Era una mattina come tante, un giovedì per l’esattezza, di quelli che non promettono sorprese.
Ancora pochi giorni e Emma avrebbe affrontato l’esame che preparava da mesi, quello che da tempo le riempiva i pensieri e, in qualche angolo nascosto, la metteva anche a dura prova. Si alzò dal letto e, con gesti automatici, raggiunse la cucina per preparare il caffè.
La testa le pesava, un preludio che conosceva bene, il segnale di un mal di testa in arrivo, uno di quelli che negli ultimi tempi sembravano inseparabili compagni delle sue giornate. “Comprensibile,” mormorò tra sé, “Con tutto quello studio, il lavoro, le lezioni e una vita sempre di corsa, c’era da aspettarselo. Dopotutto un’aspirina e un power nap nel pomeriggio risolveranno tutto, come sempre.”
Caffè alla mano, si diresse in camera per mettersi subito al lavoro: il weekend sarebbe stato pieno, con due compleanni a cui partecipare, voleva fare le cose con calma, così da non dover rinunciare a nulla. Accese il computer, aprì i file di economia così da sistemare velocemnte gli appunti e poi dedicarsi al ripasso pre-esame.
Dopo soli 10 minuti però si rese conto che il mal di testa, che quella mattina aveva avvertito come un lieve fastidio, si trasformò in una morsa sempre più intensa. Man mano che scorreva il tempo, il dolore sembrava avvolgerle la testa in una stretta insopportabile, fino a impedirle di concentrarsi. Decise di sdraiarsi un momento, ma nel tempo di pochi minuti il dolore aumentò ancora, accompagnato da una nausea improvvisa e vertigini che le facevano girare tutto attorno.
Cercò di calmarsi, respirare lentamente, e si disse che forse con un po’ di riposo le sarebbe passato. Ma era solo l’inizio. Nel giro di qualche ora, si ritrovò ancora più debole e stordita, incapace di reggersi in piedi. Fu allora che decise di chiamare sua madre, e insieme corsero al pronto soccorso. I medici, dopo una lunga attesa, le fecero alcuni esami di routine, ma nessuno riuscì a individuare con precisione la causa del suo malessere. “Sarà stress” le dissero. Ma dentro di lei, sentiva che c’era qualcosa di più.
Nei giorni successivi, anziché migliorare, le sue condizioni peggiorarono. Non riusciva a stare in piedi senza che le venisse la nausea, le vertigini erano così forti che le impedivano di muoversi da una stanza all’altra. Il suo mondo sembrava aver perso equilibrio, la stabilità di ogni cosa vacillava. Guardava fuori dalla finestra la vita scorrere, e il pensiero che l’esame che aveva preparato per mesi sarebbe stato rimandato la faceva sprofondare in un senso di vuoto e impotenza.
Lei, che era abituata a non fermarsi mai, a incastrare ogni minuto della giornata tra lezioni, studio e lavoro, si ritrovava ora bloccata, sola, tra le pareti della sua camera. Guardava la pila di libri sul comodino e sentiva una stretta al petto: ogni pagina non letta era un’occasione persa, ogni giorno sprecato. Si sentiva indietro, come se fosse rimasta in una realtà immobile mentre il resto del mondo andava avanti senza di lei.
Il quarto giorno, la situazione era immutata. I mal di testa, le vertigini, la nausea. Non c’era via di uscita. Gli amici, i colleghi, tutti proseguivano con le loro vite, e lei restava lì, sola, con la sensazione che il tempo scivolasse via. Era come se le sue ambizioni, i suoi sogni, fossero stati travolti da quella strana malattia, e il mondo che conosceva fosse diventato irraggiungibile.
Si sentiva persa, come se non solo la stanza, ma tutto il suo mondo le stesse girando attorno. Quello che fino a pochi giorni prima le sembrava così chiaro e definito, ora appariva sfuocato, inaccessibile.