“Giorgia Meloni s’è lamentata con i giornalisti perché le attribuiscono fra virgolette frasi mai dette. Quindi questo libro dovrebbe piacerle moltissimo, perché riporta fedelmente quello che lei, i dirigenti, i parlamentari e i ministri di FDI si sono scritti nella loro chat interna, rimasta attiva dal 2017 al 6 ottobre 2024, quando il nostro bravissimo segugio Giacomo Salvini ha causato la chiusura della chat perforandola più volte con scoop”. Così Marco Travaglio avvia la prefazione di “Fratelli di chat”, libro-inchiesta del giornalista Giacomo Salvini, che ci ha concesso una lunga e approfondita intervista di trenta minuti, disponibile anche integralmente in audio.
”Fratelli di Chat” è stato pubblicato il 7 febbraio 2025 da PaperFirst, casa editrice de “Il Fatto Quotidiano” e rapidamente ha raggiunto il terzo posto nella classifica dei libri più venduti secondo La Lettura del Corriere nella sezione “saggistica” e il quinto posto nella classifica generale. Il volume, che sonda il partito dall’interno con chat esclusive, è già alla seconda ristampa. La fonte è ancora tenuta segreta.
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Giacomo Salvini è nato a Livorno nel 1995 (30 anni) e dopo la laurea in Scienze Politiche debuttò al Corriere Fiorentino dove si occupava di cronaca e politica. Dopo il master alla Scuola di Giornalismo Walter Tobagi di Milano, dal 2017 è al Fatto Quotidiano prima come corrispondente dalla Toscana e poi come cronista parlamentare.
Ti aspettavi tutto questo interesse per il libro? A tua memoria è già successo che venissero pubblicate delle chat così ricche di esponenti del governo?
Probabilmente l’interesse che ha suscitato il libro e il successo che sta avendo è legato anche al fatto che fino ad oggi non c’era stato un prodotto editoriale di questo tipo. Mi spiego: erano usciti degli articoli di giornale da parte mia (e molti anche da parte di altri colleghi) che raccontavano di singole chat su singoli episodi della vita politica italiana. In questo caso, invece, il materiale che ho avuto erano le chat dei gruppi parlamentari di Fratelli d’Italia degli ultimi sei anni, che io ho utilizzato per ricostruire gli eventi politici tramite la viva voce del Presidente del Consiglio, dei ministri, dei dirigenti e dei parlamentari di Fratelli d’Italia. Perciò credo che questa sia un po’ la novità del libro e a questo sia dovuta anche la curiosità che ha portato tante persone a leggerlo e tante persone a comprarlo.
Se mi aspettassi tutto questo interesse? Ovviamente no, immaginavo avrebbe fatto rumore, ma devo dire che sono molto contento del successo che sta avendo e della posizione in classifica che non mi aspettavo assolutamente. Devo dire che questo fa ben sperare. Sono ancora molti gli interessati a leggere contenuti su temi politici.
Quando è nata esattamente l’idea del progetto editoriale? Di chi è stata l’intuizione del titolo “Fratelli di Chat”?
Quando mi è arrivato il materiale e ho iniziato a leggermelo. Quindi dopo ottobre 2024. Il titolo è stata una mia idea, in accordo con i direttori del giornale e la casa editrice, che hanno apprezzato molto. Devo dire che dà bene l’idea del contenuto del libro.
Come si realizza un prodotto editoriale di questo tipo proprio da un punto di vista giuridico? Quando il diritto di cronaca prevale sul diritto alla segretezza delle corrispondenze private?
Come spiego nell’introduzione, abbiamo fatto una decisione corale: pubblicare solo ciò che consideravamo notizie di interesse pubblico e giornalistico, ad esempio cosa pensava il sottosegretario alla presidenza del consiglio dell’attuale vicepremier, per quanto fosse un giudizio molto duro. (NdR: Mazzolari ha definito Salvini “ministro bimbominkia”). Abbiamo invece deciso di togliere gli insulti totalmente gratuiti che pure possano finire dentro una conversazione whatsapp. Teniamo conto che quelle chat andavano da un range di 65 a 150 partecipanti fra parlamentari, dirigenti e ministri di partito. Abbiamo eliminato il turpiloquio e le informazioni private.
