Non era da lei lasciarsi andare alla negatività, e sapeva che abbattersi non l’avrebbe aiutata. Così, un pomeriggio, tra un respiro lento e la calma forzata delle sue giornate immobili, decise di accettare la situazione. Forse, pensò, c’era un motivo se la vita l’aveva costretta a fermarsi. Iniziò a riflettere su cosa veramente desiderasse, su ciò che le dava senso, su cosa significasse davvero “andare avanti.”
Si rese conto che per troppo tempo aveva cercato di rincorrere una velocità irraggiungibile, un ritmo che non era il suo. Voleva solo raggiungere gli altri, ma gli altri chi?
Quale sarà il limite di questa maratona?, si chiedeva affannata.
L’unica cosa che le interessava inseguire, in quel momento, era la velocità della luce così da poter smettere di percepire il mondo che le girava attorno e unirsi a quest’ultimo. Smettere di sentire nelle viscere il peso di ogni suo passo, di ogni sua corsa.
Ora, costretta all’immobilità, capiva che quello che desiderava più di ogni altra cosa era qualcosa di molto più semplice, eppure prezioso: voleva la salute, la serenità, un equilibrio che non dipendesse dalla velocità con cui attraversava la sua vita.
Non le importava fare tanto, fare di più degli altri, o riuscire a controllare ogni dettaglio. Voleva solo riuscire a fare, e a farlo bene. Le importava poter tornare a vivere senza quella morsa al petto, senza vertigini che le impedissero di restare in piedi. Sognava il giorno in cui avrebbe potuto di nuovo camminare con la sicurezza di non cadere, di poter spostarsi senza paura di dover scappare in bagno. Voleva poter respirare liberamente e sentire la leggerezza di ogni risata che le usciva spontanea.
La forza che la spingeva a riprendersi non erano gli obiettivi accademici o i successi che si era prefissata. Era molto più semplice e sincero di quanto pensasse: voleva essere in grado di sorridere di nuovo, di ridere con le poche persone che le avevano davvero dimostrato affetto, di godersi il tempo che le era stato dato. Non erano gli impegni o le scadenze a darle motivazione, ma la voglia di sentirsi di nuovo in vita, di potersi muovere, parlare. Amare e sentirsi amata.
Iniziò così a osservare ogni giornata con occhi diversi, a vedere quei momenti di immobilità come una possibilità per ritrovarsi e accettare le sue fragilità. E sebbene la strada fosse lunga e incerta, dentro di lei cresceva la certezza che un giorno avrebbe trovato la sua strada, e che la serenità e l’equilibrio che cercava non si trovavano solo nel fare di più, ma nel fare le cose al proprio ritmo, senza bisogno di inseguire nessuno.