Greta Gerwig nasce a Sacramento, in California, nel 1983. Con la madre, infermiera, ha rapporti conflittuali. Il suo unico desiderio è trasferirsi a New York, e iniziare una nuova vita fuori dalla piccola provincia americana.
Se quella di Greta Gerwig, regista, attrice e sceneggiatrice, è una storia già sentita è perché ci sarà capitato di vederla al cinema. É infatti in Lady Bird, opera prima come regista, che Greta Gerwig attinge a piene mani nel suo passato. Lo fa ponendo il suo sguardo sia di fronte, sia dietro la macchina da presa.
É proprio questo il marchio di fabbrica della regista: la capacità di dipingere con estrema sensibilità ed eleganza personaggi realistici e imperfetti, quasi come se Greta li conoscesse in prima persona. Il suo è un cinema della coralità, dove ogni singolo individuo condensa uno spettro di emozioni che lo caratterizzano nella sua totalità, rendendolo ben lontano da un mero cliché fortemente stereotipato. Dalla penna di Greta Gerwig nascono e, come vedremo, rinascono ritratti generazionali nei quali sembra impossibile non rispecchiarsi. Ed è forse questa la chiave del suo successo.
Un passato da attrice
L’arte nel costruire personaggi così articolati e complessi si traduce, nella messa in scena, in una grande abilità nel dirigere gli attori. Greta Gerwig, dopotutto, inizia la sua carriera come attrice. Tra i titoli più importanti nella quale la si ricorda, compare sempre il nome di Noah Baumbach, regista indipendente e, a oggi, anche compagno di vita della regista. Frances Ha, Mistress America, titoli che già sintetizzano il chiaro desiderio della Gerwig di mettere se stessa e la proprio vita nel cinema.
Se prima, come attrice, era lei stessa a porsi davanti all’obiettivo, nelle pellicole come regista decide invece di utilizzare un alter ego che la rappresenti sullo schermo. Le viene dunque in aiuto Saoirse Ronan, protagonista di entrambi i film che l’hanno portato al successo di critica e pubblico. In Lady Bird prende le sembianze della giovane e ribelle Christine McPherson. Dietro a un carattere spigoloso e ai capelli rossi nasconde una sensibilità artistica che sente non appartenere a una città di provincia come Sacramento. Sogna il caos e la vitalità che regna solo in una città come New York. Ed entra continuamente in conflitto con la madre, che lei sente così distante e altera, ma che in realtà altro non è che la sua stessa impronta.
Con Lady Bird, la regista regala un ritratto adolescenziale sentito e personale, nel quale, però, non risulta difficile sentirsi rappresentati. É certamente un coming of age movie fuori dall’ordinario, schietto e diretto come la sua protagonista. Questa è forse la ragione che l’ha portato all’immediato successo, ottenendo ben presto nomination a Golden Globe e Oscar. diviene dunque universalmente riconosciuta l’abilità come regista e soprattutto, come sceneggiatrice di Greta Gerwig.
Piccole Donne
Nuovo progetto, nuovo alter ego. Dopo il successo di Lady Bird, Greta Gerwig tenta una strada ben più tortuosa della precedente. Decide, infatti, di adattare uno dei romanzi della letteratura femminista ottocentesca, già rielaborato in passato con esiti più che celebri e positivi. Realizza quindi Piccole Donne, della scrittrice Louisa May Alcott, un romanzo che per molti, al cinema, non aveva più nulla da raccontare. Ma Greta Gerwig dona nuovo spirito all’opera, trasformandola in una pellicola moderna e quantomai contemporanea.
Il film inizia nel suo stesso svolgimento. Greta Gerwig decide di sconvolgere l’ordine cronologico delle vicende, muovendosi abilmente tra passato e presente. La fotografia decreta questo passaggio: l’infanzia è dipinta con colori brillanti e vivaci, mentre il presente è spento e cupo. La storia corale delle quattro sorelle March (Jo, Meg, Amy e Beth), viene dipinta come un caos vivace che la loro unione è in grado di generare. Sarà invece l’inevitabile separazione a sancire il termine dell’infanzia e porterà con sé silenzio e solitudine.
Il cuore della storia è Jo March, interpretata ancora una volta dalla splendida Saoirse Ronan. É evidente quanto Greta Gerwig sia profondamente legata a questo personaggio e quanto si rispecchi nel suo essere così indipendente e sicura delle sua capacità come scrittrice. Jo dovrà però scontrarsi con una società bigotta e patriarcale, dove i limiti e le restrizioni che le vengono imposte influenzeranno inevitabilmente la sua scrittura. Lotta costantemente contro una società che vede le donne come graziose decorazioni, in grado di realizzarsi solo attraverso il matrimonio. Jo si sente distante da questa visione della vita, e rifiuta di adattarsi, per poi rendersi conto che il rischio sia di lottare contro la sua stessa felicità.
Immagini come ispirazione
Di fronte a una pellicola di Greta Gerwig ci si sente inevitabilmente ispirati. Nel suo lavoro, sia come regista che come sceneggiatrice, vi è il profondo desiderio di arrivare al cuore e alla mente di coloro che si trovano davanti allo schermo. Con movimenti di macchina fluenti ed eleganti inquadrature, tratteggia i personaggi sulla scena con estrema delicatezza, sfruttando anche la dimensione cromatica per meglio caratterizzarli. Lascia inoltre molto spazio agli attori, che creano insieme a Greta i personaggi da mettere in scena, sfruttando anche l’improvvisazione.
Negli anni, troppo spesso, la voce delle donne, anche nel cinema fintamente “illuminato” è rimasta nascosta, eclissata sotto un mondo in cui gli uomini hanno spesso prevalso. Greta Gerwig, (solo) quinta donna candidata agli Oscar come miglior regista in tutta la storia dei premi, cerca di rompere, anche involontariamente, questa evidente disuguaglianza, mostrando come una regista non abbia solo le carte in regola per creare opere di immenso livello, ma sia anzi in grado di sbaragliare la concorrenza. Il suo è uno dei tanti nomi che merita più spazio, ma che pone le basi per un cinema diverso, emancipato, giunto forse troppo tardi, ma che tutti noi stavamo trepidamente aspettando.