Cosa sta succedendo in Cile?
Continuano le proteste in Cile.
Nella capitale, Santiago, è dai primi di ottobre che gli studenti si rifiutano di pagare i biglietti della metropolitana dopo l’aumento dei prezzi.
Protesta sfociata in scontri con la polizia nazionale e l’occupazione dei terminali della metropolitana, in alcuni casi danneggiati in modo da permettere l’ingresso senza biglietto.
Il presidente Sebastian Piñera ha annunciato lo stato di emergenza e ha autorizzato l’uso delle forze militari al fine di disperdere i protestanti.
Ci sono stati dozzine di arresti e, durante il processo, è stata invocata la Ley de Seguridad del Estado (“Legge sulla sicurezza dello Stato”) che criminalizza le azioni contro la sovranità nazionale e contro la sicurezza esterna (legge che consente tralaltro alle corti di accelerare il procedimento e l’emissione di una sentenza). Il 19 ottobre, per la prima volta dalla caduta del regime di Pinochet nel 1987, è stato annunciato lo stato di emergenza con coprifuoco e limitazione delle libertà individuali.
Il mistero attorno El Mimo
Daniela Carrasco, 36 anni, è una delle manifestanti più attive, simbolo della ribellione: la donna, infatti, gira per strada vestita da mimo, da qui il suo soprannome, forse per mostrare l’insofferenza dei cittadini, poco considerati e senza alcuna voce in capitolo.
Il 20 ottobre, il suo corpo viene trovato impiccato alla recinzione di un parco nella zona sud di Santiago e da subito nasce il dubbio: si tratta di suicidio o è stata uccisa? E se fosse stata uccisa, chi ha commesso il delitto?
I manifestanti affermano di averla vista mentre veniva sequestrata dalla polizia il 19 ottobre e le associazioni femministe rincarano la dose. L’autopsia statale nega l’ipotesi di omicidio, ma i dubbi rimangono tanti.
La notizia viene taciuta al resto del mondo per quasi un mese, fino a che, grazie ai social, non acquisisce importanza a livello globale. Da subito i toni si scaldano: si parla di stupro e tortura da parte della polizia e tutti hanno qualcosa da dire. La ragazza diventa una martire e ormai si dà per scontato che quella testimoniata dai social rappresenti la realtà.
Ma è andata veramente così?
Le avvocatesse dell’associazione Aboferma -da sempre interessata alla violenza di genere- rappresentano pro bono la famiglia della vittima e sembrano negare l’ipotesi di omicidio. Tra l’altro è stato reso noto che la sera del 19 ottobre El Mimo si trovasse a casa con la sua famiglia.
“L’inchiesta sulle circostanze della sua morte è ancora in corso e le analisi di cui finora siamo in possesso indicano che avrebbe lasciato una lettera nella quale spiega i motivi di un eventuale suicidio e che non si sono riscontrati segni evidenti di tortura o di aggressione sessuale” (dichiarazione stampa dell’associazione Aboferma)
La stessa famiglia di Daniela ritiene più plausibile l’ipotesi fornita dalla associazione.
Per un mese in Cile le voci parlavano di un assassinio, senza che vi fossero prove o conferme dell’accaduto. Il mondo intero ha lanciato accuse e pochi giorni fa, durante la giornata mondiale contro la violenza sulle donne, in migliaia sono scesi in piazza vestiti da El Mimo.
La diffusione di notizie false apre ancora una volta una vicenda legata all’uso dei social e ad una informazione (media tradizionali) arrivata troppo tardi per interpretare e far luce sull’accaduto.
Daniela Carrasco è la protagonista della protesta cilena ma inesorabilmente la vittima di un’altra battaglia ben più grande: quella riguardante il disordine mentale.