Joker: il nuovo film di Todd Phillips

Todd Phillips, autore soprattutto di commedie rivelatesi tra i maggiori successi del genere negli anni duemila, delinea una nuova storia d’origine per il Joker.

La parola “joker“, dall’inglese all’italiano, si potrebbe tradurre con burlone, mattacchione o, in senso più dispregiativo, buffone.
Ma quando si tratta dell’universo fumettistico (e cinematografico) DC Comics, la parola non può che ricordare qualcos’altro.
La faccia tagliata ai lati della bocca, gli occhi stralunati, il look eccentrico e folle sono i tratti caratteristici di uno dei villain più complessi, discussi e trasposti al cinema degli ultimi cinquant’anni.

Un Joker inedito e fragile

Interpretato da un Joaquin Phoenix giunto ormai alla piena maturità artistica, il Joker di Phillips si chiama Arthur Fleck.
E’ un aspirante comico e vorrebbe fare spettacoli nei locali della città in cui vive, oltre a essere invitato al programma del suo idolo, Murray Franklin, interpretato da Robert De Niro.
Ma di ostacoli ce ne sono molti, a partire da Arthur stesso.
Non solo soffre di problemi mentali, ma è un uomo continuamente afflitto, picchiato, deriso e solo. L’unico rapporto umano sembra averlo con l’adorata madre, con la quale vive e che mantiene.


Un personaggio diverso da qualsiasi Joker al quale siamo abituati.
Forse proprio perché il regista ne indaga le origini, ne mostra la fragilità psicologica, fisica (Phoenix ha perso più di venti chili per il ruolo) e la dolcezza. Piace ai bambini, vuole far sorridere gli altri.
Il problema sta in ciò che lo circonda: una città, New York (anzi, Gotham) che è sull’orlo di una crisi generale. Come anticipa già il telegiornale ad inizio film, le strade sono piene di spazzatura, le diseguaglianze di classe sempre più estreme e la rabbia della gente non fa che aumentare.

Un giorno sarai re

Arthur arranca ma non smette di sognare.
E’ un uomo che, volontariamente o no, spiazza.
A causa della sua malattia, ride quando è sottoposto ad una forte dose di stress e ha forti allucinazioni.
Forse non si è mai ripreso da pesanti traumi di un passato scioccante, che torna sempre più a galla e porterà, insieme ad alcune scoperte riguardo la sua famiglia, alla nascita del Joker.


Iron man, l’ormai iconico protagonista dell’universo Marvel, è il risultato di un percorso di redenzione di un miliardario, Tony Stark, che, dopo aver costruito la sua fortuna sul commercio di armi, viene rapito in Afghanistan e, dalla caverna in cui viene tenuto prigioniere, esce uomo nuovo, l’eroe che tutti ricordiamo.
Simile è il caso di Arthur Fleck. Protagonista però di una “rivoluzione” ben diversa, dove chi era considerato un reietto potrà diventare guida. Dove il famoso “vigilante di Gotham” non è ancora, almeno per il momento, un uomo travestito da pipistrello.

Un’opera contemporanea

Phoenix, il quale ha ammesso di non essersi ispirato a nessuna precedente interpretazione del personaggio, porta sullo schermo un protagonista inedito, che fa riflettere.
Ci regala un one-man show di raro fascino, eleganza, impetuosità e anche violenza, ma di una rilevanza che supera la sua aura di finzione e sulla quale si poggia l’intero film.


Todd Phillips, che invece prende spunto da tantissimi prodotti audiovisivi (i riferimenti, ad esempio, a Taxi driver e The King of Comedy sono evidenti), dimostra di sapere giocare con più generi. Non perdendo l’identità del cinecomic (un certo Thomas Wayne si candida a sindaco), facendo ricredere i più scettici e ampliando il discorso di Joker, finora individualista, alla società, all’America che lo circonda.
Perché, pur essendo ambientato nel 1981, il film mostra più di qualcosa facilmente ricollegabile all’attualità.

Presentato alla Mostra del cinema di Venezia da un mese trascorsa, adesso al cinema.

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