La vicenda Segre, una sconfitta culturale e politica per il nostro paese

A galla n. 3

Quando si parla di Liliana Segre non si può non considerare il vissuto di una donna sopravvissuta alla detenzione nazista.

A una condizione disumana che nell’immaginario collettivo porta il nome di Auschwitz: un cancello, una scritta, la soppressione di ogni libertà individuale e collettiva, un campo di concentramento.

Se oggi siamo in grado di mostrarci intolleranti (o per lo meno dovremmo) nei confronti di qualsiasi forma di discriminazione, lo dobbiamo al sacrificio di quelle persone che hanno attraversato una pagina indelebile della nostra storia. Un capitolo che da italiani abbiamo contribuito a scrivere, con l’introduzione delle leggi razziali nel 1938, e che adesso vorremmo circuire, delimitare a un ‘periodo’ buio, una macchia da cancellare.

Sappiamo che il fascismo rappresenta un esperienza politica conclusa all’interno del nostro paese. Ciò a cui però assistiamo da un paio d’anni è il ritorno di sentimenti razzisti, xenofobi, antisemiti, che molto hanno a che fare con l’insorgenza di movimenti e partiti di estrema-destra, cosiddetti neofascisti. In Italia, così come nel resto d’Europa, queste nuove formazioni rafforzano la loro presenza sul territorio, raccolgono consenso tra gli indecisi, cittadini di periferia, di serie B, persone deluse dai partiti tradizionali e dalla politica e per questo in balia di un populismo di stampo sovranista e anti-europeista.

Una commissione contro l’odio

Liliana Segre: “Stupita dal voto. Non ci si può astenere dalla lotta al razzismo”

Ci chiediamo da anni quali siano le modalità di risposta a questi sentimenti. Se esiste un argine al neofascismo, agli insulti via social, all’odio razziale, e se la buona politica possa trovare il modo di costruire un fronte comune contro la discriminazione.

Un’occasione mancata è stata quella dello scorso 30 ottobre, quando il senato non ha votato unanimemente la proposta presentata dalla senatrice a vita Liliana Segre di istituire una Commissione contro l’odio, il razzismo e qualsiasi forma di discriminazione. Dopo l’approvazione, un lungo applauso ha accompagnato in segno di riconoscimento Liliana Segre. Un atto doveroso anche se in aula non è passato inosservato il silenzio dei senatori di centro-destra che si sono astenuti dalla votazione, rimanendo seduti senza applaudire.

Liliana Segre intervitata da Massimo Gramellini. Le parole della settimana (RAI)h

Ne è scaturito poi uno scambio sui media tra Giorgia Meloni e la senatrice a vita, che dal Corriere della Sera ha risposto con una pagina del suo diario dal lager per dimostrare quanto quello di famiglia che di patria (priorità rivendicate dalla leader di FdI) siano concetti universali, imprescindibili dalla lotta all’odio e alla discriminazione.

Anche il figlio primogenito ha pubblicato una lettera sul Corriere dal titolo: “Perchè non vi meritate mia madre, Liliana Segre”

Matteo Salvini ha difeso il no alla commissione aprendo, tuttavia, nei giorni scorsi, a un incontro con la stessa senatrice, apparsa disponibile al dialogo. In molti hanno parlato di bavaglio definendo tale misura illiberale, un operazione di censura dettata dalla sinistra che va contro la libera espressione. Si smarca via tweet dalla decisione del suo partito la deputata Mara Carfagna.

Forza Italia ha perso forse un’occasione importante, quella di rivendicare la propria autonomia politica dimostrando di essere diversa dagli alleati.

Mara Carfagna, Vicepresidente della Camera dei Deputati. Forza Italia

Più di 200 insulti giornalieri e minacce. Assegnata una scorta alla senatrice a vita

Dopo aver tenuto una masterclass dal titolo Contro l’indifferenza, Liliana Segre è tornata nel nostro ateneo lo scorso 28 ottobre, due giorni prima del voto al senato. Al centro della sua riflessione i discorsi d’odio (hate speech) che circolano sui social media e sul web per cui la senatrice ha ammesso di ricevere oltre 200 insulti e minacce giornaliere online.

Dal binario 21 ad Auschwitz, Liliana Segre ospite in IULM

In seguito al voto in senato, e dopo il dibattito di queste settimane, martedì scorso uno striscione di Forza Nuova è apparso a Milano in via Fezzan, fuori dal teatro in cui la Segre ha tenuto un discorso a 500 studenti sulla memoria della Shoah. «Sala ordina, l’Antifa agisce, il popolo subisce» – recitava la scritta – che prende di mira anche il primo cittadino.

Notizia delle ultime ore è che la prefettura di Milano ha assegnato una scorta alla senatrice. Un’auto e due forze dell’ordine la accompagneranno durante gli spostamenti pubblici. La misura di tutela, è dovuta al clima di tensione e alle continue minacce ricevute via social nei confronti della senatrice.

Una scelta, quella della prefettura, che non può lasciarci indifferenti. Una sconfitta culturale e politica, una vergogna per un paese democratico sempre più incattivito.

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