Quando qualcuno di competente annuncia scenari apocalittici, di solito questi si avverano. Puntualmente però, come nel mito della profetessa Cassandra, il “veggente” non viene preso sul serio. Piuttosto, viene additato come il maggiore dei mali, in difesa del pensiero unico. Perché la pace non appassiona il dibattito?
Leggi tutto: Abituati alla pace, giochiamo alla guerraEsperti derisi e inascoltati
Un esempio di professionisti “cassandrini” ignorati è quello del professor Alessandro Orsini, probabilmente uno dei pochi veri titolati a parlare del conflitto Russia–Ucraina, equipaggiato di un curriculum d’eccezione. Un anno e mezzo fa, in seguito alla partecipazione a un programma di approfondimento politico, il docente venne più volte accusato di “putinismo”. Per cosa? Per aver previsto l’invasione criminale della Russia e per aver messo in guardia l’Occidente che l’Ucraina non sarebbe riuscita a riottenere i territori che avrebbe poi in effetti perso. Orsini spiegò (non giustificò) i motivi dell’invasione con la frenetica espansione della NATO a est e con le continue esercitazioni militari ai confini con la Russia. Le accuse di “putinismo” rimasero a lungo, anche quando la sua spiegazione era ben lontana dal giustificare le brutalità del conflitto e le manovre del Presidente russo.
La moltiplicazione dei “putiniani”
Solo ora che gli Stati Uniti si stanno stancando di inviare armi e che l’Europa si sta rendendo conto delle inconcludenti controffensive ucraine, si inizia a parlare di “possibili accordi” e di “mediazioni verso il compromesso“. L’unica differenza è che al momento Putin controlla tutto il sud-est del territorio invaso (non più solo il Donbass). Inoltre, nel frattempo, sono state complessivamente stimate 500.000 vittime tra morti, feriti impossibilitati a tornare al fronte e dispersi.
Aveva ragione Orsini
Mentre Orsini spingeva per uno sforzo diplomatico di pace maggiore, le posizioni atlantiste si giustificavano dicendo che “con Putin non si tratta” o “Putin non è aperto al dialogo“. Poi, incredibilmente, si è scoperto che il Presidente russo aveva cercato un dialogo con la NATO ancora prima dell’invasione. A dichiararlo è stato Jens Stoltenberg, segretario generale delle Nazioni Unite, in audizione alla commissione Affari Esteri del Parlamento Europeo il 7 settembre 2023.
Nell’autunno del 2021 il presidente russo Vladimir Putin ci inviò una bozza di trattato: voleva che la NATO firmasse l’impegno a non allargarsi più. Naturalmente noi non lo firmammo. Era la precondizione per non invadere l’Ucraina. Voleva che rimuovessimo le infrastrutture militari in tutti i Paesi entrati dal 1997. Lo abbiamo rifiutato e lui è andato alla guerra, per evitare di avere confini più vicini alla NATO. Ha ottenuto esattamente l’opposto: la Finlandia ha aderito e presto anche la Svezia ne diverrà membro.
Jens Stoltenberg
Scalfita l’inerzia dei salotti televisivi
Dovremmo fare tesoro dell’esperienza soprindicata per scegliere bene a chi dare la parola (e soprattutto chi ascoltare) in merito al quadro raccapricciante che ora interessa Israele e Hamas. Il tema è talmente delicato che non possiamo permetterci di escludere dal dibattito chi si occupa di queste vicende da decenni. È il caso di Elena Basile, ex ministra plenipotenziaria ed esperta di Medio Oriente. Durante una puntata del programma Otto e mezzo, l’ex ambasciatrice ha esposto il fianco a pericolosi fraintendimenti. Il risultato? Basile è apparsa come una diplomatica inappropriata, senza scrupoli nei contenuti e troppo emotiva nei modi. Viceversa, i suoi interlocutori sono sembrati emotivi nei contenuti (si limitavano a denunciare gli eccidi) ma freddi nei modi (non percepivano l’urgenza del problema).
