I Metallica con gli impermeabili a Milano: dopo gli AC/DC di sabato, ecco in sordina la band metal più famosa al mondo. Di seguito, la recensione del live.
“Metallica!”
Milano, 29 maggio – Il cielo è azzurro sopra Milano. Nonostante questi giorni di primavera-quasi-estate ci abbiano regalato più pioggia che sole, ora alziamo le braccia a un soffitto di nuvole bianchissime, come a invocare che cada ancora più acqua: “Metallica!” si leva in aria un’ovazione, in grembo alla capitale lombarda. È quanto meno si potesse sperare da un concerto della band metal più famosa al mondo. Una giornata così bella da far invidia ai più fortunati monacensi del 24 maggio, inghiottiti da un ciclone di tuoni e fulmini, che donano alla musica la potenza folgorante che merita. Peccato. Ma se non altro, i Metallica non hanno bisogno di questi effetti visivi da Madre Natura per essere folgoranti. E a questo giro lo sono stati anche a sufficienza.
Si aprono le danze a suon di AC/DC e Morricone
Sono da pochi secondi passate le 21, il palco è pronto a ospitare i veri protagonisti di questa primissima giornata degli I-Days, all’Ippodromo La Maura. E, come di consueto, non la voce di Hetfield, bensì quella del mitico Bon Scott, prorompe nelle orecchie delle migliaia di persone venute a godere del momento. “It’s a long way to the top (If you wanna rock ‘n’ roll)” è la magica canzone firmata AC/DC, che solo pochi giorni prima avevano suonato a Reggio Emilia. A seguire, la pièce musicale favorita dal frontman californiano. Per il film “Il buono, il brutto e il cattivo” del Leone nazionale (e internazionale), “The ecstasy of gold” regala una lacrima dolce agli entusiasti del leggendario Ennio Morricone.
Le prime tracks di una scaletta su misura
Il concerto avrebbe potuto, in verità, dirsi concluso qui. Ma così non è stato. E per ovvie ragioni, i Metallica hanno proseguito con la loro scaletta, stabilita a tavolino tra un sigaro fumato e un riff di chitarra. Una scaletta che però, diversamente dal concerto a Monaco di Baviera, ha rivelato delle sorprese tutte italiane. A partire dal brano in cima al resto: “Creeping death” è il primo pezzo tra tanti a essere stato assente dalla setlist tedesca. E poi le campane rintoccano, ad accompagnarle un lamento di chitarra che fissa il pubblico all’anno 1984. “For whom the bell tolls” conserva intatto il tenore della traccia che l’ha preceduto, moltiplicandolo per mille in potenza.
Ma la corsa non si ferma certo qua. Se ci si aspettava qualcosa del “Black Album“, i quattro non si fanno pregare. Come terzo brano, in lista ci piazzano “Holier than thou“, messo giusto giusto lì a scaldare gli animi per quello che viene dopo: “Exit light, enter night“. Andiamo! La conoscete tutti, è “Enter Sandman“.
Fine primo tempo. Sì, perché adesso vengono le canzoni del nuovo album del 2023. Sono “72 Seasons” (omonima del disco), “Too far gone?“, “Shadows follow” e ultimissima “Lux Æterna“. A dare la carica giusta sono proprio i “Four Horsemen”: Robert Trujillo col suo trick di far roteare il basso elettrico intorno al collo finché non si stacca e gli cade – cosa non successa, fortunatamente –, Kirk Hammett che tenta grandiosi assoli con le unghie smaltate di nero, Lars Ulrich con la faccia da spiritato che batte sulle pelli con una grinta inusitata e James Hetfield che si improvvisa Hendrix e con le dita veloci sul manico tenta di dare fuoco alla chitarra – pure questa cosa non successa, ma sarebbe stato bello vederla succedere.
Un grand finale coi fiocchi… e con l’heavy
Arriviamo, dunque, verso la conclusione del concerto. È con l’arrivo della fine che si sganciano le bombe più pesanti: “Welcome home (sanitarium)“, seguita dall’instrumental “Orion” dello stesso “Master of puppets“, l’album classe ‘86 reso noto al mainstream da Stranger Things 4. Ma non può nemmeno mancare all’elenco “Nothing else matters“, che conferisce un tono più disteso e al tempo stesso teatrale alla performance. Precisamente in occasione di questo brano, il maxischermo al centro dell’arena smette di funzionare di punto in bianco – ma da una parte è stato meglio così, dato il tremendo lag della registrazione, che ha accompagnato gli spettatori più in fondo per tutto lo spettacolo.
Comunque “Nothing else matters” passa quasi inosservata. Perché tutto deve ancora crollare non appena Hetfield pronuncia la fatidica domanda: «Do you want heavy?». E, al “sì” isterico del pubblico, a raffica partono “Sad but true”, “Seek & destroy” e “One”. Sparate come proiettili di pistola, inghirlandano le grida compiaciute dei fan, rendendoli molli alle gambe e senza più voce.
In ultima istanza, prima di salutare Milano per la centesima volta, Hetfield e i compagni di palco, di vita, di musica, si lanciano nell’eseguire il brano finale definitivo: “Master of puppets“, che prende il nome dall’LP, toglie ai presenti le ultime energie serbate per questo momento di gloria.
Si tirano le somme
Coi Metallica sul palco, si dà vita a uno spettacolo totale, con fuochi d’artificio, fiammate in cielo e luci lampeggianti che abbagliano il volto buio della notte. Il frontman, dopo l’ultima canzone, ancora una volta si appella a chi gli sta davanti: ci rivedremo, ma non abbastanza presto, dice portandosi le mani al petto. Un concerto emozionante, con dei pezzi magnifici del repertorio della band, anche se a mancare all’appello erano “Fuel“, “Whiplash” e diversi altri, eseguiti invece all’Olympiastadion cinque giorni prima.
Un fugace bacio di James Hetfield verso l’alto è un dolce commiato al compagno Cliff Burton, e i palloni giganti lanciati sulle teste del pubblico, durante “Seek & destroy“, fanno precipitare la gente in un sogno surreale, come Alice in Wonderland.
Tanto ci si può aspettare dai Metallica, dal gruppo il cui nome molti ancora identificano con un intero genere musicale. Dal gruppo che ha voluto riservare una scaletta di interesse tutto milanese, inserendo al suo interno persino un improvvisatissimo “Acida” dei Prozac+, cantato in italiano col testo davanti da Trujillo e armonizzato dalla chitarra di Kirk. Una sorpresa dietro l’altra per questo tour d’Italia. Speriamo il primo di molti altri a venire.
Immagine in evidenza: Radio Freccia