Jeremy Scott, visionario della moda Pop, lascia Moschino

I don’t speak Italian, but I do speak Moschino” si è espresso sovente il designer Jeremy Scott. Jeremy ha avuto un sodalizio, in veste di direttore creativo, durato dieci anni con la maison Moschino. Infatti, nel 2013 prese il posto di Rossella Jardini, storico braccio destro dell’istitutore della maison Franco Moschino.

Jeremy Scott in questo decennio ha contribuito a rendere Moschino un marchio ironico, esagerato e con palesi rimandi alla cultura Pop e a quella americana. Infatti il designer proviene dal Missouri

La sua visione geniale e creativa è state celebrata a una retrospettiva nel 2019 presso il Dallas Contemporary intitolata “VIVA AVANT GARDE: a Jeremy Scott retrospective”. La retrospettiva è stata inaugurata in occasione del suo ventesimo anno di carriera avvenuto due anni prima. 

I momenti e i look più emblematici

Gli elementi più emblematici e ironici creati da lui durante la sua carriera spesso riconducono a immaginari bambineschi come ad esempio Barbie, McDonald’s, Spongebob. La collezione Autunno-Inverno 2014 è ispirata appunto all’immaginario consumistico dei fast food e a quello giocoso di Spongebob. In passerella erano presenti accessori come tracolle a forma di Happy Meal sorridente, un bicchiere di Coca-Cola fatto borsetta, maglioni e sciarpe con raffigurati la celebre spugna sorridente.

Ancora nel 2020-2021 portò in passerella una sovversione dell’immaginario di Marie Antoinette fatto di parrucche e crinoline. Ci sono appunto alcuni elementi che non appartengono all’epoca dell’Ancien Régime quali l’uso del jeans negli abiti, catene e altri dettagli rock, abiti-torte, il tessuto broccato usato ironicamente, micro-borsette, parrucche rosa e tanto altro. 

Inoltre, le sue estrose creazioni sono tra le più richieste dalle celebrity per il red carpet del MET Gala. Un esempio è il Chandelier Dress, indossato da Katy Perry nel 2019.

Ritorno alla sofisticatezza?

Dall’annuncio delle decisione, a quanto pare avvenuto di comune accordo, ci si sta domandando se Massimo Ferretti, proprietario del gruppo Aeffe, stia intenzionato a seguire l’onda del cambio di codici estetici che stanno facendo altri brand quali Gucci o Balenciaga. Siamo in un’epoca in cui il consumatore ritorna alla ricerca della sartorialità, dell’autorialità, dell’individualità e del minimalismo. 

Tuttavia, se il brand attingerà a una maggiore semplicità delle linee, non potrà mai fare a meno del suo DNA Pop che lo ha da sempre reso uno dei marchi italiani più redditizzi del mondo. Infatti il gruppo Aeffe realizza circa il 70% dei propri ricavi, che si aggirano sui 350 milioni di euro, grazie a Moschino.

Non possiamo che augurare a Jeremy di continuare a rendere tangibile la sua visione artistica!

Immagine in Evidenza: New York Times

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