In tanti sostengono che l’horror sia ormai un genere a un passo dalla morte.
É paradossale pensare quante pellicole all’anno si improntino su questo genere, ma come la maggior parte si dimostri l’ennesimo prodotto commerciale. Visto e rivisto. Proprio nel genere in cui si può spingere di più e osare davvero, si resta sempre un passo indietro.
In questo panorama apocalittico si ergono, però, registi che sono pronti a dare nuova linfa a un genere che per troppo tempo è stato sottovalutato da critica e pubblico. Uno di questi, forse tra i più interessanti di questa nuova generazione di cineasti, è senza dubbio Ari Aster.
Cinema come catarsi
“Ho cercato di evitare di realizzare film horror per moltissimo tempo” ammette in più interviste lo stesso Aster. Forse la forza del suo cinema sta proprio in questo concetto: realizzare film il cui scopo principale non sia spaventare il pubblico riproponendo le stesse formule adottate in passato. Il regista punta maggiormente sulla paura psicologica, che si insinua nella mente e nello sguardo. Questo sentimento non abbandona lo spettatore all’uscita dalla sala, ma al contrario lo perseguita per giorni e giorni.
Per lui, infatti, realizzare un film è come affrontare una seduta psichiatrica. Dialoga con se stesso, con le proprie fobie e i traumi del passato, rendendoli immagini vive e disturbanti. In Hereditary, suo primo successo di critica e pubblico, una famiglia è costretta ad affrontare un lutto che, nell’intimo, andrà a sgretolarla completamene. Si tratta di una storia dove il sovrannaturale si impossessa della vita di una famiglia americana, ma dove i fantasmi che più spaventano sono nascosti. Si celano al di sotto di una superficie apparentemente normale, ma distrutta, in realtà, al suo interno.
La grande casa familiare diventa una gabbia che cattura i personaggi. É claustrofobica e silenziosa, proietta sulla famiglia un senso di disagio psicologico e fisico continuo. Cercano di celarlo in tutti i modi, ma non potrà che culminare nel finale. Un finale che dimostra l’immensa capacità di Aster di sorprendere continuamente lo spettatore, regalando un (happy?) ending che sorprende e sconcerta, chiudendo, però, quel ciclo che il regista ha montato sapientemente per tutto il corso del film.
Il culto pagano
Il tema del lutto accompagna anche l’ultima “fatica” di Ari Aster, Midsommar, pur restando questa volta sullo sfondo. La chiave del film è una festività, celebrata nel mezzo dell’estate, che trasporta i protagonisti americani all’interno di un villaggio svedese. Questa volta Aster si prende il suo tempo, creando un film lungo (il director’s cut dura più di tre ore) e denso, dove si sente continuamente il peso di una minaccia incombente.
Il film è allucinogeno e sconvolgente, ma mai sopra le righe. Aster si dimostra ancora una volta abilissimo a sfruttare virtuosismi visivi mai fine a se stessi, ma che al contrario trasportano all’interno di un mondo culturalmente incomprensibile. Il senso di claustrofobia ritorna, ma questa volta in ambienti aperti e naturali, dove la luce accecante e insistente fa da padrona. É certamente uno dei film horror più luminosi mai realizzati.
Film come puzzle
Il cinema di Ari Aster non è semplice da comprendere. Ogni immagine, ogni scena contiene in sé un enigma da decifrare. Sono infiniti i simboli che inserisce nelle sue pellicole, in particolare in Midsommar, dove rimanda alla cultura svedese. Se in parte accompagna lo spettatore nella decodifica, non dona una chiave di lettura universale, lasciando molti elementi celati e scomposti. Sarà poi chi guarda a ricomporre il puzzle a proprio piacimento, adottando anche una visione personale.
La bellezza del cinema di Ari Aster è dunque la sua capacità di turbare continuamente chi sta al di là dello schermo, creando delle vere e proprie esperienze visive. Riesce a indagare all’interno del genere horror, realizzando che ciò che più terrorizza è ciò che resta ignoto. Aster scava proprio nella profondità di questo ignoto.
Non ci resta che attendere con impazienza quale nuovo enigma Ari Aster avrà in serbo per noi.