Sabato 7 ottobre è stata inaugurata a Bologna la mostra Snitch (nel gergo «spia» o «infame»), curata da Alessio Vigni. Il progetto si pone l’ambizioso obiettivo di «considerare il fenomeno culturale trap come una forma di espressione e in certi casi come spia di allarme per quello che accade nelle nostre città». Ecco quindi l’occasione perfetta per proporre una riflessione più ampia sull’argomento.
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Quando si parla di musica trap, ci si riferisce a un genere musicale nato nei primi anni Duemila negli Stati Uniti. Originariamente, questo stile si sviluppò come variante del più conosciuto fenomeno “hip-hop”, di cui assorbì alcune caratteristiche. Il dibatto corrente vede contrapporsi due “scuole di pensiero”: chi è convinto che la trap sia un mezzo utile a catalizzare le emozioni provocate dal disagio sociale delle periferie, e chi invece pone l’attenzione sull’effetto dannoso che può potenzialmente avere sugli adolescenti. I motivi dietro l’avversione che molti provano nei confronti della trap risiedono soprattutto nei numerosi riferimenti espliciti alla violenza, alle droghe e all’esibizione del successo attraverso una narrazione fuorviante.
Artisti e tematiche nel panorama italiano
Bisogna dunque interrogarsi sul ruolo ricoperto dalla trap nello scenario culturale contemporaneo. Se da un lato il genere utilizza codici volutamente provocatori (sintomo di storture nella nostra società), dall’altro può essere anche un pretesto innovativo per riflettere su tematiche portanti come il patriarcato, la condizione dei quartieri popolari, la violenza dilagante e l’immigrazione. Nel panorama italiano, artisti come Ghali, Tedua e Sfera Ebbasta si sono fatti portavoce di queste istanze delineando una vera e propria estetica trap. Raccontando la propria storia, questi hanno infatti dato voce al degrado psicosociale che spesso minaccia gli adolescenti nella «giungla urbana». Attraverso i loro testi sono così andati a colmare un vero e proprio vuoto rappresentativo. Decodificare il linguaggio di questi artisti significa dunque decostruire gli stereotipi che ruotano attorno alla street culture, e più in generale alla Gen Z.
Una voce femminile
In questo contesto sta emergendo sempre di più una “Voce” femminile per anni trascurata, che adesso si consolida e prende corpo grazie al carisma di giovanissime cantautrici capaci di emozionare con il loro racconto emancipato e irriverente. Tra le under 30 più influenti della scena italiana spiccano Anna, Madame e Priestess, che con le loro canzoni sono riuscite a dipingere un nuovo paradigma di femminilità, delicato e potente, che ha indubbiamente lasciato il segno tracciando una linea netta tra la nostra generazione e quella precedente. Nella commistione di luci e ombre che caratterizza la musica trap, questo grido elegante e ribelle contro una società patriarcale e un ambiente musicale spesso ancora dominato da artisti uomini, è sicuramente un aspetto positivo.
La musica specchio di una società
Rosalía, artista pop di stampo internazionale, ha recentemente suggerito in un’intervista rilasciata a Vogue España di provare a interpretare la musica trap come un riflesso della società. Bisognerebbe dunque sviluppare una sensibilità che permetta di considerare questo genere musicale come un indicatore di disagio o, eventualmente, di benessere all’interno di una comunità, accantonando i pregiudizi a riguardo (che di certo non ne facilitano la comprensione).
Immagine in evidenza: culturabologna.it