Esce oggi venerdì 29 Gennaio, il nuovo attesissimo album di Michele Bravi La Geografia del buio. Radio IULM ha avuto la possibilità di partecipare alla conferenza stampa di presentazione il 27 gennaio, tenuta direttamente dall’artista che, attraverso citazioni letterarie e performance, ci ha condotto alla scoperta di quest’opera.
Un album che nasce dalla solitudine
“Questo disco è un duetto con il silenzio.”
Con queste parole Michele Bravi apre la conferenza stampa per il lancio del suo nuovo album dopo anni di silenzio.
L’artista torna sulla scena musicale con una storia, come definisce lui stesso l’album, che racconta il dolore, ma anche l’amore e la guarigione.
La Geografia del buio è un concept album, una narrazione, che ha avuto una gestazione molto complessa. Nasce dall’urgenza di cristallizzare un momento e dalla promessa fatta alla persona cui è dedicato il disco, che trova attraverso la musica la sua espressione più sincera. La prima data stabilita per l’uscita risale, addirittura, a marzo 2020, rimandata a causa dell’emergenza sanitaria in corso.
In primo luogo vuole essere il disegno di un labirinto che possa aiutare a capire come convivere con il buio, sfruttando la condivisione del dolore come forza propulsiva. L’album nasce infatti dopo l’inizio del percorso terapeutico EMDR, di cui il cantante parla liberamente, consapevole della necessità di specificare l’importanza salvifica della cura prima della musica.
Voce e pianoforte
Una delle peculiarità dell’album sta nel lavoro di sottrazione che è avvenuto durante la produzione. Voce e pianoforte, suonato da Andrea Manzoni, sono le protagoniste assolute, insieme ad un terzo elemento: il silenzio.
Questi momenti vuoti vogliono essere degli spazi da riempire con le proprie storie, ribadendo l’universalità del dolore, che parla sempre la stessa lingua.
È un album intimo, malinconicamente casalingo, registrato per la maggior parte nel salotto dell’amico e produttore, Francesco “Katoo” Catitti.
“Se si ascolta bene, si riesce a sentire il ronzio del frigorifero di Francesco in alcune tracce” ci racconta sorridendo, Michele.
Questo disco vuole essere il lavoro di persone che possano mettere una parte della loro vita al suo interno, creando un corpo vivo, con tutte le sue imperfezioni. Anche il pianoforte scelto per la realizzazione deve quindi rispettare questo desiderio. Non sentiremo un suono perfetto, ma quello di un piano verticale di inizio Novecento che porta con sè tutta la sua storia.
La storia di alcuni brani
La tracklist dell’album di Michele Bravi è rimasta un mistero fino alla fine, svelando solo pochi titoli attraverso i suoi canali social.
Il primo singolo rilasciato è La vita breve dei coriandoli, cantata in anteprima nei concerti al Teatro San Babila di Milano lo scorso inverno. Lì Michele ha riscoperto come la sua voce potesse essere ancora un luogo in cui incontrare il pubblico. La canzone vuole essere un inno alla fragilità. Mantieni il bacio rispecchia la componente di amore dell’album ed è “la più grande dichiarazione d’amore mai fatta“.
Altri brani di cui Michele ha parlato in anteprima sono Storia del mio corpo, che narra del suo percorso di terapia, e la particolarissima Sette passi di distanza, composta unicamente di musica e respiri.
L’importanza delle persone
Durante la conferenza l’artista sottolinea più volte come per lui sia stato fondamentale l’apporto delle persone in questo suo percorso per ritrovare la voce.
Cita in particolare, oltre al manager Helio Di Nardo e il produttore Katoo, alcuni colleghi, tra cui Maria De Filippi, Chiara Galiazzo, Federica Abbate, Fiorello, Fedez e Chiara Ferragni, che hanno colto con grande umanità l’importanza di lasciargli sempre il suo spazio, senza tuttavia lasciarlo mai solo.
La grande simbologia del progetto
Una parte fondamentale dell’album riguarda l’attenzione prestata alla simbologia, sia per quanto riguarda la copertina che i visual dei video. Ogni videoclip inizierà sempre con il particolare dell’occhio di Michele, a sottolineare che, quanto narrato, sia ciò che è successo dentro di lui.
In copertina troviamo Michele, ma non solo. Il divano grigio, una cornice, una coperta, un mappamondo, una lampada, l’acqua.
Tutto ciò vuole raccontare la narratività del trauma subito e questi, infatti, sono tutti oggetti che, ci racconta, hanno una storia.
Il divano di casa, quello su cui ha attraversato il buio. Il cappellino di lana e la coperta in cui si chiudeva per scappare dal mondo. La cornice con una particolare foto dei suoi nonni e infine l’acqua.
L’acqua in basso, che bagna i piedi, ci dice, è come il dolore, arriva di colpo e ti sommerge. Non esiste un giorno in cui passa. È un percorso da affrontare da soli sperando di avere la fortuna di avere qualcuno accanto.
Elena Sbordoni e Giorgia Balsarin