Jazz: 5 album per iniziare ad ascoltarlo

Per alcuni è un ammasso di note senza un ordine preciso. Per altri è musica per intenditori, un club esclusivo. Come spesso succede, la verità sta nel mezzo. Il jazz ha trasformato il panorama musicale mondiale proprio grazie alla sua caratteristica fondamentale di reinventarsi costantemente. È dunque ben lontano dall’essere quel genere intimidatorio che molti lo ritengono, o peggio, un’enigmatica cacofonia di strumenti. È espressione, dialogo e innovazione senza confini. Questi sono 5 album per convincere anche i più scettici.

Breve storia del jazz

Il jazz nasce da uno scontro di culture, emozioni e improvvisazioni: la voce della libertà nelle colonie di schiavi afroamericani degli anni ’20. Questa musica è un mescolarsi di vari stili, come blues e gospel, con una forte influenza delle work song. Il primo disco jazz viene inciso a New Orleans, nel 1917, dalla Original Dixieland Jazz Band. Da questo momento in poi, la popolarità del jazz impenna, diventando musica da ballo ed evolvendosi ogni giorno in qualcosa di diverso.

Chet Baker Sings – Chet Baker

Uno tra gli album più iconici amati del jazz vocale, è decisamente un buon primo passo per approcciarsi al genere. La morbida voce del trombettista, conosciuto per il suo modo delicato di suonare, non è né potente né tecnicamente impeccabile. Forse però è proprio questo che gli attribuisce quel fascino unico: trasmette vulnerabilità, sincerità e un romanticismo travolgente. Inoltre lo stile della tromba è essenziale, senza particolari virtuosismi che ad un orecchio poco allenato possono sembrare inutili.

Ogni traccia è un piccolo gioiello, con arrangiamenti che mettono in risalto la purezza dell’esecuzione. Spicca sicuramente “My Funny Valentine“, una delle interpretazioni più celebri, malinconica e intima. Un altro brano da non perdere è “I Fall In Love Too Easily”, una confessione dolce e vulnerabile.

What a guy, what a fool am I
To think my breaking heart could kid the moon

I Get Along Without You Very Well (Except Sometimes) – Chet Baker

Time Out – The Dave Brubeck Quartet

Questo album, pubblicato nel 1959, ha rivoluzionato il jazz grazie ai suoi ritmi insoliti e le sue melodie memorabili. I tempi dispari delle canzoni creano strutture ben lontane dal classico 4/4 delle canzoni dell’epoca. La complessità ritmica però coesiste con l’immediatezza emotiva che attraversa ogni brano. I membri del quartetto, Dave Brubeck al pianoforte, Paul Desmond al sassofono contralto, Joe Morello alla batteria e Eugene Wright al contrabbasso, interagiscono come fossero in simbiosi, costruendo un capolavoro che unisce innovazione, musicalità e accessibilità.

Dave Brubeck, da Picryl

Ella and Louis – Ella Fitzgerald, Louis Armstrong

Quest’album, pubblicato nel 1956, descrive perfettamente la fusione tra l’eleganza dello stile di Ella Fitzgerald e la voce roca e inconfondibile di Louis Armstrong, insieme ovviamente alla sua abilità musicale alla tromba. Fu un successo sia per il pubblico che per la critica ed è una pietra miliare del jazz vocale. Tra i pezzi ne troviamo alcuni reinterpretati, come “Cheek To Cheek“, scritto originariamente da Irving Berlin nel 1935 e “They Can’t Take That Away From Me“, scritto da George e Ira Gershwin nel 1937.

Ella Fitzgerald, da Store Norske Leksikon

I due artisti propongono questi pezzi con arrangiamenti di una naturalezza e di una profondità emotiva tali da renderli classici intramontabili del jazz. L’affascinante contrasto tra la purezza tecnica di Ella e il timbro graffiato di Louis creano un’atmosfera straordinaria, fornendo un esempio senza tempo di come due leggende possano unire i loro talenti per creare qualcosa di memorabile.

I was a stranger in the city
Out of town were the people I knew
I had that feeling of self pity
What to do, what to do, what to do
The outlook was decidedly blue

A Foggy Day – Ella Fitzgerald, Louis Armstrong

The Black Saint and The Sinner Lady – Charles Mingus

Questo album, pubblicato nel 1963, è considerato una delle opere più ambizione e visionarie della storia del jazz, che unisce elementi del jazz orchestrale, del free jazz, della musica classica e del flamenco in un’unica suite continua. I brani sono pensati, infatti, per essere ascoltati come un unico flusso musicale. I classici strumenti del genere vengono combinati a strumenti come la chitarra classica e il flauto, dando vita ad un sound ricco di sfumature. Le sensazioni trasmesse da questi pezzi passano dalla gioia alla disperazione. Mingus stesso descrisse l’album come un tentativo di descrivere la sua psiche, in equilibrio precario a causa della condizione degli afroamericani in quegli anni. L’album è dunque un messaggio di speranza ed emancipazione sociale.

Charles Mingus con il suo contrabbasso, da Flickr

Out To Lunch – Eric Dolphy

Quest’ultimo album, pubblicato nel 1964, è considerato il capolavoro di Dolphy e uno degli esempi più influenti di free jazz e avant-garde jazz. Le sue strutture complesse si combinano all’improvvisazione libera, esplorando possibilità timbriche e armoniche al limite tra il jazz tradizionale e l’avanguardia. Dolphy suona ben tre strumenti diversi nell’intero album: sassofono contralto, clarinetto basso e flauto, dimostrando la sua maestria tecnica e versatilità. I pezzi forti dell’album sono “Hat and Beard“, brano iconico caratterizzato dal tema frammentato e dall’interazione libera tra i musicisti, e “Out To Lunch“, che dà titolo all’album stesso e rappresenta un momento di introspezione nel contesto dell’album.

Eric Dolphy, da The New Yorker

Di certo non può essere definita musica facile o di sottofondo, altro pregiudizio della musica jazz: questo album è un viaggio che richiede apertura mentale. La sua forte influenza anche nella musica rock dimostra la grandezza di questa performance straordinaria, grazie al perfetto dialogo tra libertà improvvisata e precisione.

Immagine in evidenza: Unsplash

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