Il metal e il punk sono, da sempre, qualcosa che va ben oltre la musica e l’abbigliamento. Sono sinonimo di ribellione, di rifiuto dell’autorità, di strappo alle regole. Far parte di queste comunità, però, in alcuni Paesi tra cui il Marocco può portare molti problemi.
Per questo il fotografo marocchino Joseph Ouchen ha deciso di documentare la vita di punk e metallari in una serie di brillanti foto.
Le persecuzioni e gli arresti
Metallari e punk, spesso, non sono visti di buon occhio dal resto della società. Questo a causa del loro abbigliamento, delle loro acconciature, della musica che ascoltano e delle ideologie che seguono. In Marocco, però, questi sono vittime di vere e proprie persecuzioni.
Nel 2003, in occasione di un Festival heavy metal “L’Boulevard”, tenutosi a Casablanca, undici fan sono stati condannati con l’accusa di:
Praticare satanismo, danneggiare la fede musulmana, ed ascoltare con cattivo intento canzoni che violano la buona morale o incitano alla dissolutezza.
Inoltre, i tre componenti della band hanno dovuto scontare un anno di carcere per aver “utilizzato metodi seduttivi per minare la fede dei musulmani”.
Questo episodio non è sfuggito agli sguardi degli attivisti dei diritti umani e al resto del mondo, accendendo i riflettori sulla situazione.
Chi è Joseph Ouchen e qual è il suo progetto
Joseph Ouchen, 36enne di Casablanca, è uno dei grandi esponenti della street photography contemporanea.
Da sempre interessato a rappresentare i lati nascosti della propria società, ha ideato il suo progetto proprio a seguito del sopracitato Festival del 2003.
Ho cominciato ad andare ai festival metal per scattare foto e scoprire questo genere, che non è ancora molto diffuso in Marocco. Mi piace lo stile, i simboli e le parole sui vestiti dei metallari, i loro capelli e gli accessori.
Voglio dare spazio a questi giovani. I fatti avvenuti al Festival non sono altro che un esempio dei limiti che vengono posti alla libertà di espressione.
Con il tempo, la malevolenza che circondava questo genere musicale si è affievolita, permettendo a fan e musicisti di uscire allo scoperto senza temere ritorsioni.
Oggi, per molti giovani marocchini, il Festival è l’unico momento dell’anno in cui possono sentirsi finalmente liberi.
Il Festival offre una piattaforma per molte persone diverse. Non potevi suonare musica metal o rap finché non arrivò Boulevard. Avevamo bisogno di un posto come quello in cui le persone possano sentirsi al sicuro, dove possano essere se stesse senza essere giudicate.
La situazione nel resto del mondo
La stessa situazione, purtroppo, non si è verificata solo in Marocco.
In Tunisia, per esempio, molti esponenti delle sottoculture metal e punk sono ancora costretti a vivere nella paura.
Non sono completamente sereno quando esco di casa. Il mio aspetto non passa certo inosservato: per strada spesso mi prendono in giro e talvolta subisco insulti e minacce. L’abitazione in cui abito è regolarmente presa di mira dai vandali. Non molto tempo fa, un gruppo di fondamentalisti mi ha bloccato su un tram mentre rincasavo al termine di una serata trascorsa con degli amici. Mi hanno preso a sberle e mi hanno rotto la chitarra.
Un altro esempio di violenza ingiustificata verso queste comunità è la strage avvenuta nel 2012 in Iraq, dove 90 studenti emo e metallari tra i 14 e i 18 anni sono stati lapidati dalla Polizia perché:
Indossavano abiti strani e attillati con immagini di teschi. Indossavano anche anelli sul naso, sulla lingua e facevano altre strane attività.
La situazione nel mondo sta lentamente cambiando, anche se, in ancora troppe parti del mondo, essere metal, punk o emo può trasformarsi in una vera e propria condanna.