Vincenzo Salemme a teatro con “Napoletano? E allora famm ‘na pizza”

Questa sera sono stata a teatro.

Era il Teatro Manzoni di Milano che ha ospitato Vincenzo Salemme e il cast del suo show Napoletano? E famme ‘na pizza!

Le luci si spengono e lo spettacolo inizia

Il tendone si apre sulla scenografia di una terrazza, sulla quale affacciano due porte finestre. Al di sopra di queste, le insegne riportano il nome delle due commedie precedenti Una festa esagerata e Con tutto il cuore. Nelle rispettive case vivono due famiglie: i Palescandolo e i Camaldoli, i loro membri si conoscono, ma non si incontrano mai davvero perché i personaggi condividono gli attori.

Con lui a conquistare la scena: Teresa Del Vecchio (compagna di molti film con Vincenzo Salemme), Antonio Guerriero, Fernanda Pinto (noto membro di Casa Surace), Vincenzo Borrino e Sergio D’Auria.

Un cambio d’abito, un’entrata diversa e le due opere si danno il cambio.

Ottaviano (Vincenzo Salemme), istruito professore di lettere diventa Gennaro. ‌La signora Palescandolo impicciona è anche Teresa, la moglie di Gennaro, e subito dopo, Clelia l’ex moglie di Ottaviano. Quando meno te lo aspetti, ecco che arriva da Pozzuoli un finto domestico/badante indiano ‌in cerca di lavoro.

Vincenzo Salemme inizia il suo prologo con un’incalzante introduzione su come è nata l’idea dello spettacolo e sul tema su cui è incentrato: i cliché sui napoletani (sostenuti e diffusi dai napoletani stessi).

Si sa che è ogni buon napoletano deve saper fare le pizze, deve saper cantare, deve essere sempre allegro, amare il caffè bollente in tazza rovente. Ogni napoletano che si rispetti deve tifare Napoli, amare il ragù di mammà… e via così con gli stereotipi che più sono tanti e alcuni anche veri, ma sono anche un limite nel rappresentare l’essenza di un paese e di un popolo che invece è molto di più.

I monologhi di Vincenzo Salemme

La comicità è intrinseca di Salemme in ogni gesto, in ogni frase tagliente e in ogni lezione di grammatica

Vincenzo Salemme Napoeltano? E allora famm 'na pizza

Tra uno sketch e un altro dello spettacolo, Vincenzo Salemme rimane solo sul palco per qualche minuto e si rivolge al pubblico con riflessioni sull’identità napoletana.

La pizza è un’invenzione dei napoletani? Molti lo pensano, ma chissà se è vero. […] Sull’enciclopedia Treccani non è riportato nulla. […] Eppure è come una religione. […] La bandiera italiana rotonda.

Il sarcasmo è protagonista ed è impossibile trattenere le risate.

Negli ultimi minuti, Vincenzo Salemme non ci permette di trattenere nemmeno le lacrime. Invita sul palco i tecnici dello spettacolo, per godere degli applausi che meritano e che tanto gli sono mancati durante il lockdown.

Un’ultima riflessione sull’identità di persona. Tendiamo ad etichettarci in tutti i modi, a smistarci in categorie, come prodotti sugli scaffali di un supermercato: uomo, donna, etero, gay, napoletano, fiorentino, milanese… ma siamo tutti umani alla fine.

Ai giovani partenopei

Infine, un invito ai giovani partenopei a reclamare fieri l’appartenenza alla propria patria, a prescindere da se rispecchiano o meno lo stereotipo napoletano che gli altri si aspettano

Ma allora, io che sono nato in provincia, a 30 km da Napoli, posso dichiararmi napoletano doc? Io che da bambino avevo paura di Napoli perché il proverbio recitava: “Vedi Napoli e poi muori!” […] io che ho una casa a Roma, posso dichiararmi napoletano a tutto tondo?

Sì, è la risposta di Vincenzo Salemme e anche la mia. Sono nata in provincia, a 30 km da Napoli. Ho vissuto lì per 18 anni della mia vita, senza bere caffè e senza riuscire a prendere l’accento (chissà come).

Mi hanno sempre chiamata “a milanes” e ora, a Milano ci vivo davvero. Eppure dentro un’anima napoletana ce l’ho. La sento e la mostro: nei gesti di mia nonna, nelle lezioni di mia madre, nei pensieri e nella storia partenopea che mi ha cresciuta e che questo spettacolo ha raccontato splendidamente.

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