Venezia77, il cinema riparte dal Lido

Un sogno, anzi un azzardo andare alla Mostra del Cinema di Venezia in un settembre così precario, spinoso pur tuttavia promettente. Il dubbio di posticipare la nostra avventura all’anno prossimo è sorta, ma se Venezia decide di aprire i propri cancelli al pubblico di tutto il mondo, significa che lo fa con la consapevolezza di poter dare il meglio – e così è stato.

Tra Sala Grande e Sala Darsena, con qualche toccata e fuga in Sala Perla, abbiamo avuto l’occasione di vedere moltissime pellicole, tra film in concorso, opere prime e masterclass tenute da artisti straordinari. Che dire, dunque, di questa incredibile esperienza? 

Venezia77, il cinema riparte dal Lido
Festival del Cinema di Venezia

Avant-garde

Venezia è tante cose. Tra le varie qualità che le si può attribuire spicca forse il suo essere incredibilmente avanguardistica e, oserei dire, visionaria. Impossibile, perlomeno per gli appassionati del genere, parlare di questa 77esima edizione della Mostra senza menzionare Mandibules.

Quentin Dupieux torna a Venezia dopo Rubber (breve sinossi: un gigantesco pneumatico assassino – sisì, una gomma – con poteri psichici si innamora di una giovane fanciulla), e che ritorno! La tenera mosca Dominique, indiscussa protagonista di questa pellicola, e i suoi astuti benefattori regalano un’ora e mezza di alienante spasso e tante, tante risate. Un po’ quell’umorismo alla Frankenstein Junior, per gli amanti del genere.

Mandibules' Teaser Trailer: A Giant Fly Drinks From A Pool In This Glimpse  of Quentin Dupieux's Weird, Venice Bound Film
La mosca gigante Dominique nella pellicola di Quentin Dupieux

Altrettanto d’avanguardia, seppur per motivazioni ben differenti dalle precedenti, è The Man Who Sold His Skin, capolavoro tunisino nato dalla creatività della regista Kaouther Ben Hania. Già dal titolo si intende che il fulcro del film è un baratto: il proprio corpo in cambio di un’apparente libertà. Un film imperdibile, toccante e incisivo – anche grazie alla magistrale fotografia e all’interpretazione priva di eccessivi fronzoli di Yahya Mahayni.

L’Italia al Lido

 Il festival del cinema di Venezia offre da sempre una rassegna ricca di titoli che giungono al Lido da tutto il mondo. L’internazionalità delle pellicole presentate è stata dopotutto sempre un marchio di fabbrica. Emblema che il direttore Alberto Barbera è con successo riuscito a mantenere anche in questa (atipica) edizione. Il carattere cosmopolita non ha però inciso sulla presenza di quelle firme italiane che da anni lasciano le loro impronte su uno dei red carpet più celebri al mondo. 

Si rivela essere proprio Lacci la prima sorpresa italiana dell’edizione. Daniele Luchetti dirige una favola nera dove i “lacci”(fisici e metaforici) stringono e slegano una famiglia napoletana dove il conflitto tra marito (Luigi Lo Cascio) e moglie (Alba Rohrwacher) non sembra avere mai fine. E quando la fine giunge, la miccia esplode, in un finale immenso e distruttivo.

Lacci - Film (2020) - MYmovies.it
Festival del Cinema di Venezia
I protagonisti di “Lacci” di Daniele Luchetti

Particolarmente atteso era il ritorno al Lido di Emma Dante, già al festival nel 2013 per presentare Una via a Palermo. Approda quest’anno in concorso con Le sorelle Macaluso, tragico ritratto famigliare che vede protagoniste cinque sorelle siciliane, costrette ad affrontare un assurdo e improvviso lutto. Una dramma che si riflette nei volti emaciati e appassiti delle donne, il cui dolore si evolve in un senso di colpa continuo. Questo sfocia poi, inevitabilmente, in una triste follia, in grado di unire ma anche di allontanare. 

La vera scoperta approda al Lido quando il festival sembra giunto ormai agli sgoccioli. Nella sezione “Orizzonti” è il regista e produttore italiano Uberto Pasolini a presentare una pellicola che pare uscita dalla filmografia di Ken Loach.Nowhere Special è un intenso e delicato ritratto di un rapporto tra padre (James Norton) e figlio (il piccolo Daniel Lamont). In una storia che strazia il cuore senza mai cadere nel melodrammatico, Pasolini dipinge una complicità che solo l’amore tra padre e figlio è in grado di creare. Riesce nell’impresa anche grazie a due attori in grado di rendere più realistico possibile questo splendido rapporto. 

Tilda Swinton e i viaggi della sua vita

Leone d’oro alla carriera di quest’anno a Tilda Swinton, nota per la sua estetica androgina e per il suo sguardo tremendamente loquace seppur glaciale. Non solo ha portato tutta la sua eleganza sul red carpet di questa 77esima edizione ma, in’intervista, ha condiviso la sua saggezza con un ristretto numero di eletti – e sì, noi c’eravamo.

