La verità, vi prego, sul neoliberismo. Ascolta Alberto Mingardi, ospite a Zizzania

Il discorso pubblico è pieno di eleganti signori apostrofati come turbo, arci o iper liberisti. Enfatizzare i pregi del libero mercato, o – peggio – i benefici distribuiti ai consumatori dall’operato di aziende di notevole successo, come Amazon o più compassate multinazionali, non è per nulla popolare.


Molto più in linea con lo spirito del tempo è invocare l’intervento dello Stato praticamente su ogni problema. O accusare un non meglio precisato neoliberismo di essere colpevole di tutti i mali del mondo.

Ma cosa c’è di vero, in questa narrazione, diventata comune soprattutto in un paese come l’Italia, che ha mandato in scena la storia del primo governo populista dell’Occidente? Chi scende in piazza contro il libero mercato, a cosa punta contro il dito, effettivamente? E chi abusa di turbo, arci e iper, non lo fa perchè, in fondo, è convinto che un po’ di libertà sia utile, per rendere migliore la vita dei consumatori?

A queste domande ha risposto il prof. Alberto Mingardi, adesso in libreria con La verità, vi prego, sul neoliberismo. Ampio, quanto gradevole saggio, quello edito da Marsilio per il docente di storia delle dottrine politiche dell’Università IULM, è da definire “un’arriga controcorrente”, come definita dal Corriere della Sera e per questo perfetta per parlarne a Zizzania (giù il podcast da ascoltare).

In studio, il prof. Mingardi ha risposto alle domande dei tre conduttori. Per ristabilire “la verità” sul neoliberismo, che da direttore generale dell’Istituto Bruno Leoni presidia anche nel discorso pubblico italiano. In cui seminare Zizzania, su questo tema, non sembra mai essere stato abbastanza dall’Unità ad oggi. Almeno a giudicare dall’andamento della spesa pubblica nel bilancio a cui ogni italiano contribuisce. Anche se non iper, arci o turbo liberista.

Zizzania, puntata del 22 febbraio – Ospite Alberto Mingardi

[Di seguito un estratto testuale dell’intervista al prof. Alberto Mingardi. L’intera puntata di Zizzania è disponibile cliccando sul player sopra]

Prof. Mingardi, al primo giorno in libreria di La verità, vi prego, sul neoliberismo, Ferruccio De Bortoli lo ha salutato sul Corriere della Sera, definendolo come l’opera di un “salmone controcorrente”. Ha scritto una difesa disperata di queste idee, oppure no?

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Forse più esasperata che disperata. Questo libro è, come ha scritto anche De Bortoli “un po’ il tentativo di togliersi qualche sassolino dalla scarpa”. Se aprite i giornali, accendete la tv o la radio, avete l’impressione che l’Italia sia un Paese in cui la spesa pubblica è il 5, 6, l’8 % del Pil e vi chiederete “ma come fanno sti italiani a vivere in Paese in cui c’è così poco Stato”. Beh, tutto si può dire tranne che lo Stato sia troppo leggero, sia assente. Quindi questo saggio nasceva un po’ per mettere in ordine qualche dato di fatto e per riflettere sulla narrazione dominante per la quale il neoliberismo sarebbe qualcosa di incombente, che ha distrutto lo stato sociale dei paesi occidentali.

In queste (stringate, per la verità) quattrocento pagine si confronta senza andare troppo per il sottile con vari intellettuali. Una su tutti l’economista Mariana Mazzucato. Un commento “sintetico” su questa scelta?
Devo dire che chiedermi un “commento sintetico” sulla Mazzucato, viste le circa cento pagine di questo libro che hanno a che fare con lei, è una provocazione quasi ricevibile. Mariana Mazzucato è un intellettuale pubblico di un successo clamoroso. Lei tende a pensare che ci siano alcune attività importanti nella vita di un Paese che devono assomigliare un po’ allo sbarco sulla luna, cui uno deve prendere tutte le risorse di un’economia e subordinarle a quell’obiettivo. Che ci sia lo stato, insomma, dietro ogni innovazione.

E ci lascia intendere che non sia affatto concorde a questa visione.
A me sembra che questa sia una descrizione della realtà che non tiene conto primo del fatto che le società libere sono composte da persone con fini differenti. Il vantaggio del mercato è che riesce a coordinare tante persone che hanno fini, necessità e gusti diversi. La seconda cosa di cui non tiene conto è un banale principio di prudenza. L’innovazione è una cosa importantissima, non c’è dubbio, ma si è determinata fuori dal perimetro dello Stato per buona parte della storia. E il principio di prudenza è che più sono le fonti di finanziamento, più sono le persone che possono dire questo si o questo no e più speranze che a qualche innovazione “utile” si arrivi.

Il suo è un libro che proprio ci voleva: mettere chiarezza su questi temi è il primo passo verso il cambiamento. Viene quasi il dubbio che la narrazione liberista si debba in qualche modo aggiornare, debba trovare un po’ un capitano. Non crede?
Nella faccenda del “capitano”, anche per il vocabolo scelto, gradirei non entrarci. Sicuramente non sono tante le persone che adottano un approccio di questo tipo, soprattutto nel mondo delle idee, sono numeri piccoli, ancora. Lo so bene, avendo un libro in libreria e non aspettandomi che venda esattamente come Harry Potter o anche solo come il libro di Calenda. Però sono numeri che sono molto cresciuti negli ultimi anni. Pensate che quando avevo qualche anno meno di voi conoscevo – e non sto scherzando – tutti i liberisti che c’erano in Italia. Forse adesso c’è anche qualcuno che non lo dice, ma condivide idee favorevoli al libero mercato.

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