“Almost heaven, West Virginia…” cantava John Denver ad inizio anni ’70, nel suo singolo Take me home, country roads, diventato un cult della musica country. Canzone questa utilizzata spesso, di recente, in molti film di produzione hollywoodiana tra cui, l’ultimo in ordine di tempo, Dark Waters di Todd Haynes.
Ebbene, in questo nuovo lavoro del regista statunitense il West Virginia è assoluto protagonista. Pur essendo molto lontano da ciò a cui si riferiva Denver nel suo brano.
La storia che Haynes ci racconta è tratta da fatti di cronaca che hanno sconvolto, nell’ultimo ventennio, la comunità del Midwest statunitense. Ad esserne protagonista è stato il colosso chimico DuPont, accusato di aver utilizzato i corsi d’acqua di una vasta zona del West Virginia per smaltire il proprio acido perfluoroottanoico. Questa pratica ha avuto conseguenze gravissime per l’ambiente e in generale ogni essere vivente, compreso l’uomo.
L’altro protagonista della vicenda è l’avvocato ambientalista Robert Bilott, interpretato in maniera sottile quanto efficace da Mark Ruffalo. Non un personaggio chiunque Bilott: dopo aver difeso per anni le grandi corporation, un giorno viene avvicinato da un contadino del West Virginia. Questi, faticando all’inizio, proverà a convincere l’avvocato della gravità della situazione.
Dopo le prime esitazioni, col tempo l’avvocato comprenderà, vedendo i fatti con i propri occhi, la pericolosità delle sostanze che i cittadini del West Virginia si ritrovano nella propria acqua. Non può però immaginare che la battaglia legale per fermare il colosso chimico occuperà quasi venti anni della sua vita. Diventerà infatti il peggior incubo dell’azienda, come scritto in un articolo del New York Times da cui il film prende ispirazione.
Todd Haynes ci porta in questo dramma dimostrando ancora una volta la sua grande ecletticità, da regista che si è mosso in più generi. La sua è una regia acuta nello scovare con le inquadrature l’angoscia e la fatica sul volto dei personaggi e nelle ambientazioni, le quali si percepiscono facilmente nelle situazioni che va a ricreare. Una fotografia grigia e cupa aiuta nel portare l’effetto di realismo al massimo livello che un film del genere possa richiedere.
Dark Waters racconta una storia in cui si vede ancora una volta la doppia faccia dell’America. Ricchi imprenditori che preferiscono guardare ai propri affari piuttosto che pensare alle conseguenze delle proprie azioni da una parte. Dall’altra i contadini, e in generale persone della working class statunitense, che si ritrovano a dover subire sulla propria pelle ingiustizie gravissime. Lottando affinché i propri diritti e interessi non vengano calpestati.
Il piccolo, grande eroe di turno interpretato da Mark Ruffalo è l’ennesimo esempio di personaggio diffusosi molto come tipo all’interno della cinematografia statunitense recente. L’attore entra nei panni di un uomo che raccoglie l’onere di prendersi tutti sulle spalle e parlare a nome delle vittime. Ci mette la propria faccia e vita di mezzo, non senza difficoltà e rimpianti, ma rendendosi portatore di una verità assoluta e provvidenziale.
Sicuramente si tratta di un progetto scelto non a caso da Haynes e Ruffalo, in un periodo in cui la cura per l’ambiente acquista sempre più importanza. E in cui, soprattutto negli Stati Uniti, ci si prepara ad un anno di fuoco.
Adesso al cinema.