Massimo Cantini Parrini, pluripremiato costumista e collezionista di moda, è stato presente il 24 febbraio nell’Auditorium della IULM. Durante l’incontro, curato dai professori Gianni Canova e Sofia Gnoli, si è approfondita la sua carriera nel mondo della moda e del cinema e come questi due mondi si parlano.
La carriera di Parrini
Nato a Firenze, Massimo Cantini Parrini sviluppa sin da bambino una passione per i costumi grazie alla nonna sarta. Andava da lei nei pomeriggi e vedeva tutte le stoffe negli scaffali poi prendere forma sui manichini “come una magia”. Inoltre, circondato durante l’infanzia da diversi nonni e bisnonni, non mancavano i racconti dei primi anni del Novecento, degli anni ’40 e degli anni ’50. Racconti che, vista la sua già crescente passione per l’abbigliamento, erano spesso delle storie dietro ogni abito da loro posseduto.
Studierà poi Cultura e Stilismo della Moda per poi vincere un concorso al Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma. Qui diventerà allievo del premio Oscar Piero Tosi, costumista per numerosi film di Luchino Visconti. Parrini ha raccontato del primo incontro con il grande maestro. Per partecipare al concorso dovette svolgere una prova di disegno, in cui non era molto bravo. Tosi gli si avvicinò, accartocciò e buttò via il suo foglio. Parrini non restò impassibile e reagì: “Perché mi butta via i disegni? Se siamo qui a imparare, lei mi deve dire come fare le cose”. Ormai preso di mira, venne messo a dura prova sulle epoche durante l’orale: rispose alla perfezione. Il primo giorno di lezione Tosi gli rivelò: “Ti ho preso perché sei l’unico che ha risposto, che si è alzato in piedi e mi ha sfidato. Perché per fare questo lavoro ci vuole carattere”. Un incontro folgorante, trasformatosi in un’amicizia durata ben 25 anni.
Con la stima di Piero Tosi, la sua carriera decolla entrando nella Sartoria Tirelli come assistente costumista. Ad oggi Massimo Cantini Parrini è uno dei costumisti più richiesti con ben cinque David di Donatello, cinque Nastri d’Argento e due candidature agli Oscar per “Pinocchio” (2019) e “Cyrano” (2021).
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La strada del cinema
Ma perché Parrini ha intrapreso una strada proprio nel cinema? Visto il lavoro di sua nonna e i suoi studi non avrebbe avuto più senso diventare uno stilista? A questa domanda il costumista ha risposto così:
Io avrei voluto fare lo storico del costume, scrivere i libri mi sarebbe piaciuto tanto. Però mi piaceva anche fare, non solo scrivere e studiare. E ho capito che il cinema era l’unico veicolo che mi permetteva di ricreare il passato, una cosa che a me piaceva tantissimo. Quindi io non mi servo del cinema, è il cinema che si serve di me. Io non vado a lavorare, io vado a fare una cosa che mi fa impazzire. […] Faccio lo stilista del passato.
Massimo Cantini Parrini
Gli ultimi lavori
Tra gli ultimi lavori di Massimo Cantini Parrini figurano: “Le Déluge – Gli ultimi giorni di Maria Antonietta” (2024) di Gianluca Jodice, “Maria” (2024) di Pablo Larraín, e “M – Il figlio del secolo” (2025) di Joe Wright. Le epoche in cui si svolgono sono diverse e perciò anche i costumi cambiano molto, ma l’approccio che ha usato è lo stesso. Si inizia sempre con una documentazione sul periodo e poi una sua inevitabile interpretazione perché, in mancanza di fotografia, sapere la piena verità sulla moda dell’epoca non era possibile.
L’idea che Parrini e i suoi collaboratori hanno avuto per “Le Déluge” è stata quella di “avere un solo abito che via via si spoglia, che diventa niente”. Infatti nel film, che si svolge nei giorni prima dell’esecuzione della regina francese, Maria Antonietta è in prigionia senza la possibilità di avere biancheria o abiti nuovi.
Anche per “Maria” il costumista si è dovuto inventare gran parte dell’abbigliamento della protagonista Maria Callas (interpretata da Angelina Jolie). Molte sono le foto ritraenti la leggendaria soprano e quindi i suoi look, tuttavia nell’ultimo periodo, prima della morte prematura nel 1977, non si faceva più vedere fuori di casa: non si sapeva più come si vestisse. E il film affronta proprio queste ultime settimane di vita. Perciò, è stato necessario reinventare il gusto passato della donna per adattarlo alle mode degli anni ’70. Parrini è diventato, come detto da lui stesso, “l’ultimo stilista di Maria Callas”.
