Ritratto di un giovane visionario: intervista a Simone Peluso

Simone Peluso è un giovane regista e filmmaker che sta facendo parlare di sé nella scena musicale italiana e internazionale. Con una carriera in ascesa, Simone ha già collaborato con artisti del calibro dei Måneskin, Fedez, Blanco, e molti altri. Abbiamo avuto il piacere di intervistarlo e scoprire di più sulla sua passione per i video, sul suo processo creativo, e sulle sfide lavorative che ha dovuto affrontare con alcuni dei nomi più noti della musica.

Come è nata la tua passione per i video e quali sono stati i tuoi primi passi in questo settore?
Ho fatto parkour per 5 anni. Ho cominciato così, documentando i miei pomeriggi di allenamento insieme al mio gruppo. Più tardi ho smesso di allenarmi, ma ho continuato con i video che mi stavano piacendo sempre di più.

Quanto è importante il rapporto tra video e musica per te? Pensi che i video musicali influenzino il modo in cui le persone percepiscono e vivono la musica?
Per me è fondamentale. Credo che l’audio faccia il 70% di un progetto video. Che sia una musica, una colonna sonora, o solamente dei suoni, l’audio crea il mondo a tutto il progetto, e ti ci immerge dentro. I music video influenzano inevitabilmente l’immaginario che si ha dell’artista. Alla fine ci piace ascoltare quello che ci piace, ma abbiamo anche una necessità inconscia di ritrovarci ed immergerci in quel mondo.

Hai lavorato su tanti progetti diversi tra loro e con artisti come i Måneskin, Fedez, Angelina Mango, Post Malone, Tredici Pietro e Blanco. In che modo cerchi di mantenere l’autenticità dell’artista nel video, senza sovrastare la loro personalità con la tua visione registica?
Cerco di individuare subito in ogni artista la sua caratteristica visiva più spiccata, poi partendo da quella mi piace studiarci un mondo intorno che ne abbia un senso. Se capisci quali sono i punti di forza ti basta lavorare e spingere su quelli, non è necessario costruire qualcosa di finto e che non appartenga in nessun modo all’artista.

Grandi nomi equivalgono anche a grandi responsabilità. Come gestisci la pressione di lavorare con artisti di grande fama e le aspettative elevate che derivano da tali collaborazioni?
Cerco di lavorare sempre nello stesso modo, essendo il meno invasivo possibile. Gli artisti sono persone, ognuno va preso a modo suo. Non faccio distinzione tra artisti più o meno riconosciuti in quello che facciano, più si crea un rapporto umano sincero, più è semplice contribuire a un bel progetto insieme. I music video in particolare servono a rafforzare o cambiare la percezione di un immaginario dell’artista. Più ci si diverte, e meno lo si tratta come un lavoro, meglio esce il tutto.

Il montaggio è una parte fondamentale del tuo lavoro, qual è il processo creativo che segui per tradurre una canzone in video?
Ho cominciato montando i miei primi progetti e non mi sono più staccato. Credo in una forte sinergia tra regia e montaggio. Solitamente comincio a lavorare su un progetto immaginando già il montaggio finale; adesso più che mai sto cercando di lavorare singolarmente su ogni immagine, capendo già come connetterle e perché.

Tra i vari artisti con cui hai collaborato, si nota un forte legame con Blanco. Come si è sviluppato il vostro rapporto professionale?
Con Riccardo è cominciato tutto come se ci fosse qualcosa di condiviso fra tutti. Ogni progetto non era a sé stante, ma faceva sempre parte di un qualcosa di più grande. Anche il rapporto fra di noi è cominciato così. La fiducia reciproca ci ha aiutato tanto, ognuno ha fatto quello che semplicemente sentiva senza troppi paletti o difficoltà.

Oltre alla direzione del docufilm “Bruciasse il cielo”, hai preso parte anche alla direzione artistica del video di Desnuda, il primo singolo in spagnolo di Blanco. Come è stata l’esperienza di dirigere un progetto di questo calibro e qual è stata la ragione di scegliere la Colombia come location per il video?
Riccardo aveva già scelto la Colombia per il suo progetto in spagnolo. Ha sempre apprezzato il Sud America, Medellin era una delle mete migliori per sviluppare il suo nuovo progetto musicale. “Desnuda” è stato divertente come non mai! Abbiamo ritrovato la passione dei progetti di corsa e organizzati giorno per giorno e pieni di problemi. Avevamo tutti gli ingredienti per una ricetta incredibile. Poche e fantastiche persone, l’esperienza di un viaggio in mezzo, luoghi surreali. Dovrebbe essere sempre così.

Quali sono i tuoi obiettivi futuri nel campo dei video musicali? Ci sono artisti o progetti con cui sogni di lavorare?
Vorrei cercare di seguire sempre meno progetti possibili, per dedicarmici meglio e curarli di più. Sto lavorando a qualche progetto emergente per contribuire a costruire un immaginario da zero. Mi piace scovare e lavorare con persone che hanno qualcosa da dire, ma delle quali ancora nessuno ne sia a conoscenza.

Si parla tanto di Intelligenza Artificiale e di come questa possa impattare in molti campi. Nel mondo delle produzioni video, pensi che rappresenti una minaccia per la creatività umana o la vedi come
un’opportunità per espandere le possibilità creative e tecniche nel settore?

Dal mio punto di vista credo che l’Intelligenza Artificiale ci offra tantissimi strumenti per alzare il livello di ogni progetto. Sicuramente il livello medio si alzerà, e ne creerà un nuovo standard. Parte tutto comunque da un pensiero, da un’organicità e da un mondo unico che ritroviamo dentro ognuno di noi. Sicuramente se si hanno già le idee chiare su quel che si vuole fare sono ottimi strumenti!

Cosa consiglieresti a un giovane filmmaker che sta iniziando ora? Quali sono gli errori comuni da evitare e i passi cruciali da seguire?
Dipende inevitabilmente dagli obiettivi; in generale se fai sempre quello che ti piace, in ogni tipologia di progetto, non sbaglierai mai. Se segui quello che senti, stai percorrendo la tua visione, e in ogni caso sarà un successo. Se dovessi dare un consiglio, suggerirei di non cercare di replicare troppo quello che vediamo in giro, cercando a tutti i costi un’identità nelle immagini che vediamo in giro. Col tempo ho capito che i veri stimoli creativi arrivano dalle esperienze e dalle relazioni. E soprattutto arrivano quando devono arrivare.

Matteo Denami

Immagine in evidenza: José Limbert

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