Concime cap. 3: Il coraggio di saltare nelle pozzanghere

Concime  è una rubrica nata in ottica dinamica e può essere l’opportunità di lasciarsi interpellare dalla situazione che ci circonda. Vuol dire prendere in considerazione le opinioni dell’altro, ascoltarle, e permettere che facciano breccia nella propria individualità. Con il terzo capitolo si aggiungono al mosaico di Concime anche Maura Gancitano e Andrea Colamedici, fondatori del progetto culturale Tlon.

La società della performance non va in profondità. Mancando una spiritualità che contempli l’ulteriorità, il senso del sacro è stato smarrito e non vengono fornite le indicazioni su come coltivarlo. Se non si è accompagnati in un percorso alla scoperta della propria interiorità, l’unica via che rimane è la spiritualità commerciale. Le soluzioni devono essere rapide e la ricerca personale mira a una tecnica che in pochi minuti ci cambi la vita.

Oggi siamo ossessionati dagli obiettivi e dai risultati, dimenticando la dinamica del processo. Nello sguardo abbiamo impresse la paura di non fare abbastanza e l’ansia di produrre qualcosa che sia immediatamente spendibile.

Concime cap. 3
Andra Colamedici e Maura Gancitano, fondatori del progetto culturale Tlon
Andrea Colamedici e Maura Gancitano

La profondità ha bisogno di tempo

Dagli scritti del filosofo Pavel Florenskij emerge una spinta verso la profondità, dimensione che la nostra società deve riscoprire. Florenskij esorta a fare “non molte cose ma grandi” e a prediligere la chiarezza e la semplicità. L’immersione nella natura e la contemplazione del suo mistero sono vie privilegiate per entrare a contatto con la profondità. Ciò implica l’ascolto del tempo e dei suoi ritmi: perché ci siano una maturazione e una crescita è necessario avere pazienza e non affrettare il passo a tutti i costi.

Guardare alla profondità dell’altro e rispettarla significa pretendere dalle persone solo ciò che sono in grado di dare. Oggi occorre essere sempre all’altezza e dimostrare di meritare le cose. Invece l’occhio intelligente, che “guarda dentro”, va oltre alla superficie patinata che a volte crediamo di essere. L’oltre è il nutrimento che di cui abbiamo bisogno.

Viviamo in una società performativa che punta tutto sul talento nonostante la quasi totalità delle persone non abbia un estro eccezionale. In questo modo c’è una diffusa percezione di mediocrità. Non si è educati alla vocazione, ovvero alla sensazione di sentirsi sulla strada giusta. La vocazione non mortifica, riempie ed è legata alla felicità.

Imparare a danzare la libertà

Siamo abituati a concepire la libertà come l’assenza di confini. Florenskij afferma invece che la saggezza sta nel riuscire a limitarsi. Il pensiero di poter fare qualsiasi cosa è un’altra forma di costrizione. L’essere umano è libero di sottrarsi a un destino che sembra già scritto. È libero di non essere il frutto delle scelte degli altri.

Gli dèi greci, nonostante la loro onnipotenza, dovevano sottomettersi ad Ananke, alla necessità. Allora, forse, la nostra unica potenza è quella di sfuggire al fato. L’imperfezione umana ha in sé la possibilità di esplorare luoghi in cui nessun dio e nessuna perfezione possono arrivare.

Spesso si intendono i diritti come una pretesa di libertà assoluta. Questa concezione porta però alla confusione, e così rimaniamo bloccati. La libertà può essere, invece, una strada da percorrere. Ciò richiede delle decisioni radicali. Parlare solo di libertà incondizionata tralasciando i valori e le scelte individuali è limitante e denota il fatto che questa società non porta a costruire un’identità personale. Così non andiamo oltre al mondo ordinario, mentre la nostra umanità è degna di esperienze intrise di profondità.

Concime cap. 3: Il coraggio di saltare nelle pozzanghere

Un nuovo sguardo

L’idea di cambiare lo sguardo è fondamentale. Perché un’esperienza ci tocchi veramente non basta pensarla come se fosse il confezionamento di un prodotto. Questa epoca spinge a emozioni di picco e all’annientamento delle regole. I momenti che non si esauriscono immediatamente portano invece i tratti della profondità e non sempre prevedono atti distruttivi.

Fortunatamente oggi non è più obbligatorio uniformarsi a un determinato sistema di valori. Capita però che le persone non sappiano davvero di cosa si tratti. I valori non dovrebbero essere una gabbia che censura tutto ciò che non vi si conforma.  Al contrario, sono fondamentali e possono accompagnare la scoperta della soggettività e dei desideri di ognuno.

La ricerca e la rivendicazione dei diritti non sono in contraddizione con il percorso di fioritura personale. Il processo della scoperta di sé non interpella solo l’identità del singolo, ma  apporta un contributo a un’entità  che va al di là della persona e prende il nome di bene comune. Identificare nella propria vita una sacralità impersonale che unisce l’umanità cambia il modo con cui si percepisce il mondo.

Non lasciarsi addomesticare

La cultura contemporanea è caratterizzata da una gerarchizzazione dei sensi che privilegia l’audiovisivo. Associamo  al tempo della pandemia di covid-19 la sparizione del gusto e dell’olfatto.  Tuttavia, si parla troppo poco della perdita della tattilità.

Rapportarci al mondo esterno attraverso il tatto è fondamentale. Si prende coscienza dei propri limiti nel momento in cui si toccano quelli dell’altro. È crescendo in una comunità che iniziamo a percepire i confini della nostra persona. Il cambiamento e la fioritura hanno bisogno di essere testimoniati e riconosciuti dagli altri.

È importante attribuire il giusto valore alle regole che servono per una convivenza civile, ricordandoci però di lottare per preservare la nostra umanità. Senza i sensi non siamo più umani. Saltare nelle pozzanghere è un atto rivoluzionario in un momento come questo. Le persone non si vogliono sporcare e si sentono a disagio nei confronti di ciò che le allontana dalla pulizia e dalla perfezione. Possiamo invece decidere di rientrare con tutti i sensi nell’elemento naturale, accettando la sua furia e riconoscendo il nostro lato selvatico.

Le tecnologie ottimizzano le distanze e velocizzano i percorsi. Quando puoi arrivare ovunque con una macchina o i mezzi pubblici, camminare non ha senso. Infatti segnare gli spazi con i propri passi comporta un cambiamento nel modo di relazionarsi con i luoghi.

Camminare non comporta un’utilità. È questa la dimensione della rivoluzione.

Concime torna tra due settimane con un nuovo capitolo

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