Per quanto riguarda la serie “M” (di cui lo scrittore Antonio Scurati e l’attore Luca Marinelli avevano discusso sullo stesso palco poche settimane prima, qui l’articolo) l’aspetto dei costumi è stato molto travagliato. La serie oltre ad essere di maggiore durata rispetto ad un film, si svolge anche in un excursus temporale abbastanza difficile che va dal 1916 al 1924. Si tratta di un periodo in cui la moda andava molto veloce, soprattutto per le donne, e perciò erano molti i costumi da creare e adattare perché fossero attuali.
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Un archeologo stilista
Il costumista dice di sentirsi come un archeologo, qualcuno che “va a scovare quello che le persone buttano”. Infatti ha iniziato a collezionare abiti a 13 anni, quando ancora il concetto di vintage non esisteva. Questo interesse per la moda del passato nasce anche da delle sue riflessioni riguardo la moda di oggi:
Oggi è tutto fermo. […] Se tu vedi delle foto anni ’60, le signore sono anni ’60. Se tu vedi una foto del 2010, non senti il 2010. […] Quello che era su Vogue era per le strade.
Massimo Cantini Parrini
La teoria di Parrini è che “non c’è più passaggio di tempo” nella moda e nell’arte, ovvero che oggi manca qualcosa di preciso che va di moda e contraddistingue il periodo. E infatti gli abiti delle sfilate, che in passato rappresentavano le tendenze del momento, non si vedono per strada. Questa mancanza di una moda che riesca a rappresentare il presente si rivede anche nel nuovo rapporto odierno tra moda e passato: tutto è vintage e si trae forte ispirazione dal passato per le collezioni contemporanee.
Parrini per Radio IULM
A evento terminato, abbiamo avuto la possibilità di fare qualche domanda a Parrini. Ecco riportata l’intervista.
Durante l’evento ha detto che solo il 40% del lavoro viene fatto dall’università. Quindi qual è un consiglio che darebbe agli studenti per riuscire a fare questo 60% mancante?
Non è che non lo fa l’università, non lo fa la scuola in generale. Nel senso che se veramente hai passione per una materia, e quando vai all’università è una cosa che scegli tu non è più la scuola dell’obbligo, ci dovrebbe essere passione al 100%. Ma un professore con tantissimi allievi non può dedicarsi ad ognuno come vorrebbe ed il lavoro grosso lo dovete fare voi studiando quello che vi piace a casa. E’ la cosa più importante per arrivare ancora più preparati.
Ha fatto tanti film con Matteo Garrone. Come è nato questo sodalizio?
Matteo mi chiamò per “Il racconto dei racconti” ed è nato tutto da lì. Non ci conoscevamo ed è stato un incontro bellissimo per quanto mi riguarda, perché il mio lavoro è stato conosciuto in tutto il mondo attraverso lui. C’è sempre bisogno di un grandissimo regista dietro a un costumista per poterlo far emergere.
Mentre per quanto riguarda la collezione di cui si è tanto parlato, in che cosa consiste? Che cosa c’è in questa collezione?
La collezione consiste in più di 5.000 abiti d’epoca che vanno dalla fine del ‘600 agli anni ‘90 del ‘900. Sono raccolti in anni e anni di passione e studio. Quindi è un archivio ormai diventato enorme, quasi ingestibile da quanto è grande.
E qual è un pezzo che le piace di più?
Sono affezionato a un abito della Wiener Werkstätte che è un movimento artistico che inizia negli anni ‘10 del ‘900 in Austria. Mi fa impazzire quel momento. E’ un abito fatto da loro.
M – Il figlio del secolo è stato piuttosto criticato per l’accuratezza storica. Ma da un punto di vista dei costumi, invece, quanto è stato veritiero?
E’ stato veritiero. Noi ci siamo attenuti assolutamente a quella che è la storicità attraverso l’abbigliamento. E’ stato criticato come si critica tutto in Italia. Poi è stato criticato da una certa parte politica più che da un’altra, quindi anche quello è stato politicizzato, cosa sbagliata perché si racconta comunque la verità di un momento storico e la vita di una persona realmente esistita.
Un’ultima domanda, qual è un regista con cui ha sempre voluto collaborare, la sua collaborazione dei sogni?
Ce ne sono talmente tanti. Io adoro Wes Anderson, quindi spero, ma non succederà mai, ci spero.
Immagine in evidenza: Alice Poretti Donvito