‘’Familia’’: la maschera dell’uomo perbene in un film

Presente alla 81ª Mostra del Cinema di Venezia e uscito nelle sale italiane il 2 ottobre, ‘’Familia’’ conferma quanto la tematica femminile stia a cuore al regista cosentino Francesco Costabile. Il film è tratto dal libro autobiografico ‘’Non sarà sempre così’’ di Luigi Celeste.

L’eterno circolo del perdono

Licia (Barbara Ronchi) è una mamma dedita al lavoro e alla cura dei suoi due figli, Luigi ‘’Gigi’’ (Francesco Gheghi) e Alessandro Celeste (Marco Cicalese). Tuttavia, la sua vita è tutto tranne che tranquilla, perché soggetta alle quotidiane violenze del marito Franco (Francesco Di Leva), reduce dalla galera. Allontanato dalla sua ‘’familia’’, Franco ritorna dopo dieci anni, pronto a riprendersi ciò che gli appartiene e perdonato nuovamente dalla moglie. Ma dovrà fare i conti con una realtà diversa: Luigi, in cerca di una sua identità, è entrato a far parte di un gruppo neofascista, mentre Alessandro non è più il bambino inerme di un tempo.

Quando il ‘’sentire’’ risulta più efficace del ‘’vedere’’

In ‘’Familia’’ ciò che c’è di decisivo e inedito è la chiave interpretativa scelta da Costabile. Non è un film che predilige la violenza tramite la messa in scena: il suo potere risiede, infatti, nel far sentire e percepire quello che avviene all’interno delle mura domestiche.

La suspense è un espediente importante che accresce l’inquietudine e il senso disturbante dell’intero impianto narrativo. La porta dietro la quale avviene il repentino maltrattamento funge come da difesa tra noi spettatori e il film, tra i fratelli ancora bambini e la brutalità in atto. Insomma, nel film troviamo, sì, scene brutali, ma esse non costituiscono la vera linea narrativa che il regista adotta. Perché non mostrare ciò che si sente risulta ancora più impattante e destabilizzante di quanto si creda.  

Un fotogramma del film, da cinema.icrewplay.com

Un film corale, ma Francesco Gheghi è la punta di spicco

Vincente, e senza dubbio essenziale, è l’interpretazione di ogni attore, così come l’apporto di ogni personaggio. Ognuno è a suo modo un tassello fondamentale verso il climax finale. Ritroviamo la talentuosa quanto versatile Barbara Ronchi con la sua Licia, che conferma la bravura riconosciuta tardi dal mondo dello spettacolo. Il ruolo del cattivo spetta invece all’attore napoletano Francesco Di Leva, amato dal pubblico per la sua interpretazione nel film ‘’Il sindaco di Rione Sanità’’, nel quale ricopre il ruolo di ‘’uomo d’onore’’. Il nuovo talento chiave per la generazione di giovani attori è poi quello di Francesco Gheghi, vincitore come migliore attore protagonista a Venezia, nella sezione “Orizzonti“. L’attore romano, anni ventidue, si è misurato con un ruolo tanto delicato quanto incisivo nella sua carriera attoriale, ma prima di tutto personale.

Per me è stata una storia forte, fortissima. Mi ha fatto capire quanto sono fortunato ad avere la famiglia che ho. Adesso non do più per scontate tante cose… Spero che questo film venga visto da tanti giovani, perché saranno le mamme e i papà del futuro.

Francesco Gheghi, in un’intervista a Style Magazine
Un fotogramma del film, da movieplayer.it

L’amore come luce in un film dove regna il buio

Per Licia il suo era amore, ma la verità è che si trattava di un amore malato. Il coraggio è anche questo: riconoscere la matrice riparatoria di un amore sano e quella di un amore malato. In qualche modo è questo l’unico raggio salvifico per Luigi: Giulia (Tecla Insolia), la sua ragazza. Non solo viene vista da Luigi come punto di riferimento, ma è anche un riflesso di crescita personale, di come lui stesso riconosca i propri tratti violenti e nocivi per poi ripudiarli alla fine. Infatti, dopo il climax finale, la sua ancora di supporto e di salvezza sarà Giulia, che lo conforterà con un’ultima frase anch’essa piena di speranza: ‘’Non tutto sarà sempre così’’.

Oggi Luigi Celeste è un informatico che lavora presso una multinazionale.

Sono un esperto di sicurezza informatica, conosciuto a livello europeo, ma il riscatto lo devo solamente a me stesso, non alle istituzioni che mi hanno abbandonato per rinfacciarmi ad ogni occasione il mio passato. Credetemi, nessuno abbraccia l’odio volontariamente, la vita dipende dal contesto in cui nasci, dalla fortuna, da quella mano a cui vorresti aggrapparti quando stai per cadere e purtroppo, troppo spesso, nessuno ti dà.

Luigi Celeste, in un’intervista al “Le Iene”

Familia” è una storia avvincente e drammatica che, analogamente al film “Il tempo che ci vuole” (di cui si può leggere qui), è stata presentata lo scorso settembre ed è da poco fruibile al cinema, non fatevelo perdere!

Immagine in evidenza: The Cinema Show

Autore

Lascia un commento