Viviamo un momento complicato e congelato in cui ci siamo ritrovati paralizzati. È stato però anche un periodo di formazione e di crescita personale e comunitaria. Parlando con la restauratrice Chiara Lorenzetti e Daniel Bilenko, conduttore e documentarista radiofonico, è stata riscontrata la faticosa necessità di gettarsi nel torrente maleodorante con cui la pandemia ha fatto irruzione del quotidiano.
Navigare in queste difficoltà significa continuare a immaginare e progettare. Così quando questo fiume si fermerà e ci sarà del concime, i semi che sono stati creati e custoditi potranno crescere.
Il tempo che incede
A volte molte emozioni e avvenimenti sono compressi in un breve arco temporale mentre in altri casi si procede molto lentamente, passo dopo passo. Il tempo non è qualcosa di regolare, fisso e oggettivo. C’è stato uno stacco segnato dall’inizio della quarantena e delle norme di sicurezza. Le immagini e i ricordi privi di mascherine e distanziamento paiono molto più lontani di quanto non lo siano davvero. È come se in un certo momento si fosse creato un muro di separazione che ha ricoperto di una patina di inattualità ciò che veniva prima.
Eppure il tempo scorre inesorabile. Passa e non si preoccupa delle nostre pandemie, che però immobilizzano l’economia, fanno emergere le falle del sistema sanitario e condizionano le nostre vite. La natura segue il suo ciclo. In questi giorni la primavera è tornata e ci siamo svegliati con i fiori che rifioriscono.
Nonostante il presente appaia sconfortante per molti aspetti, non è da rifiutare. I periodi di quarantena sono stati anche un’opportunità per fermarsi e riflettere su se stessi. Questo è un tempo che può essere abitato, sviluppando con la quotidianità un rapporto differente. Renderlo fecondo richiede un lavoro di pianificazione a lungo termine. Il progetto risponde alle necessità attuali e subisce volta per volta delle modifiche, ma le sue fondamenta rimangono le stesse. Il seme comunque è lì. È un’intenzionalità che si apre alla realtà e si intreccia con l’inaspettato e il nuovo.
A contatto con la realtà
Con la pandemia molti giornalisti hanno creduto di poter risolvere il loro mestiere con il solo telefono. Chiudendosi in una stanza ci si connette al mondo grazie agli strumenti tecnologici e alle opportunità della rete. Però per raccontare quello che sta fuori è necessario uscire. Parlare delle storie di persone e territori richiede delle verifiche e delle testimonianze. Così ci si fa prossimi a problematiche che possono essere molto concrete.
Nella nostra epoca i bisogni accessori e i problemi da poco sono stati esasperati. Entrare a contatto con l’esterno e con la natura getta la persona dentro al torrente della realtà.
Guardare dentro
La formazione personale permette di trarre vantaggio dalle situazioni a prescindere dal contesto in cui hanno luogo. Al contrario, chi esprime continuamente insoddisfazione non si considererà mai fortunato anche in una condizione privilegiata.
L’intelligenza non è un talento, ma una sensibilità che ognuno è capace di allenare: guardare dentro, leggere tra le righe (intra legere). Riguarda anche la ricerca dei desideri che originano determinate richieste e lamentele. Forse questi bisogni essenziali trovano risposta in soluzioni diverse da quelle che ci è istintivo immaginare.
Accontentarsi, oltre alla connotazione negativa legata al sacrificio e alla rinuncia, è riconoscere ciò che di buono si ha nella vita. Se prima della pandemia e delle quarantene le abitudini comprendevano il superfluo e i fronzoli, in questo periodo abbiamo dovuto fare di necessità virtù. C’è stato il tempo per riflettere e imparare a scegliere. Ciò che fa stare bene spesso si trova nella semplicità. Scremare e privilegiare sposta la focalizzazione dalla quantità alla qualità, nelle relazioni come nelle attività quotidiane. Se vissuto pienamente e valorizzato, anche un momento vuoto, in cui pare che non si faccia o si produca niente, è pregno di significato.
Cocci
La ceramica si rompe. Ci sono anche dei vasi che si danneggiano e non si possono ricomporre. Le condizioni pandemiche hanno spezzato una generazione di giovani nel momento della vita in cui si ha davanti un’ampia progettualità, ci si definisce e ci si scopre. Ciò che si è infranto può però essere riunito.
Lo yobitsugi è una tecnica di restauro giapponese che prevede l’inserimento di ceramiche diverse per colmare i buchi. La pratica è più di un semplice aggiustare e il pezzo restaurato ha un valore aggiunto. Così accade anche nelle dinamiche interpersonali: è il collaborare tra soggetti differenti a far ritrovare l’unità. Il risultato non equivale alla somma delle parti. Si tratta di un’unità diversa da quella che era in principio, portatrice di novità.
Questo tempo è un’occasione per prendere tra le mani i cocci e reinventarsi. Il processo è difficile e doloroso, soprattutto se vissuto nella solitudine. Chi ha la forza d’animo e una visione creativa può farsi guida e orientare la progettualità verso un mondo più giusto e inclusivo, preparando i semi che germoglieranno quando arriverà il loro momento.