Te l’ho chiesto anche perché il 13 febbraio il Garante privacy ha avvertito la vostra società editoriale segnalando una possibile violazione della normativa sulla privacy.
Il garante della privacy ha aperto un’istruttoria dopo alcuni reclami dei parlamentari e dirigenti di Fratelli d’Italia che erano presenti in quella chat e hanno fatto un reclamo. L’apertura di un’istruttoria non è già una decisione, è semplicemente un atto che segue a dei reclami e noi abbiamo risposto che faremo istanza per leggere quei reclami. Quindi nel merito non possiamo ancora rispondere.
Peter Gomez ha detto che Meloni da queste chat uscirebbe meglio rispetto all’idea pubblica che abbiamo di lei. Sei d’accordo?
Io credo che sia vero. Lo penso perché da queste chat esce fuori una Giorgia Meloni con delle caratteristiche precise, che spesso noi vediamo solo nel loro risvolto finale, cioè nelle decisioni che prende e nei risultati elettorali, che sicuramente le hanno portato in questi anni grande successo.
Per esempio, la capacità di saper leggere in anticipo i fatti politici e le strategie politiche. C’è un momento che è particolarmente complicato per Fratelli d’Italia, cioè il momento del febbraio 2021: dopo la caduta del governo Conte II, Mattarella fa un appello a tutte le forze politiche perché sostengano un governo di unità nazionale senza colore politico, quello di Mario Draghi. Lì Meloni detta proprio la linea, dicendo ai suoi che all’inizio avrebbero potuto avere anche un piccolo cedimento nei consensi, ma che la scelta giusta nel lungo periodo sarebbe stata quella di collocarsi all’opposizione.
E i fatti le daranno ragione perché, come racconto nel libro, a febbraio 2021 Fratelli d’Italia è il terzo partito. Dopo l’opposizione al governo Draghi, i rapporti di forza si invertono, per cui Fratelli d’Italia diventa primo partito e la Lega diventa addirittura quarta. Quindi, questo è un primo elemento: la capacità di capire in anticipo e avere una visione di lungo raggio sulle decisioni politiche, cosa che emerge anche dalle chat interne di Fratelli d’Italia.
Il secondo elemento è il decisionismo di una leader sola al comando. C’è solo Giorgia Meloni che decide alla fine e dà la linea ai suoi dirigenti di partito, spesso anche entrandoci in conflitto, ed è sempre lei a risolvere o smorzare i conflitti interni provocati da altri.
Il terzo elemento a me ha colpito molto. Lo ha messo in evidenza anche il mio direttore in una puntata di Accordi&Disaccordi. Giorgia Meloni chiede scusa, ammette di aver sbagliato internamente. È una cosa che non siamo abituati a vedere pubblicamente, e lei lo fa in diverse occasioni. Per esempio, un paio di volte lo fa durante il Covid, periodo che ricorderai essere molto confuso, dove nessuno sapeva bene che tipo di emergenza fosse. Giorgia Meloni, il 5 marzo 2020 va in televisione a La7 e definisce Conte, Presidente del Consiglio, “un criminale”.
Cosa succede? Che a quel punto si apre una discussione con un esponente importante della Repubblica, Federico Mollicone, oggi Presidente della Commissione Cultura, che invece ne aveva sparata un’altra, chiedendo a Conte e ai ministri del governo, allora giallorosso, di farsi il tampone (insinuando che fosse positivo al Covid 19). Lei gli dice che è un errore, che non bisogna fare queste uscite per la credibilità internazionale dell’Italia, e lui le rinfaccia il “criminale” a Conte. Lei replica:“Sì, ma io ho sbagliato, ho l’umiltà di chiedere scusa”.
C’è un’altra occasione, quando il 25 ottobre 2022, durante il discorso di insediamento alla Camera, Giorgia Meloni, parlando con i suoi parlamentari e dei centri di partito, a un certo punto scrive: “I miei ministri mi hanno detto che ho trattato male Conte, il taglio istituzionale proprio non mi si addice, è più forte di me”.
