
La riflessione dello scrittore conferma la teoria del rage-baiting, suggerendo che il gesto fosse un metodo per suscitare reazioni intense sulle piattaforme social.
Immagine in evidenza: Science