La veritè: il nuovo film di Hirokazu Kore-eda

Questo film ha aperto la 76esima edizione della Mostra del cinema di Venezia. L’opinione si è divisa tra chi, dopo la visione, storceva il naso aspettandosi qualcosa in più e chi invece ha apprezzato il nuovo lavoro di Hirokazu Kore-eda.

Con questo film, esordio in lingua straniera (in questo caso il francese) del regista giapponese, trasporta in Europa il suo focus principale: la famiglia.

Con Un affare di famiglia, uscito nelle sale l’anno scorso, aveva raggiunto l’apice della sua poetica e del riconoscimento. Portava sullo schermo la commuovente storia di una famiglia e della bambina adottata da loro.

Con questo lavoro parigino (svoltosi interamente nella capitale francese), invece, il regista racconta quella che si può definire, sì, una storia di famiglia, ma anche di finzione e realtà che si intersecano, di meta-cinema, di attrici di successo e di attori falliti.

Fabienne e Lumir

La protagonista assoluta è Fabienne, interpretata da una Catherine Deneuve ideale nel ruolo dell’attrice sul viale del tramonto. Quest’ultima riceve la visita della figlia Lumir (interpretata da Juliette Binoche) in compagnia del marito e la figlia. Saranno proprio Fabienne e Lumir a condurre il gioco della storia. In un rapporto madre-figlia che, in occasione di questa rimpatriata familiare, andrà a ripescare fantasmi del passato, ricordi, dolori, parenti che non si vedevano da tempo.

Non è una storia totalmente finzionale, quella raccontata da Hirokazu in questo suo nuovo lavoro. Catherine Deneuve indossa praticamente i panni di sè stessa, anche perchè Fabienne è il suo secondo nome. Parla e si muove come la diva che è, fumando spesso e lamentandosi del tè sempre tiepido. Del resto, dopo una carriera che poche altre attrici possono vantare. Dai suoi racconti poi vengono fuori le rivalità con le altre grandi attrici della storia francese, i ricordi dei ruoli ottenuti o persi per la morta di un regista notoriamente ossessionato dalle sue di attrici. Anche i dolori, per certi versi, potrebbero essere reali. Si accenna a una cara amica di famiglia di nome Sara, anche lei attrice, morta da giovane, e il pensiero non può che andare a Francoise Dorléac, sorella maggiore di Catherine e attrice, morta nel 1967 a soli 25 anni.

Oltre all’autobiografia in uscita, Fabienne sta anche girando un nuovo film, nel quale interpreta il ruolo di una figlia che parla con la propria madre più giovane. Da una parte, si confronta con brave attrici più giovani di lei che le fanno dubitare di sè stessa, ma allo stesso tempo la riavvicina molto a sua figlia. La quale l’accompagna sul set, commuovendosi anche durante alcune scene della madre.

Pian piano, questa vicinanza porterà a galla più verità sul passato dei protagonisti, tant’è che, non a caso, dalle nostre parti il film è stato distribuito con il titolo Le verità, al plurale. Verità che riguardano le due protagoniste ma anche il personaggio del marito di Lumir, interpretato da Ethan Hawke, un attore di scarso successo con problemi di dipendenza da alcool alle spalle.

Perdono

Lui, come tutti gli uomini del film, è una figura per lo più marginale, il che ricalca l’importanza data dal regista alle figure femminili e materne di questo film. Anche se alla fine, proprio come nell’autobiografia, sotto stessa ammissione di Fabienne, non tutte le verità saranno svelate.

Ed è forse il perdono, alla fine, il tema centrale della storia che coinvolge Fabienne, la sua famiglia e gli amici che per una vita le sono stati accanto. Il perdono verso gli altri e sè stessi, passando sopra gli errori che possiamo commettere per debolezze, rancori o invidia. Mettendo al primo posto, piuttosto, il sentimento. Quello, ad esempio, di una madre che assiste alla recita scolastica di sua figlia, nonostante quest’ultima abbia creduto per anni che non fosse riuscita ad esserci. Un continuo gioco tra apparenza e realtà.

Adesso al cinema.

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