Insomma, si vede una leader che ammette a volte di essere sopra le righe, di aver sbagliato, di aver commesso un errore. È una cosa che non si vede nella sua faccia pubblica. In generale, questi tre elementi mi fanno dire che la Presidente del Consiglio ne esca molto bene.
Hai citato Giuseppe Conte. Una cosa che mi colpisce, leggendo queste chat, è che a tratti i toni verso il Movimento 5 Stelle sembrano più comprensivi di quelli riservati alla Lega. Non è che i due partiti si sentono meno distanti di quanto sembra?
La domanda è tanto interessante quanto complessa. Per rispondere, l’importante è partire da un contesto. Quando si viene a formare il governo giallo-verde, cioè il governo Lega-Movimento 5 Stelle, c’è qualche dubbio…aleggia anche l’ipotesi che Fratelli d’Italia possa entrare in quel governo, almeno come appoggio esterno o, appunto, come appoggio organico. Poi non se ne farà nulla perché alla fine saranno soprattutto i 5 Stelle a non volere questo tipo di accordo.
Ti ricorderai che a maggio 2018, quando il Presidente della Repubblica pone un veto sul Ministro dell’Economia, Savona, non sono solo il Movimento 5 Stelle di Di Maio e la Lega a chiedere l’impeachment nei confronti di Mattarella, è anche Giorgia Meloni a farlo. Quindi sicuramente il rapporto iniziale tra le due forze politiche (soprattutto dopo l’elezione del 2018) non è poi così ostile come invece con il Partito Democratico. Ovviamente, nel corso del tempo questo cambia.
In “Fratelli di Chat” riporto un passaggio che risale a gennaio 2022, quando nei giorni prima della ri-elezione di Mattarella, Giorgia Meloni e Giuseppe Conte si trovano sulla possibilità di eleggere un Presidente della Repubblica comune, e questo Presidente della Repubblica sarebbe potuto essere Elisabetta Belloni, che poi appunto abbiamo conosciuto anche in tempi più recenti. Le chat che porto a questo proposito sono state un po’ passate inosservate. Ma in quel caso Meloni spinge. Spinge per questo tipo di accordo. Addirittura alcuni dei suoi dirigenti di partito dicono che se avessero eletto Elisabetta Belloni a quel punto sarebbe caduto il governo Draghi. Teorizzano quasi una sorta di asse giallo-nero che va dal Movimento 5 Stelle alla Lega e Fratelli d’Italia.
Insomma, sicuramente in alcune fasi ci sono delle scelte strategiche che aprono a una possibilità di convergenza. Detto questo, credo che oggi il Movimento 5 Stelle abbia preso la decisione piuttosto precisa di stare nel campo del centro-sinistra e penso siano avversari che non hanno più grandi punti di contatto.
”Fratelli di chat” mette la lente su diversi fronti. Uno di questi è la politica estera, dove non sono mancate le rinunce a posizioni precise del partito. Qual è stata la giravolta più clamorosa?
La giravolta più evidente è secondo me quella sul ruolo che l’Italia deve avere nei confronti dell’Ucraina, quindi degli USA. Prima dell’invasione, Fratelli d’Italia ha per anni delle posizioni precise sulla Russia. Per esempio, fa una lunga battaglia per togliere le sanzioni a Mosca imposte dopo l’annessione della Crimea (2014). Crede che queste danneggino le imprese italiane. Prima di arrivare al governo, nella sua autobiografia Meloni scrive che la Russia sarebbe una specie di modello della cristianità europea.
Allo scoppio della guerra in Ucraina, il partito ha due scelte: seguire il filo-atlantismo della NATO oppure, come fa la Lega, non essere totalmente ostile verso la Russia dichiarandosi pacifista. Il problema si pone, e il partito sceglie la prima strada. Questo viene fatto attraverso una discussione interna. Il giorno dello scoppio della guerra, alcuni dirigenti di Fratelli d’Italia sostengono che l’invasione in Ucraina sia frutto di una strategia sbagliata dei democratici americani di Joe Biden, strategia che passa attraverso diverse fasi.
