Il 14 e 15 marzo diversi ospiti internazionali si sono recati in IULM in occasione del Milan Machinima Film Festival accompagnato dal primo convegno italiano di fotoludica, in cui si è discusso di videogiochi come forma d’arte emergente.
Di cosa si tratta?
Entrambi gli incontri si sono incentrati sull’utilizzo dei videogiochi come strumento creativo ed espressivo, un tipo di arte meta-digitale. Il “Machinima“, abbreviazione di Machine Cinema o Machine Animation, si riferisce a un tipo sperimentale di cinema creato a partire dall’uso di giochi interattivi con un motore grafico 3D. Per quanto riguarda la fotoludica, si tratta di un tipo di fotografia che meglio si spiega con il suo termine inglese “in-game photography”. Essa utilizza strumenti come modalità fotografiche o screenshot all’interno di un videogioco per produrre immagini e condividerle.
Più dettagli riguardanti il festival e il convegno sono disponibili qui.
Una forma di escapism dalla realtà
Tra i diversi machinima proiettati durante il festival, in “Knit’s Island”, docu-film di Ekiem Barbier, Guilhem Causse e Quentin L’helgoualc’h’s, emerge l’idea dei videogiochi concepiti come una fuga dalla realtà. Nel docu-film tre registi francesi creano i loro avatar ed entrano nel mondo del videogame “DayZ”, un gioco di sopravvivenza apocalittico in cui i players hanno a disposizione uno spazio virtuale di 250 km². Con lo scopo di documentare la vita virtuale dei giocatori, i registi interagiscono con le diverse comunità che incontrano nel mondo del videogame, ormai diventato un vero e proprio metaverso.
Si tratta di un viaggio alla scoperta delle relazioni che si formano online, dove tutti possono essere chiunque, dove una casalinga, mentre i figli sono a scuola, si immerge in un mondo apocalittico, dove persone provenienti da tutto il mondo si ritrovano nello stesso luogo virtuale tutti i giorni. I protagonisti sono tutti individui che non si conoscono nella vita reale, che hanno vite significativamente opposte, ma che condividono questa forma di evasione dalla realtà dove poter diventare versioni diverse di sé stessi.
Nuove modalità nella fotografia contemporanea
Durante il convegno di fotoludica Pascal Greco, fotografo e regista svizzero, ha presentato “Place(s)”, una raccolta di in-game photography. Il progetto ha avuto origine nel 2020 dopo che Greco ha dovuto rinunciare al suo viaggio per lavoro in Islanda a causa della pandemia COVID-19. In quell’occasione ha scoperto “Death Stranding”, videogioco ambientato in una versione post-apocalittica degli Stati Uniti visivamente molto simile all’Islanda. Il fotografo, così, ha deciso di portare avanti la sua idea di fotografare il Paese sfruttando il paesaggio presente nel videogioco scattando foto digitali della natura islandese.
Greco ha realizzato delle immagini digitali che mostrano la complessità e l’attenzione ai dettagli nell’era dei videogame, mettendo in rilievo aspetti e particolari spesso trascurati dal giocatore medio. Questo cambio di programma ha dato un nuovo significato al progetto, diventando testimonianza di come videogiochi e realtà si possono sovrapporre e diventare indistinguibili.
Immagine in evidenza: milanmachnimafestival.org