Ci sono persone che alla domanda: “Cosa ti piace fare?” rispondono “Mi piace viaggiare”. Questa affermazione molto comune non dice molto della persona che hai di fronte, perché praticamente chiunque ama viaggiare. Eppure molti lo dicono comunque, per mettere enfasi sul fatto che hanno viaggiato o che hanno intenzione di farlo in futuro.
Fare viaggi per trovare il senso della propria vita o per evitare di cercarlo?
Al giorno d’oggi l’opinione più diffusa riguardo questo tema si potrebbe riassumere con lo slogan Viaggiare apre la mente. Tuttavia, nella storia, diversi pensatori hanno sostenuto il contrario: da Socrate a Kant a Pessoa, lo scrittore portoghese che è giunto perfino a dire che “Solo un’estrema povertà di immaginazione giustifica la necessità di muoversi per provare qualcosa”.
Questa posizione contraria, sintetizzabile nella citazione di Chesterton “Travel narrows the mind”, può sembrare controversa; per poterla comprendere meglio dobbiamo spostare la prospettiva da un io viaggiatore a un io che ascolto gli altri parlare dei loro viaggi. Chiediamoci quante volte qualcuno ci ha raccontato del suo viaggio in Marocco, e quante volte questo racconto ci ha interessati. Forse non spesso.
Se poi chiediamo a questa persona perché ha fatto tutti quei chilometri per arrivare in Marocco, una delle risposte plausibili è “Perché mi interessa la loro cultura”. Eppure, questa persona, anche solo nella sua città, verosimilmente non si è mai messa in contatto con la comunità marocchina, non ha mai guardato le proposte culturali inerenti, non ha mai parlato col suo vicino o il suo compagno di classe marocchino, non ha ascoltato la loro musica, non si è informato sulla loro storia. Nella realtà di tutti i giorni, questo interesse non esiste, non si materializza in alcuno sforzo concreto. Ma improvvisamente, il turista decide di essere interessato, spende centinaia di euro, fa migliaia di chilometri per conoscere questa cultura ma, una volta tornato a casa, continuerà a non interessarvisi. Tutto questo fa pensare che “la cultura” non sia il reale motivo.
Viaggiare per evadere
Viaggiare per un turista significa visitare un luogo lontano da casa per fare esperienza di un cambiamento. Per alcuni questo significato si somma poi a un desiderio di evasione da una quotidianità che opprime, di avere qualcosa da attendere con trepidazione per spostare lo sguardo da un presente soffocante a un futuro eccitante, che dia senso alla vita facendola diventare interessante e degna di essere vissuta.
Il luogo viene selezionato in base ad una serie di monumenti e paesaggi che sembra valga la pena vedere. Il turista quindi si reca in questo posto con un’aspettativa, e quando è al cospetto di ciò che voleva vedere si costringe a provare qualcosa, anche se magari non sente niente. Vuole essere aperto all’esperienza, ciononostante la sua stessa postura glielo impedisce, e rimane isolato dalla realtà che sta vivendo per via delle sue stesse aspettative, proiettando nei luoghi nuovi e nelle persone che incontra ciò che lui si aspetta di trovarvi, senza sufficiente tempo né una reale occasione che gli consenta di immergervisi realmente.
Per questo motivo, molti degli stessi viaggiatori evitano a tutti i costi i ristoranti, le attività e escursioni “per turisti”, che vengono viste come qualcosa di inautentico, superficiale, illusorio. In questi ultimi anni si sta capendo come un certo modo di viaggiare sia non solo poco sensato, ma addirittura dannoso, come per chi visita Venezia senza un reale interesse per la cultura e l’arte della città, col solo scopo di scattare una serie di foto per dimostrare a qualcuno che ci è stato, contribuendo tuttavia a una congestione della città, un danno al suo patrimonio e un comprensibile fastidio per gli autoctoni, che paradossalmente subiscono un maggiore mutamento dalla presenza dei turisti rispetto ai turisti stessi dal loro “scoprire”.
Viaggiare può aprire la mente, ma non necessariamente
Chi viaggia per studio, lavoro, volontariato, scambi culturali o per un hobby ben preciso, non deve dimostrare a qualcuno con souvenir, cartoline e foto sui social la propria esperienza. Chi è privo di simili obiettivi invece, crede, o meglio vuole tornare cambiato, ma non ci sarà nulla di diverso sul piano del comportamento, dei valori e dell’etica; tutt’al più tornerà con alcune conoscenze nuove, qualche nozione e immagine suggestiva impressa nella mente. Tutto questo, pur avendo un valore, non vuol dire avere una mente più aperta. Il viaggio del turista è la traiettoria di un boomerang, che fa sempre ritorno da dove è partito, senza che avvenga alcun mutamento.
1 Commento
fed
….ma citare la fonte e l’autore dell’articolo?
f