Come sesta puntata di Oriens, abbiamo deciso di scrivere di un nuovo esordio cinematografico, nuove radici che si sedimentano: Aftersun di Charlotte Wells.
Under pressure
Wells tratteggia con delicatezza e malinconia il rapporto tra Sophie (Frankie Corio), intraprendente e sveglia undicenne, e Calum (Paul Mescal), l’affettuoso padre appena trentenne.
Nello scorrere calmo e sempre identico delle giornate al mare, raccontate dai filmati e dai ricordi di una Sophie ormai adulta, emergono i loro momenti condivisi: seppur privi di elettrizzanti novità, sono quelli gli unici rimasti per consolidare il loro rapporto.
Le insicurezze di Calum e il comprensibile senso di colpa/inadeguatezza/timore per essere un giovane padre separato che non vive con la figlia (e forse è per questo che all’inizio ci appare con il braccio ingessato, capace di muoversi ma con accorgimenti, precauzioni, tentennamenti) trapelano in brevi momenti puntualmente solitari e silenziosi: davanti a Sophie, Calum si dimostra solido, sicuro, imperturbabile, infondendole tutto il supporto che la sua esperienza gli concede di dare.
D’altro canto, Sophie nutre per quel padre un po’ fratello e un po’ amico un’ammirazione che non le impedisce di accorgersi dei suoi limiti, anzi, Calum è colto nella sua imperfezione. Le fragilità del carattere la portano a prendersi cura del padre attraverso gesti velati e mai ostentati e le difficoltà economiche da lui ingenuamente nascoste le fanno pronunciare con lucida severità: “Smettila di offrirmi cose che non ti puoi permettere”.
Durante l’ultimo ballo della vacanza, sotto alle parole della canzone con cui si conclude il film, Under Pressure, si condensa uno dei messaggi principali del film:
And love dares you to care for the people on the edge of the night
And love dares you to change our way of caring about ourselves
Il velo del tempo
Per quanto riguarda la fotografia, spesso sono inquadrati i riflessi di Calum, quelli che si formano sulle superfici vetrate di un tavolo o sugli schermi del televisore, oppure nelle ombre adagiate sui muri, come se il velo che il tempo indossa impedisse una visione limpida e diretta: Sophie ricorda il padre, ma in modo parziale e forse pure edulcorato. È solo grazie ai brevi video, sgranati ed irrequieti, che può recuperare appieno e in modo intatto quei momenti spensierati.
Tutto ciò che invece ha più significato accade in un fuori campo a cui l’obiettivo non ha accesso o che non riesce a penetrare: quando Calum piange disperato, quando Sophie dà il suo primo bacio, perfino quando Calum, agli sgoccioli della vacanza, dice a Sophie che su di lui potrà sempre contare, la macchina da presa è lontanissima, discreta, quasi disinteressata.
E dopo il sole?
Quando la vacanza termina e Sophie e Calum devono tornare alle loro esistenze separate, il film si chiude con un’inquadratura emblematica in grado di placare il profondo senso di malinconia.
Perché in fondo, dopo il sole, al tramonto della leggerezza e della fine dei rapporti così come li abbiamo conosciuti, ciò che rimane sono solo tasselli di ricordi, e se quelli della memoria vacillano nella loro materia effimera, quelli della videocamera, malgrado la grana, no.