Una chiacchierata che, seppur avesse come obiettivo quello di indagare meglio la sua carriera e la sua esperienza cinematografica, ha avuto come fulcro il tema del viaggio: ogni progetto è un percorso, ogni regista un amico e un compagno di viaggio prima che un direttore.

Tilda Swinton alla Masterclass
Tilda Swinton alla Masterclass

Tra i compagni della sua vita, oltre al primo e intramontabile amico, Derek Jarman, Tilda menziona Pedro Almodovár, regista del corto presentato al festival di cui la Swinton è protagonista, The Human Voice. Straordinari i colori, la fotografia e l’idea di fondo, nata dall’emergenza Covid-19 e dalla psicosi provocata dal lockdown. Al corto è mancato forse un plotwist finale, ma il monologo centrale di 20 minuti di Tilda Swinton garantisce la buona riuscita del tutto.

Vanessa Kirby

Il festival di Venezia ha da sempre avuto il merito di “scoprire” attrici dall’immenso talento, per troppi anni passato in sordina.

La coppa Volpi ottenuta nelle edizioni passate da attrici come Olivia Colman o Emma Stone sembrava preannunciare la loro inevitabile vittoria agli Oscar. Infatti sono uscite entrambe vincitrici con due titoli presentati proprio al festival di Venezia.

Sembra la stessa strada che la splendida Vanessa Kirby sta percorrendo in questi ultimi mesi. Classe 1988, indiscutibilmente inglese, si è fatta conoscere come la “pecora nera” della famiglia reale. Ha interpretato, per l’appunto, la ribelle Margaret Windsor in una delle serie più amate e affascinanti di Netflix, The Crown. Dotata di un’innata eleganza e di una “husky voice” che sembra renderla la diretta erede di Lauren Bacall, Vanessa Kirby non passa certamente inosservata.

Vanessa Kirby a Venezia: il fascino dell'austerità - Wondernet Magazine
Vanessa Kirby alla Mostra del Cinema di Venezia

Sbarca al Lido con due pellicole, Pieces of a Woman e The World to come. Quest’ultima racconta di una struggente storia d’amore tra due donne sposate, costrette ad affrontare insieme due matrimoni destinati al fallimento. É l’immensa chimica tra Vanessa Kirby e la co-protagonista Katherine Waterston a sorprendere il pubblico. Si sono aggiudicate, al termine del festival, l’ambito “queer lion award” veneziano.

Ma è proprio in Pieces of a woman che l’attrice regala un’interpretazione potente e indimenticabile. Firmato da Kornél Mundruzcó, Vanessa Kirby veste i panni di una donna che affronta l’imprevista perdita della figlia appena nata. Un viaggio nelle emozioni di Martha, la protagonista, che nella sua glaciale freddezza nasconde un dolore destinato a emergere sempre più forte. Dolore che la porterà a una nuova consapevolezza di sé e delle persone che la circondano. Ruolo che l’ha portata diretta – e qui entriamo in ambito premiazioni – all’ambita Coppa Volpi. Inevitabile dirlo, a star is born.

E il Leone d’Oro?

Ultima proiezione di questo viaggio, e non avremmo potuto desiderare di meglio. La pregna aridità di Frances McDormand fiorisce nelle mani della giovane regista cinese Chloe Zhao che, con Nomadland, si aggiudica il Leone d’oro di questa 77esima edizione del festival.

Nomadland review: 'Overflowing with humanity and tenderness' - BBC Culture
L’attrice Frances McDormand in “Nomadland”

Uno stralcio di vita di una nomade che gira gli Stati Uniti a bordo del suo van si trasforma in qualcosa di simile a un poema individuale pur tuttavia universale. In Nomadland un’anima molto intimista, delicata, incarnata dai momenti di solitudine della protagonista e di stretta convivialità tra nomadi – o meglio, tra amici – convive con una visione straordinariamente realistica e quasi cruda della precarietà della vita e delle sue situazioni.

Chloe Zhao ha una mano delicata, un occhio volutamente spinto all’indiscrezione e la volontà di dar voce a un realtà raramente raccontata: quella di una donna sola che forse ha ancora la voglia e la forza di essere felice. 

Conclusione

Biennale Cinema 2020 | Selezione ufficiale

Un’edizione atipica, ma necessaria. La Mostra del cinema di Venezia ha avuto un doppio merito: il primo, riportare un senso di normalità in un mondo che sembrava diventato irriconoscibile. Il secondo, dare spazio a una delle arti in grado di unire realtà lontane tra loro, il cinema. Sembrava un’utopia, che è però incredibilmente divenuta realtà.

Non importa che mancassero i grandi titoli americani o che il red carpet fosse chiuso al pubblico. Ancora una volta il cinema ha dato forza, speranza, sogno, regalando un’edizione che resterà certamente nella storia. E dimostrando, ancora una volta, che il cinema non solo sopravvive, ma vive.

Elisa Fontana

Vittoria Villa

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