La riscrittura, in forma di melologo, di uno dei racconti più atroci di sempre. Con l’interprete Ottavia Piccolo e il Maestro Nicola Casagrande abbiamo parlato dell’importanza dell’arte, del teatro, del concerto e di violenza sulle donne.
Il 16 ottobre ha avuto luogo in Auditorium IULM la chiusura del Progetto del Dipartimento di Studi Umanistici “InterArtes” .
L’intento del progetto InterArtes era, spiega la Prof.ssa Laura Brignoli, quello di aprire una finestra sulla cultura contemporanea. Coniugare ricerca universitaria e arte.
Ed è proprio da ricercare nel contatto stretto con il mondo dell’arte la particolarità di InterArtes. Esso ha infatti stimolato la produzione artistica che si è espresso in un volume di racconti, Quando Lucia sposò il Barone Rampante (Siké, 2018) e nel melologo Le sette mogli di Barbablù.
Composto dal Maestro Nicola Campogrande, recitato dall’attrice Ottavia Piccolo e interpretato da l’Orchestra Verdi, diretta dal Maestro Patrick Fournillier, il melologo è basato sull’ironica riscrittura, di Anatole France, della assai nota vicenda riguardante Barbablù.
E se il più mostruoso dei carnefici fosse, in realtà, una vittima?
La parola agli interpreti.
L’attrice Ottavia Piccolo:
Barbablù è innocente o è stato calunniato? Anatole France ci dice che forse erano tutte fake news. Usa l’ironia per dirci che in fondo la storia è sempre manovrabile, interpretabile. È questo quello che il divertimento, la musica, la lettura possono fare. La musica, specialmente, aggiunge un’ambiguità incredibile, c’è una sospensione di giudizio che il testo sembra non dare.
La curatrice Laura Brignoli:
É proprio questa la riscrittura d’autore, non è mai didascalica. La riscrittura vera infonde un significato nuovo in un’opera marmorizzata, scolpita nella conoscenza comune.
Il Maestro Nicola Campogrande:
Innanzitutto è un testo sarcastico: Barbablù è assolto per essere accusato. Un allegro gioco contro un problema, quello della violenza sulle donne, grave. La responsabilità dei compositori, penso, sia appunto interrogarsi e interrogare.
Il tema viene posto in maniera più forte ed evidente perché lo si fa con sarcasmo. Dopo un ascolto di questo tipo mi sembrano che possano crollare gli argomenti del tipo “le donne se la son cercata”
Ma davanti all’irrefrenabile rumore del mondo perché un ragazzo dovrebbe chiudersi un una sala da concerto o un teatro?
Perché dovrebbe preferire il teatro al cinema, la musica classica al pop sfrenato?
Risponde Ottavia Piccolo:
Una cosa non esclude l’altra. Non dobbiamo sempre venire a sentire Campogrande e la Piccolo. L’importante è essere curiosi sempre, di tutto, e farsi delle domande. Se la scuola aiutasse sarebbe meglio.
Conclude Nicola Casagrande:
Le sale da concerto hanno più o meno sempre la stessa dimensione. E non le stiamo riducendo perché i giovani non ascoltano musica. Non esiste un problema di assenza di pubblico per la musica classica o per il teatro. Esiste un certa maturazione dal punto di vista della percezione di quanto sia bello entrare in una sala da concerto. Se ci arrivi prima, te la godi di più, se ci arrivi dopo te la godi di meno. È quasi un segreto da non diffondere quanto sia bello entrare in un teatro.