Mare Fuori è il prison drama targato Rai ideato da Cristiana Farna e diretto dai registi Carmine Elia (per la prima stagione), Ivan Silvestrini e Milena Cocozza (per la seconda e terza stagione).
In onda dal 2020, con un inizio tentennante dovuto all’incertezza data dalla pandemia da Covid, Mare Fuori è riuscita ad appassionare il pubblico, divenendo una tra le serie tv italiane più apprezzate. A differenza dei molti film e serie tv riguardanti la criminalità organizzata, Mare Fuori sceglie di intraprendere una strada diversa: essere testimone diretto di uno Stato presente per aiutare i giovani ragazzi grazie agli Istituti minorili.
Questa serie ci parla di molti stereotipi che conosciamo bene come, ad esempio, il bravo e ricco ragazzo proveniente dal Nord; la zingara che per sopravvivere borseggia nelle stazioni; il ragazzo mafioso con la collana d’oro al collo e il taglio al sopracciglio etc.
Potremmo supporre che questa serie racconti una storiella della malavita partenopea. Al contrario, è un coraggioso affronto a tutte le nostre finte certezze. Mare Fuori porta alla luce i sentimenti più profondi di quei ragazzi devoti al codice dei camorristi, all’omertà. Ciò è conseguenza di non poter scegliere la famiglia in cui nascere. I protagonisti non hanno avuto la possibilità di optare per un sistema diverso da quello in cui vivono, la mafia.
Per questo, Mare Fuori è una serie tv che non solo ci parla dei ”guai” di alcuni ragazzini. Ci spinge a guardare le cose da un punto di vista differente, non facendoci fermare alla superficie. Scavando a fondo, insegna a dare una seconda possibilità.
È una serie innovativa, in quanto tratta il tema della criminalità minorile attraverso il microcosmo di un Istituto di rieducazione. Ci porta al confine tra il bene e il male. Mostrandoci come i ragazzi siano la manovalanza della malavita, di come non nascano violenti ma siano semplicemente vittime di un sistema malato.