Al discorso pubblico partecipa chiunque, dal ministro di turno che rilascia un’intervista irriverente, al content creator che su YouTube scaglia una frecciatina allo stesso ministro. E “il problema non è più quello di fare in modo che la gente si esprima, ma di procurare loro degli interstizi di silenzio a partire dai quali avranno finalmente qualcosa da dire”. Questo lo scriveva Deleuze. Del discorso sulla “cosa pubblica” oggi abbiamo tutti potere e responsabilità. Come scrive anche Byung-chul Han in Psicopolitica, siamo tutti spettatori e attori al tempo stesso, palco e platea sono quasi sinonimi e il diaframma che separava la convivenza fisica da quella mediatica si è spezzato. Detto ciò, ecco una manciata di lezioni (fra le tante) che abbiamo appreso nel 2024 e che riguardano tutti noi, corredate da sette proposte sparse per non rincoglionire nel 2025.
1. Festeggiare il capodanno solo se c’è qualcosa da festeggiare
Inutile stare a tergiversare, il capodanno è diventato un “momento distopico“. D’altronde, come dice la parola, è il “capo di tutti i danni“. A voler esagerare, il capolavoro dei danni. Non solo perché stavolta abbiamo diviso le nostre città in zone d’emergenza colorandole di rosso, arancione e giallo per arginare eventuali disordini (in alcune zone era vietato addirittura fermarsi), ma perché non c’è nulla che restituisca una sintesi perfetta come lo scoccare della mezzanotte, quando alle urla euforiche di festeggiamento collettivo (non si è ancora capito di cosa, forse dell’imminente scoppio della terza guerra mondiale) segue in due secondi il suono di un’ambulanza. Sinfonia di lacerante precisione.
Lungo le strade sentiamo il fiato di una paura generale indistinta, specialmente nelle metropoli, che si avvinghia paradossalmente al momento di passaggio dall’anno vecchio all’anno nuovo, mescolandosi al rumore di un entusiasmo gratuito, per quanto liberatorio. Come direbbe Zaia, “ragioniamoci sopra”! (con innalzamento sopraccigliare).
2. Togliere le credenziali a Daniela Santanché
Se già è inspiegabile come noi privati cittadini nel 2025 non abbiamo ancora capito che siamo passibili di denuncia quando commentiamo con insulti e calunnie sotto i post (perché giuridicamente è come se lo facessimo in una pubblica piazza), è ancora più assurdo che esponenti politici non sappiano usare le piattaforme che abitano, perché partono da una posizione diversa.
Quando il Ministro della Difesa Guido Crosetto alle critiche sui social risponde con fini espressioni quali “coglione” o “hater di m…” o con frasi del tipo: “In realtà era un tweet di felicità ma capisco che uno sfigato come lei non riesca nemmeno a capirlo”, abbiamo un piccolo problema. Non perché una persona famosa debba dare il buon esempio, qualsiasi cosa voglia dire, ma perché quando si esprime pubblicamente è il Ministro della Difesa e chi rappresenta lo Stato non dovrebbe mai attaccare un privato cittadino pubblicamente. E comunque, dare del “lei” non è considerata un’attenuante. Eppure, c’è ancora qualcuno che si illude che il proprio profilo social sia una dimora privata dove ha diritto su qualunque cosa e che sia il trionfo della propria libertà di espressione, quando in realtà siamo clienti che affittano una panchina virtuale in una piazza pubblica.
Crosetto, bisogna dirlo, almeno pubblica le sue partite a burraco sul profilo personale e non su quello del Ministero Della Difesa. Lo stesso non si può dire per Daniela Santanché, che per ovviare ai problemi di cui sopra, non riceve nemmeno i commenti, perché non c’è la possibilità di lasciarli: sono bloccati. Ma la cosa meravigliosa è che il giorno di Natale l’account ufficiale del Ministero Del Turismo pubblica un video familiare della ministra a tavola pronta per cenare…Tutto bene? Sì, era il 25 dicembre anche per gli assistenti alla comunicazione. Che dire, welcome to meraviglia!
3. Prendere atto che Tony Effe è un pericoloso corruttore di anime
Non saremo mai abbastanza adulti per ascoltare il trapper senza il rischio che la sua immoralità ci segni per sempre. Lo sa bene il Codacons (associazione il cui scopo è ancora oggetto di diversi studi), che prima della selezione dei cantanti destinati a salire sull’Ariston, aveva avvertito la direzione artistica di Sanremo che non avrebbe dovuto scegliere il famigerato e simili per i loro testi violenti e misogini, perché altrimenti avrebbero chiesto “l’allontanamento dei cantanti dalla città ligure in analogia a quanto previsto dall’art. 282 bis del Codice di procedura penale”.
