Alle 18:00 di venerdì 14 marzo, si è tenuto presso l’Ateneo IULM un incontro con il poeta e scrittore Daniele Mencarelli: il secondo appuntamento del ciclo Le strategie della parola, a cura della Prof.ssa Cristina Dell’Acqua. Il dialogo a due voci con Mencarelli ha ripercorso Le parole della passione e del romanzo, tematica strettamente correlata alla sua esperienza autobiografica. A ciò, poi, è stata affiancata una riflessione su alcune pagine del suo nuovo romanzo, Brucia l’origine.

Un autore “senza trucco”
Quali aggettivi riferire a Daniele Mencarelli? Come ha suggerito Cristina Dell’Acqua, la carriera di questo scrittore potrebbe essere imperniata su tre concetti chiave: sincerità, eleganza e profondità umana. A partire dalle prime pagine di Tutto chiede salvezza (pubblicato nel 2020 e trasposto due anni più tardi nell’omonima serie televisiva, firmata Netflix), Mencarelli espone le proprie vicende di vita senza paura o necessità di filtri. La sua, per l’appunto, è una scrittura sine cera (“senza trucco”), che non ricorre a sotterfugi per essere narrata. Ogni parola colpisce in pieno la sensibilità del lettore, con una violenza e al contempo una delicatezza disarmanti. E ciò non può che rivelarsi una dote, in particolare per il pubblico più giovane.
La lingua poetica come pilastro
Daniele Mencarelli, raccontando delle scoperte letterarie che lo hanno scortato nel tempo, non ha potuto fare a meno di citare il ruolo cruciale della poesia nell’arco della propria crescita. Specialmente tra i 16 e i 20 anni, età di forte transizione, la parola scritta gli ha consentito di sperimentare dei valori fino a quel momento appresi soltanto entro le rassicuranti mura famigliari, aprendosi così alla realtà in maniera decisiva.
La poesia ha addestrato il mio sguardo, è stata una salvezza sia intellettuale che, in primo luogo, biologica. Un poeta nomina e riesce a condensare nei nomi che attribuisce ciò che altri non erano consapevoli di conoscere con tanta precisione. La poesia è stata un’indispensabile compagna di viaggio nei confronti del mondo circostante, di me stesso e dell’adulto che vi sta parlando.
Daniele Mencarelli sull’importanza della poesia
Gli incontri
Ognuno di noi vive incontri dalla portata radicale, capaci rapidamente di mutare il nostro sguardo verso ciò che ci circonda e che, spesso, diamo più per scontato. Fu questo il caso di un giovanissimo Mencarelli che, afflitto dalla dipendenza da droghe e alcol, scelse di ricercare un riparo nel lavoro e venne assunto come operaio di una cooperativa legata all’ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma. Qui, sperimentò il dolore nella sua più gravosa essenza: la sofferenza dei bambini, a contatto con i quali comprese il reale significato dell’esistenza umana. Si collocò in questo frangente l’inatteso colloquio con il Presidente dell’ospedale, da tutti i dipendenti considerato un’entità inavvicinabile, con cui pareva non fosse concesso nemmeno scambiarsi uno sguardo.
La scrittura come testimonianza
Trascorso un anno di lavoro, Mencarelli decise di presentarglisi come autore e di proporgli l’idea di un libro dedicato ai pazienti del Bambino Gesù. Sebbene il suo desiderio non avesse riscosso inizialmente successo (da un simile proposito, a detta del Presidente, sarebbe nato un “libro d’occasione”), Mencarelli si trovò in breve tempo incaricato di scrivere alcune poesie sull’ospedale. Da qui, Bambino Gesù. Ospedale pediatrico.
Le parole del Presidente, quando gli presentai il lavoro ultimato, mi colpirono profondamente: “Con le sue poesie, mi sono reso conto di non aver mai visto davvero l’ospedale”. Fu tramite questa committenza che scoprii il valore testimoniale della scrittura.
Daniele Mencarelli sulla propria esperienza al Bambino Gesù
I personaggi di Daniele Mencarelli
È raro incontrare un autore in grado di mettersi a nudo, analizzare e avvicinare il pubblico a un tema complesso come l’esperienza del dolore in giovinezza. I protagonisti delle opere di Mencarelli sono persone trafitte dalla vita, vissute nell’ombra della nostra società. Che si tratti di una spinta a rinascere dalla gabbia sociale in cui si è nati (come accade per Gabriele Bilancini in Brucia l’origine) o di strategie di adattamento alla tragicità del presente, gli uomini e le donne dei suoi libri nutrono il desiderio di rivalsa e sono simboli di forza irriducibile.
Ai giovani
Non sai mai da dove ti arriva…: così Mencarelli ha concluso il proprio intervento. Un’affermazione dal significato apparentemente criptico, che lo scrittore ha chiarito subito. La vita, a differenza di come talvolta viene ritratta, non deve essere in alcun modo ritenuta un fatto ordinario: anzi, essa può donarci grandezze incommensurabili e saperle cogliere non risulta sempre immediato. Ciascuno di noi, in particolare i più giovani, deve educarsi a riconoscerle e ad abbracciarle prima che sfuggano. Un’esortazione al carpe diem toccante e che, più che mai, risuona necessaria.
Immagine in evidenza: Minima et Moralia