Punk is not dead. Non è morto e non si è nemmeno lasciato alle spalle la scia di distruzione che prometteva. La musica del No future, alla fine, ha gettato le basi per un’evoluzione di genere e della società. Gonna Rock IULM Out prova a spiegarvi il perché.
Punk: fermate gli orologi
La più grande fotografia del rock e del punk. La definirono così i giornalisti e i fan. Per me è anche il modo migliore di riassumere lo spirito di quella musica grezza, aggressiva che aveva il potere di fermare il tempo. O di portarlo avanti in maniera distorta.
I Clash di Joe Strummer si stanno esibendo al Palladium di New York e hanno quasi concluso l’esecuzione di White Riot. Paul Simenon afferra il basso per il manico e lo infrange sul palco.
Pennie Smith, l’autrice della foto, racconterà che il colpo sarebbe stato talmente forte che l’orologio del musicista si sarebbe arrestato per sempre alle 21:30. Le 21:30 del 20 settembre 1979. L’ora X del Punk.
La differenza dei Clash
La distruzione della musica è l’apice stesso della distruzione. La rabbia e la cancellazione dello strumento di rivolta. Della musica stessa.
Parrebbe un discorso in continuità rispetto ai manifesti nichilisti e irriverenti che erano le canzoni dei Sex Pistols. Da God Save the Queen a Anarchy in the UK, in quel capolavoro di sfacciataggine insolente che è Never Mind the Bullock’s. Here’s The Sex Pistols.
I Clash riescono però a incasellare lo spirito costitutivo del Punk in una nuova tendenza di rinnovamento, che invoca e pretende il riscatto delle nuove generazioni.
La band di Joes Strummer interpreta e rivede quel movimento giovanile, nato solo da pochi anni prima alla luce della classe operaia londinese.
La rabbia non è mediata dall’ironia, come nei brani dei Ramones. Tuttavia lo sforzo di distruggere, è bilanciato dal progresso verso la ricostruzione.
London Calling come simbolo
Il simbolo di questo duplice movimento è la copertina di London Calling.
Il singolo mostra due ragazzi che ascoltano la musica e ha in primo piano gli album del grande Rock di Sex Pistols, Bob Dylan, Beatles e Rolling Stones.
Inizia così a suggerire che il passato non è tutto meritevole di distruzione. Qualcosa può e deve essere salvato.
L’album però va un passo oltre e traccia la nuova strada del Punk e del Rock.
Torniamo all’immagine di Paul Simenon e del suo basso. La ritroviamo sulla copertina ma, a bilanciarne l’istinto nichilistico, c’è un particolare. La grafica del titolo è un richiamo esplicito al primo album di Elvis Presley. Il re del Rock’n Roll. Il punto di partenza di quella musica moderna che non si arresta e continua a cambiare.