Anche i consiglieri del Partito Democratico di Roma, che fecero pressione sul sindaco Gualtieri per cancellare l’esibizione di capodanno del cantante al Circo Massimo, sono fra i più avveduti. In molti hanno approvato questa operazione censoria perché Effe non saprebbe cantare, oltre a scrivere brani discutibili. In sostanza, ci va bene perché capita a lui e non a Vasco Rossi. E se un giorno capitasse a uno bravo?
Ma la domanda che si pone automatica in vista di Sanremo 2025 è la seguente: a Febbraio riusciremo a vedere l’esibizione del cantante senza restare traumatizzati? Sopravvivremo al tripudio di tatuaggi e scorrettezze? Rimarremo saldi sulla retta via, come Ulisse incatenato all’albero maestro della nave sedotto dal canto delle sirene? Sarà di cattivo gusto citarlo qui, ma Pasolini (uno dei registi più violenti, con buona pace del Codacons, vedi Salò) sosteneva che “il moralista dice di no agli altri, la persona morale lo dice solo a sé stessa”. Si parva licet.
4. Redigere una lista definitiva dei giornalisti che possono essere arrestati
Dopo una settimana dall’arresto della giornalista e podcaster Cecilia Sala in Iran senza capi di accusa ufficiali, lo Stato straniero ci ha fatto sapere che “sì, confermiamo, è qui. Ha violato le nostre leggi”. Allora ok. Il delirio non manca nemmeno da noi, visto che una parte di opinione pubblica si è scagliata contro di lei perché non rispetta la loro idea di giornalismo e “se l’è andata a cercare”. Anche qui si crea un precedente: se un giorno capitasse al giornalista che piace a noi? Non sarebbe carino nemmeno se capitasse a Bruno Vespa (cosa altamente improbabile visto che dorme negli studi di Porta a Porta)-
Ad ogni modo Il Foglio, in difesa della loro firma prigioniera, ci ha fatto sapere che “il giornalismo non è un crimine”. Un grande passo avanti del 2024 che dobbiamo riconoscere. Naturalmente qualcuno potrebbe aspettarsi che nel 2025 Il Foglio riveda le posizioni prese rispetto alla carcerazione di Julian Assange o alla legge di Nordio che la maggior parte della stampa italiana chiama “legge bavaglio” per un motivo, oppure che cominci a raccontare cosa vivono in questo momento i giornalisti palestinesi. Sarebbe interessante.
5. Impiegare meglio il tempo invece di fare proposte di legge sulla definizione di “bara” e “salma”
Di recente è uscito uno squisitissimo articolo di Pagella Politica, che illustra come nel 2024 i parlamentari “sembrano aver dato sfogo alla fantasia” in diversi casi con proposte di legge piuttosto curiose. Un parlamentare di Fratelli d’Italia, fra tutti i problemi che ci affliggono, avrebbe chiesto di riformare le norme che regolano l’attività delle onoranze funebri, con un disegno di legge lungo 16 pagine che affronta anche la definizione di “salma” e di “bara”. Speriamo che il 2025 non sia l’anno che ci porti alla tomba! Più allegro è invece il proposito della Lega di riconoscere “patrimonio culturale nazionale” la Vespa (della Piaggio, non Bruno che già ne fa parte). Il M5S invece ha proposto la “Giornata nazionale dell’ecospiritualità”. Non si può dire che non siamo un paese creativo.
6. Non fingere di aver ascoltato e capito i discorsi di Mattarella rimanendo svegli (si scherza, Presidente)
Ogni anno il Presidente della Repubblica legge il consueto discorso di fine anno, che di solito è una variazione sul tema dell’anno prima, ma che elettrizza sempre tantissimo e la cui vaghezza dà la possibilità a qualsiasi esponente politico di dire “è quello che ho sempre pensato anch’io, grande Presidente!”. Nello stupore generale dei lettori, stavolta Repubblica e Stampa sembrano essersi accordate a titolare “La scossa di Mattarella”. In effetti, riascoltando il discorso di quest’anno, potremmo dire che i momenti più ficcanti sono stati quando ha detto che, nell’ordine: la guerra è una cosa brutta, la sicurezza sul lavoro è una cosa importante, la violenza non fa bene, la società deve essere giusta e inclusiva. Come vedete, una torpedine! Nel 2025 potrebbe arrivare persino a dire che l’ambiente va rispettato. Occhio alla scossa!
7. Finirla una volta per tutte di dire che in Italia c’è un governo fascista
La certezza che non siamo governati da fascisti è molto semplice e deriva dalla presenza di Matteo Salvini ai trasporti: durante il ventennio pare che i treni arrivassero in orario.
Buon 2025!