Il viaggio in giro per il mondo della rubrica Oltre i confini della pandemia prosegue. Questa settimana la destinazione da scoprire è la Siria, magico Paese ricco di risorse turistiche e patrimoni archeologici, purtroppo dilaniato dalla guerra civile.
In questa tappa verremo accompagnati dalla professoressa Gioia Zenoni, docente a contratto di Archeologia e comunicazione per il corso di laurea in Turismo.
Gioia Zenoni è specializzata in archeologia delle province romane. Inoltre, si occupa di progetti di comunicazione della ricerca ed è project manager all’interno dello HumanLab del Dipartimento di Studi Umanistici.
Prima dello scoppio della guerra civile: turismo e comunicazione
Da sempre la Siria ha affascinato i viaggiatori, soprattutto dal Settecento, quando i suoi tesori artistici sono stati fatti conoscere all’Europa.
A partire dagli anni Duemila, con un miglioramento dei servizi offerti, il flusso turistico è diventato assai rilevante, costituendo una risorsa importante per l’economia del paese.
Il turismo siriano prima del 2011
In Siria il turismo culturale e quello religioso hanno permesso per molti anni l’incremento di questo settore fino al 2011, grazie alla pacifica convivenza di etnie differenti.
La Siria attraeva turisti di diversa tipologia e provenienza. Le mete più visitate erano Damasco e Aleppo, famose per la presenza di mercati e hotel lussuosi. Le città si sono anche distinte per i numerosi luoghi di culto come le moschee, i monasteri della zona montuosa al confine col Libano e i villaggi delle prime comunità cristiane nel nord-ovest del paese.
Il turismo oggi
Dal 2011 non vi è più turismo internazionale in Siria e il Paese è lacerato al suo interno a causa di giornalieri assalti terroristici.
Le missioni archeologiche straniere sono state sospese per molto tempo e solo in anni recenti è stato possibile l’accesso di professionisti dall’esterno, a supporto delle autorità locali. L’obiettivo è il monitoraggio dei danni al patrimonio e l’avviamento di campagne di restauro dei monumenti.
Alla fine del 2019 la Direzione delle Antichità aveva espresso l’intenzione del governo di promuovere il ripopolamento di alcune aree, il ripristino delle strutture d’accoglienza e il restauro dei monumenti. Quest’ipotesi è però sfumata per la situazione di crisi internazionale legata al Covid-19.
Emergenza Covid-19: la reazione della Siria
La dichiarazione dello stato di pandemia ha portato il paese al collasso.
In un contesto già così disastrato, il problema non è la malattia in sé, ma ciò che essa comporta: decessi per fame, mancanza di cure mediche e ulteriore violenza. Se la pandemia prendesse piede in modo aggravato, gli ospedali che già ora si trovano in difficoltà non sarebbero in grado di garantire le necessarie cure mediche.
Patrimonio storico e archeologico
Sono sei i siti archeologici riconosciuti dall’Unesco come Patrimonio dell’Umanità e inseriti nel 2013 nella lista del Patrimonio a rischio.
Questi luoghi sono Damasco, Aleppo, Bosra, Palmira, Krak dei Cavalieri con Qalaat Salah ad-Din (castelli dell’epoca crociata) e le cosiddette Città Morte nel nord della Siria.
In questi anni la Direzione alle Antichità ha creato una mappa interattiva dei siti danneggiati nel corso della crisi (raggiungibile a questo link: http://www.dgam.gov.sy/index.php?m=315).
La guerra civile, infatti, ha comportato principalmente due tipi di danni. Uno è motivato da interessi economici e l’altro da ragioni ideologiche: gli scavi clandestini con il traffico illecito di manufatti e opere d’arte e la distruzione spettacolarizzata dei monumenti. Quest’ultima pratica è quella che, nel 2015, ha distrutto il sito archeologico di Palmira, documentata con foto e video condivisi sul web.
Le bellezze di Palmira
La città di Palmira, sorta in un’oasi nel deserto siriano, fece fortuna grazie al commercio carovaniero lungo la Via della Seta e conobbe la massima fioritura nel III secolo d.C.
Palmira è testimonianza della pacifica e proficua convivenza di etnie e religioni differenti, condividendo un messaggio di pace e fratellanza contrario a quello terrorista.
La missione archeologica italiana che fino al 2010 ha scavato a Palmira, era diretta dalla professoressa Maria Teresa Grassi dell’Università degli Studi di Milano. Anche l’Università IULM vi ha preso parte, occupandosi di ricerche epigrafiche, con la professoressa Giovanna Rocca.
Con l’offensiva sferrata a Palmira, Maria Teresa Grassi si era resa promotrice della diffusione del suo patrimonio, diventando portavoce dei messaggi di pace e tolleranza.
Il progetto “The Million Image Database”
Fra tante iniziative si segnala The Million Image Database, che potrebbe essere paragonata a una sorta di Google Earth del patrimonio materiale. Tali immagini servono a mappare il patrimonio, mostrarne lo stato di conservazione, permettere la creazione di modelli 3D e progetti di restauro digitale.
Il progetto mira alla costruzione di un database online accessibile a tutti, dove si possono caricare immagini dei monumenti a rischio, danneggiati o distrutti nel territorio compreso fra la Tunisia e l’Afghanistan, la Turchia e lo Yemen, cui si aggiunge il Nepal.
Un futuro incerto
La professoressa Gioia Zenoni, parlando della situazione che dovrà affrontare questo paese, ha risposto:
“A dover essere ricostruito moralmente, al termine di una conflittualità di cui tutt’oggi si stenta a vedere una risoluzione in tempi brevi, sarà l’intero paese con la sua popolazione e l’aiuto del turismo sarà importante.”
La distruzione dei monumenti ha comportato una grave perdita per i Siriani e tutta l’umanità, ma non intacca il potenziale turistico della Siria.
Abbiamo oggi diversi strumenti a disposizione per valorizzare e rendere attrattivo ciò che è sopravvissuto e ciò che non esiste più. Basta adottare le giuste strategie di fruizione e di comunicazione.