Quello che è insopportabile è che l’Europa non riesce a dare un contributo di pace. Alzare la stella di Israele è qualcosa di privo di significato se lo scopo dell’Europa è: “Vogliamo stabilizzare delle regioni del mondo”. Non siamo qui per discutere chi è più crudele degli altri. Ha senso chiedersi come mai i Palestinesi si sono estremizzati. La guerra non è iniziata ieri. L’Occidente crede di appartenere a un giardino assediato dalla giungla. Evidenziare l’opposizione democrazie/autocrazie non serve a niente in questi casi, perché nelle relazioni internazionali bisogna comporre interessi diversi. Per uscirne non dobbiamo ragionare in termini giuridici o morali, ma politici.
Elena Basile
La vecchia bugia
Ora che le guerre sembrano potersi collegare da un momento all’altro e innescare uno spaventoso effetto domino, è il caso di ricordarci che ogni soldato morto rappresenta sempre una sconfitta per tutti. Non ci sono eroi di guerra, ma solo vittime sacrificali cadute sotto le ceneri dell’ideologia e della violenza. La si chiami utopia, ma continuerò a sognare di vivere in un mondo in cui alla forza della barbarie si preferirà l’uso della parola, e alle armi l’arte della politica. Ogni tanto lascerei riecheggiare nell’aria le parole di Tomaso Montanari che, citando una poesia di Wilfred Owen, scrive: “Dulce et decorum est pro patria mori. La vecchia bugia. Morire per la patria non è affatto dolce“.
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6 Commento
Alessio Antonazzo
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Ora, trovo assurdo ritenere le richieste di Putin citate come “un dialogo”. Come può il capo di uno Stato pretendere di decidere la politica estera e le scelte militari e difensive di altri Stati? Ritenere seria una proposta del genere è, francamente, da ingenui. Questo è il motivo per cui Stoltenberg cita quelle richieste, per mostrare come la diplomazia russa sia principalmente una maschera.
Non conosco Elena Basile e non ho perciò opinioni su di lei, ma consiglio di fare molta attenzione a certi personaggi, come Orsini, venuti alla ribalta grazie ai talk show italiani, nei quali l’informazione, i fatti e i dati sono sempre assenti o in secondo piano rispetto al litigio, al rumore e al sensazionalismo.
Emanuele Aria
Dopo le dichiarazioni di Stoltenberg, che (sicuramente con intento diverso) ammettono l’espansione della Nato come una delle principali cause del conflitto, qualsiasi persona dotata di buonsenso (quello occidentale) avrebbe pensato: “meglio un passo indietro della Nato che una guerra”. Non credo sia “decidere la politica estera e le scelte difensive degli altri”, perché gli stessi leader dei paesi della NATO, dopo la caduta del muro di Berlino, avevano promesso a Mosca che l’Alleanza atlantica non sarebbe avanzata verso Est “neppure di un centimetro”. Promessa smentita dai fatti, visto che da allora ben 14 paesi sono passati dall’ex impero sovietico all’alleanza militare atlantica. Prima di riempirci la bocca di valori democratici non rispettati dai barbari, dovremmo ammettere che molte cose che fa il dittatore Putin, le ha imparate da noi. Ci meravigliamo perché Putin chiama la sua guerra come “operazione speciale”. La nostra guerra in Jugoslavia la chiamammo “ingerenza umanitaria”, quella in Iraq l’abbiamo chiamata “lotta alle armi di distruzione di massa” di Saddam (che non c’erano), quella in Afganistan era “lotta al terrorismo” (che non c’era perché gli afgani non c’entravano niente con Al Quaida, che era un fenomeno saudita) e in Libia l’abbiamo chiamata “sostegno alle primavere arabe”. Tutte guerre, fra l’altro, che hanno acuito le estremizzazioni terroristiche.
