Burning: il nuovo film di Lee Chang-dong

Non molti film, al giorno d’oggi, lasciano allo spettatore lo spazio e la possibilità di immaginare, permettendo che i fatti mostratogli restino fino alla fine avvolti in un’aura di mistero.

Questo, però, è ciò in cui riesce il regista sudcoreano Lee Chang-dong con il suo settimo lungometraggio, Burning, liberamente ispirato da un breve racconto di Haruki Murakami.

L’incontro tra i protagonisti

Il regista lo fa narrando la storia di Lee Jong-su, interpretato da Yoo Ah-in, giovane aspirante scrittore che si mantiene con vari lavori part-time e che, per caso, un giorno incontra per strada Shin Hae-mi, interpretata da Jeon Jong-seo, un’amica d’infanzia che non vedeva da parecchio tempo.

Il tempo che trascorreranno insieme nelle ore seguenti, parlando del loro presente, dei ricordi del passato e delle aspirazioni per il futuro, li riavvicinerà. A tal punto da passare la notte insieme, prima che Hae-mi parta per il Kenya.

Al suo ritorno, in aeroporto, Jong-su la vedrà con un altro ragazzo conosciuto durante il viaggio, Ben, interpretato da Steven Yeun, del quale il regista ci fa sapere il nome e la sua condizione economica, estremamente benestante, a differenza del protagonista. Da qui, dal primo incontro dei tre ragazzi, si evince che non potrà che esserci tensione tra i due maschi, con Jong-su evidentemente deluso dall’essere stato “rimpiazzato”.

Uno dei dubbi più grandi però risiede proprio qui, perchè non è mai esplicitato il tipo di rapporto tra Haemi e Ben. Non lo è neanche cosa faccia Ben nella propria vita, o cosa Jong-su sia per Haemi, se solo un amico o qualcosa di più.

Jeon Jong-seo (Hae-mi) in una scena del film

Lee Chang-dong, attraverso campi lunghi e inquadrature prolungate, poetiche nel loro silenzio e nella loro accuratezza formale, ci porta in questo – presumibile – ménage à trois. Nei continui ribaltamenti tra la città (rappresentata da Ben) e la campagna (da Jong-su), riflette non solo sui sentimenti, ma anche sull’influenza che la differenza tra classi sociali oggi ha sul rapporto tra i giovani.

La sparizione di Haemi a metà film, poi, non porterà che ulteriori incertezze. Infatti non si sa perchè o chi abbia causato la sua scomparsa. Alla fine, il regista preponderà per una soluzione, la quale però non scioglierà comunque totalmente i dubbi creati dall’andamento della storia. C’è forse qualcosa di oscuro, nel passato di Jong-su e Haemi, che ha provocato questo avvicinamento-allontanamento in così poco tempo? Cosa è reale e cosa non lo è nella visione della storia di Jong-su? Qual è il vero ruolo di Ben nella vicenda? Solo allo spettatore resta di ipotizzare una soluzione.

La scena sudcoreana

Quest’ultima opera di Lee è un film fuorviante, con un protagonista per certi versi spaesato, incerto verso il futuro e che si trova totalmente surclassato dalla presenza di Ben, una sorta di suo alter ego, colto e sicuro di sè, davanti al quale sembra sempre più fiacco, snervato ed estenuato. Alla ricerca della verità senza mai esser certo di cosa realmente stia accadendo. Il film ci porta ad ipotizzare e poi smentisce immediatamente, ci coinvolge e sconvolge, e attesta ancora una volta il periodo d’oro del cinema sudcoreano contemporaneo.

La nazione infatti vanta altri registi con film di altissimo valore realizzati negli ultimi anni: dal The Handmaiden di Park Chan-wook, uscito nelle nostre sale poche settimane fa, all’attesissimo Parasite di Bong Joon-ho, vincitore della Palma d’oro all’ultimo Festival di Cannes.

Presentato all’edizione del festival francese dell’anno scorso, il nuovo film di Lee Chang-dong è adesso al cinema.

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