A quel punto interviene Giorgia Meloni, che sta partendo per la conferention dei Repubblicani a Washington. Dice che ci sarà tempo per discutere della strategia sbagliata dei democratici, ma che per il momento bisogna stare con gli USA senza esitazioni. Da quel momento in avanti, il sostegno del governo Draghi e poi del governo Meloni all’Ucraina sarà l’elemento chiave per accreditarsi nelle cancellerie internazionali e poter vincere le elezioni. Se Meloni non avesse fatto questo passaggio, sarebbe stato più complicato farsi accettare nei consessi internazionali.
In “Fratelli di Chat” si ride anche, rassicurerei il lettore…
Guido Crosetto, Ministro della Difesa, ne esce come una figura simpatica. È protagonista di un episodio tra i più divertenti…Lui è uno di quelli che dice la sua anche in pubblico, anche steccando rispetto al resto del coro. (NdR: accade che dopo mesi, il ministro si imbatte nella pagina Facebook di FDI e si accorge di “non esistere”: si scatena sul gruppo whatsapp lamentando che non viene abbastanza valorizzato il suo lavoro sui social. Dopo un serrato botta e risposta con Meloni, Crosetto abbandona la chat. La premier chiosa scrivendo “E dieci”, il numero delle volte in cui il ministro è uscito dal gruppo).
Quello che invece sembra mettere tutti d’accordo è il prurito per l’informazione. Come hai reagito quando hai visto comparire nelle chat il tuo nome e quello del tuo direttore?
Ti dirò, la cosa non mi è nuova. Mi aveva colpito di più quando successe. Sto parlando della famosa chat di Ottobre 2024 in cui racconto sul Fatto Quotidiano lo sfogo della Presidente del Consiglio: “Io mollerò per l’infamia di pochi”, con riferimento a chi aveva fatto uscire le chat relative all’elezione del Presidente della Corte Costituzionale. (NdR: venendo a conoscenza dai giornali che FDI ha intenzione di votare il “suo” presidente, al momento della votazione le opposizioni abbandonano l’aula per rendere nullo il tutto). Quando il racconto questa cosa, se la prendono con me. Mi sono anche molto divertito…il ministro Lollobrigida a un certo punto crea un parallelismo con un Dio greco.
Rispetto al direttore Travaglio, invece, da una parte si evince un certo modo (preoccupante) di intendere l’informazione da parte di FDI. C’è sicuramente un’idea di controllo ossessivo. Dall’altra parte, devo dirti che l’ipotesi di una legge ad personam contro il direttore del Fatto è di pura scuola: non ci credono nemmeno loro. Piuttosto preoccupante è invece il quadro insieme, anche se non è una prerogativa esclusiva a FDI. Credo che non sarebbe diverso anche per altri partiti, come ha sottolineato anche il ci-direttore Peter Gomez.
Scrivi che la parola “infame” si ripete 90 volte all’interno delle chat.
Si, è una parola che i dirigenti di Fratelli D’Italia usano molto, ma non ha propriamente una connotazione politica. Indica persone che “tradiscono”, tanto più se si tratta di soggetti amici. L’utilizzo della parola è abbastanza preoccupante. La figura dell’infame emerge in maniera evidente. Un’altra cosa che Meloni non ha risolto all’interno del partito sono gli scivoloni sul tema del fascismo. Lei su questo dà proprio delle direttive. La prima regola è considerare inesistente il problema dello spettro fascista. Se il problema non esiste, non ha senso parlarne. Più che parlare di ritorni al fascismo, a me interessa registrare, da cronista quale sono, che molti esponenti del partito vivono ancora questo tipo di nostalgie e questo si osserva in diversi messaggi. Il problema è che poi, come dice la stessa premier, alla fine “la faccia sulla merda” (letterale) ce la deve mettere lei.
Saresti riuscito a pubblicare un libro del genere attraverso altri giornali?
Ho la fortuna di lavorare per un giornale che dispone anche di una casa editrice, non è così scontato. Senza nulla togliere agli altri giornali, devo dire che la libertà di cui godo al Fatto e che mi hanno dato in questo caso sarebbero stati sicuramente ben pochi a lasciarmela. Per questo ringrazio il Fatto e PaperFirst.
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L’intervista è stata realizzata da Emanuele Aria
immagine in evidenza: Lettera43