Alessio Antonazzo
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Sottolineo anche che non è realistico considerare le esercitazioni Nato dei pericoli per la difesa della Russia e, quindi, una causa dell’invasione. Quelle effettuate prima dell’invasione erano esercitazioni di routine, con 1000-6000 soldati, numeri insignificanti per la preparazione di un’operazione su larga scala. Per fare un confronto con un’esercitazione con scopi ben più definiti, qualche mese fa è stata effettuata un’esercitazione con 40000 soldati, per prepararsi a un’eventuale invasione russa di uno Stato membro. Putin non poteva, perciò, ritenersi minacciato da esercitazioni di quelle grandezze.
Emanuele Aria
Purtroppo non è la prospettiva occidentale che ci dà il senso del “pericolo” avvertito dalla Russia. La cosa interessante è che pensiamo che i nostri metri di valutazione della realtà siano oggettivi e imponibili a chi sta fuori, o che ci sia da aspettarseli.
Alessio Antonazzo
Riguardo Orsini e la sua retorica, consiglio questo articolo: https://www.valigiablu.it/alessandro-orsini-cartabianca-piazzapulita/
Il curriculum di Orsini mostra una sua focalizzazione sul terrorismo, non capisco perché venga quindi qui definito come “uno dei pochi veri titolati a parlare del conflitto Russia–Ucraina”.
Viene anche detto che Orsini ha “messo in guardia l’Occidente che l’Ucraina non sarebbe riuscita a riottenere i territori che avrebbe poi in effetti perso”. L’Ucraina ha però riconquistato il 40% del territorio occupato dalla Russia dall’invasione del 24 febbraio 2022.
Sull’espansione della Nato e sulle sue esercitazioni è già stato detto tanto. Sottolineo solo alcuni aspetti abbastanza ovvi: l’espansione della Nato avviene tramite accordi, e la Nato ha uno scopo difensivo. L’ingresso di uno Stato nella Nato può perciò preoccupare solo chi ha in mente di attaccare quello Stato.
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Emanuele Aria
Ciao Alessio, il suo curriculum è principalmente focalizzato sul terrorismo, è vero (a maggior ragione dovremmo tenerlo in considerazione nella vicenda Hamas-Israele), ma non dimentichiamo che oltre ad avere cattedra in Sociologia Generale e Sociologia del Terrorismo, vanta numerose collaborazioni e specializzazioni all’estero. In passato è stato anche consulente del Governo italiano. E’ studioso di politica estera e del terrorismo da anni e le sue pubblicazioni lo dimostrano, tanto che nel lontano 2018 al senato parlò delle tensioni tra Russia e Ucraina parlando di “possibilità di sfondamento delle linee a Est”. Quindi non è spuntato (come i più) quando è scoppiato il conflitto, perché lo aveva persino previsto. La sua seconda previsione è che avrebbe sventrato l’Ucraina. Si è verificato eccome. L’Ucraina è un paese ormai tenuto in piedi artificialmente dagli Stati Uniti, con intere città rase al suolo, l’infrastruttura energetica semidistrutta, milioni di profughi e sempre meno soldati, morti o feriti (noi non inviamo uomini, ma armi. Serve anche qualcuno che le usi, e la Russia ha molta più carne da macello a disposizione). Un’altra previsione era che le sanzioni alla Russia si sarebbero rivelate auto-sanzioni all’Europa, e così è stato. Il Fondo monetario internazionale indica che il pil della Russia regge piuttosto bene, quelli in recessione siamo noi (vedi la situazione della Germania). Potrei andare avanti, ma per quanto riguarda i territori occupati..purtroppo agli Stati Uniti non interessa più investire troppo su questo conflitto. Come dice lo stesso Stoltenberg, hanno ottenuto l’entrata nella Nato di altri due paesi europei e sanno benissimo che le controffensive ucraine andranno sempre peggio. Anche molti stati in Europa si stanno stancando di inviare armi e l’opinione pubblica inizia a non giustificare più questo tipo di spese (persino in USA, dove le prossime elezioni si giocheranno su questo). Se al posto della posa muscolare d’Occidente ci fossero stati seri tentativi diplomatici dall’inizio, l’Ucraina avrebbe avuto meno territori su cui negoziare, probabilmente solo il Donbass.