“Lo zaino per andare è pronto: libri, acqua, computer, astuccio… c’è tutto dentro. Anche la lista della spesa è fatta. Dopo l’università, ricorda che devi portarti avanti con gli appunti e lo studio. La camera è in ordine. Bene, posso uscire adesso!”. Chiusa la porta di casa, ti fermi un attimo: “Ma stavo parlando a voce alta da solo? Sto davvero delirando.”
Perché pensare che parlare da soli sia sintomo di pazzia? In realtà, farlo è una boccata di ossigeno per il nostro cervello ed è anche segnale d’intelligenza.
Parlare a voce alta in cerca di autocontrollo
Autoconvincersi di qualcosa, scaricare un cumulo di stress eccessivo… parlare a se stessi a voce alta si rivela, a volte, un toccasana per la mente e non un’attività di cui dovremmo preoccuparci. Infatti, il cervello spesso trasforma in parole, i concetti che sta elaborando in modo da autoregolarsi.
Parliamo del cosiddetto self-talk, uno strumento utile a mantenere il controllo in situazioni di stress o, perlomeno, ad avere consapevolezza dei propri comportamenti e pensieri. Un esempio è dover gestire un attacco d’ansia improvvisa prima di un esame: sarà capitato almeno una volta di rivolgervi frasi come “Va bene, calmiamoci” o di iniziare monologhi a voce alta con “velocità x 2” impostata; il self talk, in questi casi, attiva la modalità di coping (traducibile in “reagire alle difficoltà”): reagire, cioè, a simili stati d’animo parlando a vanvera o confortandoci, in modo da calmare i nervi e recuperare pian piano l’autocontrollo (self-control).
Per giunta, è appurato che la pratica del self-talk è efficace anche nella riduzione di comportamenti impulsivi, creando una cooperazione tra il parlare a se stessi e il controllo delle emozioni, che consente di riflettere sulle proprie azioni e optare per scelte più responsabili e coscienziose. Questo perché parlare da soli è come avere un “colloquio privato” con la nostra coscienza, una pratica molto utile per lo sviluppo di una valida e progressiva maturazione intellettiva.
Il cervello “pensa a voce alta”
Nella nostra testa, se ci soffermiamo un secondo ad ascoltare, il brusio è senza sosta: “Domani mi devo ricordare questo e devo fare quello” “Piove, devo prendere l’ombrello”, “Oggi devo andare là e poi tornare qua”… un flusso continuo di pensieri che si riversa fuori dal nostro cervello, trasformandosi in un mare di parole dette a voce alta, molto spesso senza che nemmeno ce ne rendessimo conto.
Parlare da soli, a lungo andare, garantirà, a chi lo fa, capacità psicologiche più elevate e performanti rispetto a chi non lo fa. Ripetere a voce alta un discorso faciliterà la sua memorizzazione, imparandolo in più breve tempo. La ripetizione non serve ad altro che solidificare un pensiero nella mente, in questo modo, si intensifica l’attenzione del nostro cervello su quel determinato concetto, bloccando la strada a pensieri in quel momento invadenti e devianti.
Una sorta di mantra dedicato all’obiettivo da raggiungere, che ci evita di cadere nella trappola del flusso continuo, che non farebbe altro che distrarci. Proprio per questo, ancora un volta, il self-talk dimostra di essere molto utile per la buona riuscita delle nostre perfomance, dal ricordare, ad esempio, il nome di un prodotto da comprare, all’avere una mappa mentale di tutti i concetti indispensabili per prendere un ottimo voto all’esame.
Quindi, se parlo da solo non sono pazzo, giusto?
Se tutto quello che sin qui è stato scritto, non risulta ancora abbastanza convincente per dedurne la risposta, allora lo confermo: sì, se parli da solo non sei pazzo, anzi ne trai molto benefici per la mente.
Che avvenga davanti allo specchio, in giro per casa o sotto la doccia, parlare a voce alta è un’abitudine sana che ci aiuta a riflettere su di noi e su ciò che ci sta intorno, a chiarire idee ed a renderle più tangibili e concrete. Parlare a noi stessi è una forma di rassicurazione: ascoltarci infonde coraggio, accresce la nostra autostima e aiuta a essere più incisivi nelle discussioni con gli altri. Per questo è importante ricordarci di non sfruttare quei momenti d’intimità con noi stessi per rimproverarci gli sbagli commessi. La negatività non è concepita: dobbiamo imparare a infondere in noi stessi parole che ci aiutino a crescere, le stesse che riserveremmo ai nostri migliori amici.
L’eloquio con se stessi, ci viene in soccorso anche davanti a un importante bivio della nostra vita: ascoltando i nostri pensieri espressi a voce alta, ci permetterà di osservare la situazione da prospettive diverse, ampliare ancor più la mente, così da seguire la strada giusta, il più delle volte.
Ma, c’è sempre un MA: quando diventa patologico
Il self-talk, per quanto abbia molti gli aspetti benefici, può anche diventare un campanello d’allarme, in particolare in tre casi: il primo, il frequente presentarsi del fenomeno, al di fuori delle normali casistiche; il secondo, la presenza di un “amico immaginario”, soprattutto in età adulta; il terzo, sentire altre voci.
Nel secondo caso, se questo interlocutore è persistente nella vita di chi coltiva questa particolare amicizia, è necessario capire il ruolo e l’importanza di questa entità, poichè potrebbe non trattarsi di un compagno di giochi, ma di una figura negativa o persecutoria di cui la persona non riesce a liberarsi.
Il terzo invece è il fattore più grave, in quanto sintomo tipico di patologie come deliri, paranoie, che possono arrivare fino alla schizofrenia, poichè queste “voci” presenti nella testa potrebbero promettere grandi cose alla persona che le sente, ma anche manipolarla con frasi allusive o spingerla a compiere azioni pericolose per se o per gli altri.
Tirando le somme, parlare a voce alta è una boccata d’aria fresca per il nostro cervello, che con questa pratica si può organizzare e concentrare più facilmente, trasformando la miriade di pensieri che elabora continuamente, in suoni sensati. Tuttavia, come si fa con qualsiasi altra cosa, è meglio non abusarne… anzi, tenere questa abitudine sotto controllo, può essere una saggia idea, da esprimere a voce alta.
immagine in evidenza: opiniao