Xavier Dolan – l’enfant prodige del cinema contemporaneo

Ruba come un artista è il mantra che Xavier Dolan ha scelto coraggiosamente di seguire sin dal suo esordio alla regia. L’ispirazione deriva dall’omonimo romanzo di Austin Kleon che nasce come declinazione di una citazione del maestro della New Hollywood, Francis Ford Coppola: Rubate, fino a quando saranno gli altri a rubare a voi.

Forse Xavier Dolan, regista e attore canadese, classe 1989, è riuscito nel suo intento. Da ladro seriale di opere preesistenti, non solo ha raggiunto lo status di enfant prodige del cinema contemporaneo, ma è divenuto lui stesso una fonte d’ispirazione per quei neoartisti che si sono avvicinati all’arte cinematografica sin da giovani.

Dopotutto, Dolan aveva solo 21 anni quando ha esordito al cinema con una pellicola che, sin dal titolo, J’ai tué ma mère (ho ucciso mia madre), mostra in maniera dirompente il suo tono risoluto e sfrontato. Il regista canadese ammette indisturbato che il suo film preferito sia Titanic, e il suo idolo Leonardo DiCaprio. Ammette anche di non aver mai frequentato scuole di cinema, e che la sua ispirazione derivi dal furto di opere d’arte firmate da grandi registi, a partire da Wong Kar-Wai, cui sembra essere profondamente debitore.

Dolan si diverte a stuzzicare il mondo dello star system. Le sue provocazioni derivano da una sicurezza (a tratti ai limiti della sfrontatezza), che il regista trasmette dietro la macchina da presa. In soli 9 anni di carriera ha dato vita a una filmografia articolata e complessa nella quale ha proiettato la sua anima e la sua vita. E se il termine enfant prodige sembra calzargli a pennello, la sua forza non si è spenta negli anni successivi all’uscita di J’ai tué ma mère, ma anzi è maturata, evolvendosi in un desiderio sempre più profondo di mostrare la propria interiorità sullo schermo.

Madri e muse

Se J’ai tué ma mère è stato il suo intenso film d’esordio, è Mommy il titolo con cui il regista viene maggiormente ricordato. Definito da molti, a oggi, il capolavoro di Dolan, la pellicola del 2014 mostra un’evidente affinità con la precedente. L’importanza del ruolo della madre appare dirompente sin dal titolo dei due film, proponendo uno dei temi chiave del cinema del regista: il rapporto conflittuale tra madre e figlio.

Mommy review – outrageous and brilliant, a daytime soap from hell | Mommy |  The Guardian
Una scena tratta da Mommy (2014)

La figura materna diventa sia musa che demone nell’immaginario cinematografico di Dolan. Il regista, spesso volto protagonista delle pellicole da lui dirette, dipinge la madre come una forza distruttrice che catalizza la devastazione fisica e mentale del protagonista. Madre e figlio paiono muoversi in due direzioni opposte, per poi arrivare a scontrarsi mortalmente l’un l’altro. Due anime così diverse che sembrano quasi affini: come quelle di Hubert (Dolan) e la madre Chantale (Anne Dorval, musa del regista) il cui odio reciproco nasce da un amore intimo e totalizzante l’uno per l’altro.

“Cosa faresti se morissi oggi?” “Morirei domani”. Parole che mostrano questa devozione travolgente che anima il rapporto tra madre e figlio, travagliato al suo interno, ma cieco di fronte all’amore.

Gli amori immaginari

Rosso è il colore dell’amore, verde quello della gelosia. Il mondo cinematografico nato dall’immaginario di Dolan è ricco di metafore visive che nascono dal desiderio di proiettare sullo schermo i sogni dei suoi protagonisti. I personaggi dipinti dal regista appaiono, a prima vista, semplici, ai limiti del cliché, per poi subire un’evoluzione che li porta a spogliarsi totalmente di fronte allo spettatore. Smettono di celare le proprie fragilità, spesso nascoste sotto un carattere spigoloso e scostante, per rivelare, forse per la prima volta, se stessi.

I suoi personaggi si scontrano, entrano costantemente in conflitto l’uno con l’altro. I figli contro le madri, gli amici contro gli amici. Come accade ai protagonisti dell’onirico Les Amours Imaginaires dove Marie e Francis (Dolan), sulle soavi note di Bang Bang tentano ogni sottile arma di seduzione per vincere il cuore dell’affascinante Nicolas (Niels Schneider, un altro volto conosciuto nel cinema di Dolan).

Les Amours imaginaires - Wikipedia
Niels Schneider in una scena di Les amours imaginaires (2010)

Le scelte cromatiche, le metafore visive, dipingono i sogni a occhi aperti dei protagonisti che, come colpiti da un sortilegio, divinizzano la figura di Nicolas, come se fosse uscita da un mondo onirico. Sogno che si scontrerà con una realtà che non ha mai tentato di nascondersi, ma che loro stessi hanno creato con le loro mani. E se anche verranno deposte le armi, l’unione tra i due amici si rivelerà essere ancora più forte.

Un regista eclettico

Seppur Xavier Dolan abbia improntato il suo cinema su uno stile che si muove tra il dramma e la black comedy, il regista e attore si dimostra estremamente abile nel muoversi tra generi diversi. Se l’introspezione dei personaggi, la ricerca di se stessi e del proprio, vero, Io non abbandonano mai il cinema del regista, Dolan regala pellicole acute e intense, pur uscendo dall’abitudinario seminato.

Ne è un esempio, certamente tra i migliori della sua filmografia, Tom à la ferme (2013), un dramma, quasi teatrale, dalle forti tinte dark. Spogliandosi dal gusto retrò e dalle colonne sonore seducenti e pittoresche, il regista mostra una forte maturazione artistica, muovendosi verso la strada complessa e intensa del thriller psicologico. Dolan crea una storia dove i personaggi sembrano sempre muoversi sul filo del rasoio, pronti a cader preda dei propri demoni interiori.

Tom à la ferme, di Xavier Dolan, recensione
Xavier Dolan in una scena di Tom à la ferme (2013)

Con una filmografia così vasta, è impossibile non compiere qualche passo falso. Come è accaduto con The death & life of John F. Donovan, primo film americano del regista, a partire dalla scelta degli attori. Infatti, seppur abbia trattato un tema a lui caro come la fama e ciò che ne deriva, ha lasciato interdetti critica e pubblico. Ma la possibilità di rialzarsi, per un regista dotato e abile come Dolan, non manca mai. Prenderà sicuramente ispirazione dai protagonisti dei suoi stessi film: persone che combattono e ne escono sconfitte. Ma mai perdenti.

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